Newsletter Fitoterapia nr. 46 – Giugno 2019

Gli Oli essenziali, un potenziale alleato contro l’antibiotico resistenza

Journal of Infectious Diseases & Preventive Medicine (2013) 1.2.

Essential Oils and Future Antibiotics: New Weapons against Emerging ‘Superbugs’?

Nicholas A Boire, Stefan Riedel and Nicole M Parrish.

 

L’impiego degli oli essenziali per scopi medicamentosi risale a tempi antichissimi e, con alternanza di periodi di maggiore o minore uso, si è mantenuto nei secoli tornando di grande attualità negli ultimi anni grazie alle medicine complementari (CAM) e ricorrono nella formulazione di moderni integratori alimentari.

Nella classica “aromaterapia” gli oli essenziali vengono impiegati come tali (cioè nella loro forma liquida più o meno diluita in solventi anche alimentari) e somministrati prevalentemente per via inalatoria, topica od orale; l’uso degli oli essenziali in forma liquida più o meno diluita è attualmente raccomandata e ritenuta sicura per l’uso topico o inalatorio mentre molta cautela deve essere impiegata nella somministrazione di oli essenziali in forma pura o diluita per via orale, per evitare possibili effetti collaterali ad esempio di tipo irritativo.

Di tutt’altra natura risulta invece l’impiego di alcuni oli essenziali in moderni integratori naturali per uso orale nei quali non sono presenti nello loro forma liquida originale ma come “fonte” di sostanze naturali utili alla salute, presenti in alcune piante medicinali, e che si trovano particolarmente concentrate nella forma estrattiva olio essenziale; nei prodotti naturali di stampo farmaceutico infatti gli oli essenziali vengono inseriti attraverso particolari tecniche farmaceutiche (es. spray driyng) sulle diverse matrici che poi costituiranno ad esempio capsule o compresse; queste tecniche farmaceutiche offrono generali vantaggi di omogeneità di distribuzione delle fonti degli attivi nelle varie forme farmaceutiche ed evitano che gli oli essenziali, in forma liquida concentrata, entrino direttamente in contatto con le mucose, in forma e quantità potenzialmente nocive; queste metodiche rendono generalmente questi prodotti contenenti una “fonte” di oli essenziali sicure e ben tollerate anche per via orale.

L’impiego degli oli essenziali come fonte di fitonutrienti nei moderni integratori naturali viene oggi sfruttato per le diverse capacità degli oli essenziali di agire in contrasto a diversi disturbi, tuttavia ne prevale in generale l’uso nelle problematiche gastrointestinali (come antifermentativi, carminativi, procinetici, etc.) oppure in problematiche di natura infettiva nelle quali gli oli essenziali sono noti per gli effetti antivirali e significativamente antibatterici/antifungini come preventivi e coadiuvanti di trattamento, ad esempio nelle infezioni delle vie urinarie e delle vie respiratorie (Tea tree, Ravensara, Uva ursi, etc.).

L’utilità degli oli essenziali come antibatterici naturali sta assumendo in questi ultimi anni un ruolo importante alla luce del crescente problema delle antibiotico resistenze che necessariamente deve passare attraverso la limitazione dell’uso degli antibiotici se non nei casi strettamente necessari; gli oli essenziali possono infatti diventare utili alleati nelle forme di prevenzione o coadiuvando l’uso degli antibiotici potenziandone l’effetto; alla luce delle nuove evidenze alcuni oli essenziali si dimostrano potenzialmente in grado di indurre minimi meccanismi di antibiotico resistenza.

Un ulteriore vantaggio degli oli essenziali è rappresentato da un generale buon corredo di “evidence” e, soprattutto per gli effetti antibatterici, antimicotici ed antivirali, sono disponibili numerosi studi scientifici che ne determinano la potenza stabilendo le M.I.C. per un’ampia varietà di microorganismi. Agli oli essenziali viene riconosciuta un elevata capacità antisettica ed il loro effetto antibatterico risulta di ampio spettro su batteri aerobi ed anaerobi; alcuni oli essenziali, come quello di Tea tree, dimostrano anche potenti effetti antifungini (candida).

L’attualità degli oli essenziali contro l’antibiotico resistenza

In tempi recentissimi (2017-2018) si sono terminate le sperimentazioni cliniche del primo farmaco, messo a punto nel 2014, che sfrutta i potenziali degli oli essenziali nel combattere l’antibiotico resistenza. Il docente di Biologia marocchino, Adnane Remmal, che è stato inserito fra i finalisti dello European Inventor Award 2017, ha sviluppato infatti un farmaco che per combattere le infezioni batteriche, unisce le proprietà medicamentose naturali delle piante con la provata efficacia degli antibiotici. In termini generici il farmaco potrebbe essere ritenuto un “antibiotico rinforzato”.

Il farmaco ottenuto attraverso l’associazione di oli essenziali e farmaci antibiotici, si è dimostrato più efficace di una terapia a base di soli oli essenziali naturali o di soli antibiotici. Protetto da un brevetto ottenuto dallo European Patent Office nel 2014, Remmal ha usato un mix di oli essenziali e antibiotici per sviluppare un farmaco di cui è imminente l’immissione in commercio.

Secondo Benoît Battistelli, presidente dello European Patent Office, «L’invenzione di Remmal potrebbe salvare delle vite umane e offrire una nuova arma nella lotta alla minaccia emergente costituita dai microbi resistenti agli antibiotici», «Utilizzando le proprietà delle piante locali, Remmal ha mostrato che gli antibiotici e gli oli essenziali naturali possono avere un effetto maggiore se combinati insieme. Con il suo lavoro collabora allo sviluppo farmaceutico in Marocco».

L’importanza e l’innovazione delle ricerche di Remmal risiede nel fatto che sapendo che le piante usano gli oli essenziali per combattere i batteri, Remmal ha cercato di capire esattamente come avviene questo processo.

La consapevolezza di Remmal che il poter trattare potenzialmente le infezioni con i soli oli essenziali ne comporterebbe un uso in elevate quantità a dosaggi elevati con il rischio di effetti collaterali, lo ha portato a sfruttare i comunque elevati effetti degli oli essenziali in associazione con i farmaci antibiotici. aprendo pertanto la strada all’impiego anche integrativo di prodotti a base di oli essenziali per limitare l’uso di antibiotici solo in caso di stretta indicazione terapeutica; l’associazione delle sostanze naturali con gli antibiotici dimostra un’efficacia superiore a quella che gli uni e gli altri singolarmente avrebbero avuto.

Il pensiero di Remmal fonda sulla conoscenza che gli antibiotici in generale sfruttano i punti deboli dei batteri distruggendo le pareti delle loro cellule, impedendo loro di riparare il DNA danneggiato o di riprodursi. Remmal paragona i batteri a una porta chiusa a chiave: «Quando la chiave apre la porta il batterio muore; ma se una mutazione cambia anche leggermente la forma della serratura, la chiave non riesce più ad aprire la porta. Ecco che il batterio diviene resistente all’antibiotico». Rafforzando l’antibiotico con gli oli naturali, Remmal non solo apre la serratura ma distrugge completamente la porta.

La chiave speciale combina le proprietà antimicrobiche di alcune piante con gli attuali antibiotici come le penicilline, le cefalosporine e i ceppi di Stafilococco meticillino resistenti (MRSA) usati per le infezioni più difficili da trattare. L’interazione crea complessi molecolari che non sono facilmente riconosciuti dai meccanismi responsabili dell’antibiotico resistenza. Questo crea una terapia efficace per le infezioni e rende molto difficile, e forse impossibile, sviluppare un’effettiva resistenza.

Tra i brevetti europei di Remmal vi sono anche quelli di un fungicida ed una formula per trattare i parassiti, soprattutto il plasmodium falciparum che causa la malaria.

Gli utilizzi del brevetto di Remmal non si fermano al solo uso farmaceutico ma anche come additivo da inserire nell’alimentazione animale che permette di sostituire completamente gli antibiotici; come noto una delle radici dell’antibiotico resistenza negli esseri umani è l’uso eccessivo di antibiotici nell’allevamento degli animali.

Nel 2016 uno studio della Banca Mondiale ha stimato dai 300 milioni al miliardo di dollari (da 283 a 984 milioni di euro) l’impatto dei batteri antibiotico resistenti sulla spesa sanitaria mondiale nel 2050. Sviluppare un nuovo antibiotico sintetico potrebbe costare da mezzo miliardo a un miliardo di dollari e i nuovi farmaci possono portare nuove forme di resistenza, avere effetti secondari imprevisti o manifestare tossicità con il rischio di non ottenere i ritorni sperati dal tempo e dalle risorse investite. Gli antibiotici rafforzati di Remmal usano molecole naturali che sono già state testate e approvate nell’industria farmaceutica. I nuovi farmaci risultano così poco costosi da produrre e possono essere commercializzati a prezzi accessibili. [www.siroe.it/servizi/163 oli essenziali per rafforzare gli antibiotici.html]

L’articolo

L’articolo proposto nella newsletter, firmato da due ricercatori del Maryland, è stato pubblicato nel 2013 su Journal of Infectious Diseases & Preventive Medicine e spiega, in una completa review, i razionali dell’utilità degli oli essenziali nel contrastare il fenomeno dell’antibiotico resistenza.

Cenni storici sull’uso degli oli essenziali

Per migliaia di anni, gli oli essenziali (aromatici) sono stati usati per curare un ampia varietà di malattie tra le quali numerose sono correlate alla presenza batterica come la bronchite, la polmonite, faringite, diarrea, malattia parodontale.

La conoscenza dell’uso tradizionale di gran parte di questi oli è sepolta nell’antichità, ed è stata tramandata oralmente da maestro a studente e la conoscenza dell’origine dei trattamenti specifici si è persa nel corso dei secoli.

Nell’antichità, gli oli medicinali erano ottenuti da piante aromatiche e resine mediante estrazione in altre sostanze grasse (oleose) come l’olio d’oliva ed in generale erano rappresentati da una miscela della componente estrattiva e di quella estraente (spesso lunghe macerazioni). Dopo un periodo di abbandono degli oli essenziali nel medioevo, si deve al periodo rinascimentale ed in particolare al medico e filosofo persiano Avicenna il progresso nelle tecniche della distillazione, grazie all’invenzione della serpentina: un tubicino che permette ai vapori aromatici di raffreddarsi rapidamente passando dallo stato gassoso a liquido. Prima di questa invenzione il vapore veniva raffreddato mediante delle spugne umide, il che faceva perdere una grande quantità di liquido. Questa importante invenzione è alla base delle metodiche che ancora oggi vengono impiegate [67].

I primi usi, tramandati in forma scritta, di oli aromatici, risale al 4500 a.C. nell’antico Egitto. Gli antichi egizi riconoscevano che gli oli potevano essere usati per uso medicamentosi nel trattamento di malattie, di natura infettiva ed infiammatoria. Nell’antico Egitto questi oli erano ritenuti così preziosi, che il re Tutankhamon fu sepolto con circa 350 litri di oli aromatici tra cui quello del legno di cedro, di incenso e di mirra. Gli antichi egizi chiamavano la mirra “le lacrime di Horus” (oppure Horo, nella mitologia egizia, dio del cielo, della luce e della bontà) [3].

La Mirra è uno degli oli aromatici più antichi e conosciuti e nell’antichità abbondano i riferimenti al suo uso. Gli antichi ebrei chiamavano la mirra “olio santo” e la ritenevano più preziosa dell’oro. La mirra è ottenuta dalla resina di un arbusto legnoso del genere Commiphora, che cresce in climi caldi e aridi. Gli antichi Sumeri impiegavano la mirra per il trattamento delle infezioni parassitarie e la malattia parodontale. Il medico greco Dioscoride usò la mirra per le infezioni bronchiali e di altra natura incluse le infezioni della pelle [4]. Nell’antichità la mirra era spesso combinata con l’incenso e l’olio essenziale veniva usato in generale per trattare le malattie infettive e l’infiammazione. Come la mirra, l’incenso appartiene alla famiglia di piante resinose (Burseraceae) che crescono comunemente in regioni aride del Medio Oriente e dell’Africa nord orientale [5,6]. Come noto l’uso di incenso e mirra è menzionato numerose volte in testi antichi, compresi quelli biblici [7].

In generale questi oli, da soli o in combinazione, sono stati ampiamente utilizzati per il trattamento (disinfezione e cicatrizzazione) di ferite, infiammazioni, cistite, malattie reumatiche ed articolari, piaghe della pelle, sanguinamento, infezioni fungine, ustioni, faringite, sifilide e lebbra [8,9].

In altre culture mediche, in tutto il mondo, ma in particolare nelle Americhe, in Australia e nel lontano Oriente, ricorre l’uso di oli aromatici e di altri prodotti di origine vegetale, ed in particolare nelle tradizioni Ayurvedica, Unani e Cinese. La tradizione ayurvedica include anche un ampio uso della canfora (Cinnamomum camphora) e del cardamomo (Elettaria cardamomo). L’uso medicamentoso di questi oli è ancora tutt’oggi diffuso dal nord al sud di America e Australia [4].

In Cina l’uso della medicina erboristica risale al 3000 a.C., ed in particolare all’epoca del mitologico e leggendario sovrano Shen Nong Shi (o Shennong) che insegnò agli umani l’uso delle piante medicinali. Il suo lavoro cumulativo, “Shennong Bencao Jing”, è considerato una dei primi trattati medici in Cina [10].

Intorno al 500 dopo Cristo l’uso degli oli aromatici era ampiamente diffuso in gran parte dell’Asia Minore, e del Mediterraneo, diffondendosi insieme all’impero romano e in seguito negli imperi persiani [11].

Gli oli aromatici più comunemente usati erano quelli derivati dal timo (ritenuto uno dei più potenti come confermato in seguito), dai chiodi di garofano, dal rosmarino, dalla lavanda e dalla cannella.

Oggi, il termine “oli essenziali” è usato per descrivere le miscele oleose, derivate da piante medicinali aromatiche, ottenute con tecniche convenzionali come la distillazione e la separazione cromatografica. Questi oli continuano ad essere utilizzati per il trattamento di malattie infettive e infiammazioni nella medicina tradizionale in tutto il mondo.

Gli oli essenziali possono essere somministrati per via orale, topicamente, o tramite inalazione e, in base anche al loro uso storico, per molti oli essenziali è stata determinata la composizione ottenendo una quantità significativa di dati sulla tossicità non solo per gli oli ma anche per i singoli componenti; sulla base di questi dati gli oli essenziali (se usati correttamente) vengono generalmente considerati sicuri secondo la lista GRAS (Generally Recognized As Safe) dalla FDA.

Secondo quando previsto da GRAS l’uso degli oli essenziali è consentito per aromatizzare alimenti (o essere inseriti negli integratori alimentari) o per il loro uso come additivi in cosmetici, profumi e prodotti per la pulizia. Gli oli essenziali derivano da diverse fonti naturali tra le quali in particolare le piante medicinali, o parti delle stesse, come i fiori, le foglie, corteccia, radici, bacche, semi e/o frutti. Questi oli sono miscele complesse di sostanze chimiche che possono contenere vari alcoli, aldeidi, terpeni, eteri, chetoni, fenoli e ossidi. Molti oli essenziali hanno una solubilità molto limitata in acqua ed una limitata capacità di formare emulsioni con tensioattivi non ionici.

Gli oli essenziali (heteroleum) vengono in generale ritenuti una forma estrattiva molto concentrata e si caratterizzano per una elevata capacità di essere assorbiti e di determinare molto velocemente concentrazioni plasmatiche degli attivi. Vi sono alcuni oli essenziali che, applicati topicamente in pochi minuti, raggiungono le concentrazioni plasmatiche di alcuni chemiotipi, uguali a quelle ottenute attraverso somministrazione per vie endovenosa. Gli oli essenziali vengono ritenuti un capitolo a parte nella fitoterapia e sono stati molto studiati dall’aromaterapia francese che ha creato le basi per la moderna aromaterapia clinica. In Germania la prescrizione di alcune forme di oli essenziali, può essere effettuata solo da medici.

Le prime e più antiche conoscenze sulle proprietà degli oli aromatici nacque dall’osservazione degli effetti che esercitavano quando inalati e successivamente se ne sperimentarono altre vie di somministrazione.

L’aromaterapia nacque in Francia nel secolo scorso, grazie alle sperimentazioni di Gattefossé e di Valnet, autore di un ampio studio sulle proprietà farmacologiche degli oli pubblicato nel 1964. Le capacità terapeutiche degli oli sono numerose, vanno dall’azione antibatterica a quella sedativa, anche per la loro complessa composizione chimica, basti pensare che nel solo olio essenziale di Lavanda sono state individuate più di 160 componenti.

Nel 1928 il chimico francese, Rene Gattefosse, mentre sta lavorando in laboratorio proprio sugli oli essenziali, si ustionò gravemente una la mano e istintivamente la immerse disperatamente nella vasca più vicina contenente olio di lavanda. Gattefosse si stupì di quanto velocemente il dolore si riducesse e di come la formazione di vesciche si fosse ridotta; Gattefosse osservò anche che la guarigione della mano era avvenuta più rapidamente del normale senza formazione di cicatrici. Successivamente Gattefosse studiò i benefici terapeutici degli oli essenziali e coniò la parola “Aromatherapie” (Aromaterapia) e pubblicò il primo trattato sull’aromaterapia nel 1937; secondo la definizione di Gattefosse quindi l’aromaterapia è definita come l’uso di oli essenziali per scopi terapeutici.

L’aromaterapia è stata accettata come parte integrante nell’assistenza infermieristica nel regno unito e le infermiere britanniche sono sostenute dal Royal College of Nurses nell’utilizzo di oli essenziali sia per uso topico che per inalazione per migliorare le cure del paziente.

L’olio essenziale di lavanda grazie ai suoi miti poteri sedativi viene utilizzato in sostituzione ai farmaci per il trattamento di insonnia, ansia e depressione in pazienti anziani e nei malati terminali.

A New York negli ospedali l’olio essenziale di vaniglia viene fatto inalare al paziente per favorirne il rilassamento prima di una risonanza magnetica [66].

Il Dott. Jean Valnet (1920 – 1995), padre della “Fitoaromaterapia Moderna”, medico e chirurgo militare, nel 1948 ha ridefinito in modo più specifico e scientifico i trattamenti naturali, determinando scientificamente il potere curativo degli oli essenziali che utilizzò correntemente durante la seconda guerra mondiale come antibiotici. Gli oli essenziali sono stati generalmente utilizzati come sostanze “antibiotiche” nelle malattie infettive respiratorie, nelle infezioni delle vie urinarie, nelle infezioni dermatologiche e come potenti antifungini (candidosi).

3. http://ttngmai.files.wordpress.com/2012/09/handbookofessentionaloil.pdf
4. Gurib Fakim A (2006) Medicinal Plants: Traditions of Yesterday and Drugs of Tomorrow. Mol Aspects Med 27: 1 93.
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7. Tucker AO (1986) Frankincense and Myrrh. Econ Bot 40: 425 433.
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9. Nomicos EY (2007) Myrrh: medical marvel or myth of the Magi? Holist Nurs Pract 21: 308 323.
10. http://tcm.chinese.cn/en/article/2009 08/24/content_10979.htm
11. Worwood VA (1991) The Complete Book of Essential Oils and Aromatherapy: Over 600 Natural, Non Toxic and Fragrant Recipes to Create Health Beauty a Safe Home Environment (1stedn) New World Library.
66. Garg, S. C. “Essential oils as therapeutics.” (2005).
67. www.consigli dei sensi.it/storia oli essenziali/

Qualche caratteristica degli oli essenziali

Gli oli essenziali sono miscele di sostanze fitochimiche (etheroleum secondo F.U.) che vengono estratte quasi esclusivamente da parti diverse delle piante, fiori, foglie, legno, resina e rami.

E’ opportuno precisare che il termine “olio essenziale” principalmente identifica queste miscele di sostanze (cioè gli oli essenziali) che sono comunemente presenti in natura in più parti di diverse piante (es finocchio, zenzero, curcuma, etc) con diverse funzioni; per estensione il termine “olio essenziale” è stato poi impiegato per definire il prodotto finito e concentrato di queste sostanze ottenuto attraverso la forma estrattiva (Etheroleum secondo F.U.).

Gli oli essenziali, nonostante il loro nome, non sono grassi e possono avere una consistenza da molto liquida a densa (sandalo); gli oli essenziali puri versati su materiali assorbenti (es. carta) evaporano e non lasciano residui untuosi come invece avviene per altri oli; all’aria la maggior parte degli oli essenziali evapora completamente confermandone la prevalente composizione aromatica volatile.

Quasi tutti gli oli essenziali esercitano effetti antisettici ed antibatterici anche solo per contatto (lavanda, camomilla); questi effetti in alcuni casi sono superiori a quelli del fenolo (disinfettante di sintesi).

La struttura molecolare degli oli essenziali (idrofoba) ne consente un rapido assorbimento attraverso la pelle e le mucose; alcuni oli essenziali, applicati per via topica, in pochi minuti raggiungono le concentrazioni plasmatiche di alcuni attivi uguali a quelle ottenute attraverso somministrazione per vie endovenosa; gli oli essenziali entrano nel circolo ematico rapidamente e altrettanto rapidamente ne sono eliminati (4-6 ore dopo l’assorbimento).

La temperatura influenza in parte la conservazione di alcune qualità di oli essenziali modificandone l’aspetto come nel caso dell’aria fredda che tende intorbidire gli oli essenziali degli agrumi e far solidificare completamente l’olio di Rosa di Damasco.

Anche se i costituenti principali sono gli stessi le proprietà degli oli possono differire per vari motivi; le caratteristiche degli oli essenziali quindi possono variare a secondo della stagione e della regione dove sono raccolte anche piante della stessa specie; un esempio tipico è quello dell’olio essenziale ottenuto dalla pianta della Canfora (Cinnamomum camphora (l.) J. Presl) che se proveniente dal Madagascar (Ravintsara) esprime alcune proprietà medicamentose mentre se proveniente dall’Asia (Cinnamomum camphora) ne esprime delle altre; a seconda della provenienza delle piante all’origine dell’estrazione gli oli essenziali possono presentare una percentuale diversa di principi attivi che possono determinare piccole o grandi variazioni dell’aroma.

Gli oli essenziali contengono mediamente più di 100 sostanze suddivise in Alcoli (conferiscono all’olio bassa tossicità e sicurezza d’uso, hanno proprietà antivirali, antibatteriche e antisettiche; es: lavanda, geranio, tea tree, neroli, legno di rosa); Aldeidi (determinano il profumo della pianta, sono sedative, antinfiammatorie, antidepressive, antiallergiche; es. limone, lemongrass, melissa); Chetoni che sono mucolitici, cicatrizzanti, antinfiammatori (simili alle aldeidi, danno la nota caratteristica all’olio essenziale; se sono presenti in quantità, come nell’issopo e nella salvia, possono essere pericolosi e devono essere usati con molta cautela; es. menta piperita, rosmarino); Esteri: hanno proprietà antispasmodiche, calmanti sono presenti in piccola concentrazione; es. salvia sclarea e lavanda; Fenoli: antisettici, antibatterici e stimolanti, ma da usare sotto controllo medico; Sesquiterpeni: antinfiammatori, antispasmodici, stimolanti del sistema nervoso, moderatamente tonici e rilassanti; Terpeni: presenti nella maggior parte degli oli essenziali, sono idrocarburi insaturi.

Gli oli essenziali sono rappresentati quindi da “miscele di chemiotipi” (in specifiche combinazioni di principi) provenienti da diverse parti della pianta (fiori, resina, corteccia, radici, buccia, foglie); nei secoli sono state impiegati diversi metodi estrattivi ma più frequentemente la spremitura, la macerazione o la moderna distillazione in corrente di vapore; un’estrazione molto frequente nell’antichità è stata quella in oli specifici. Una menzione particolare va all’affascinante metodica dell “’enfleurage” messa a punto in Francia (Grasse) dalla grande scuola dell’antica profumeria francese riprendendo una tecnica già nota nell’antico Egitto.

Gli oli essenziali risultano attivi già in diluizione acquosa e diffusi negli ambienti con la lampada per aromi o il diffusore; l’alta volatilità delle essenze permette ad esse di penetrare nel nostro sistema olfattivo, con effetti benefici anche sull’umore; questa metodica viene adottata anche per sfruttare gli effetti antisettici degli oli essenziali che ad esempio in Francia vengono diffusi negli ambienti peri-operatori a scopi disinfettanti.

Gli oli essenziali in forma liquida anche diluita (per via sistemica o topica) possono potenzialmente creare fenomeni allergici e per verificare un’eventuale allergia ad un olio essenziale, è sufficiente metterne una goccia nella piega del gomito, attendere 15 minuti e verificare se si verifica reazione cutanea. La buona tollerabilità degli oli essenziali dipende dalla loro naturalità e purezza che deve essere certificata (da evitare prodotti di sintesi); gli oli essenziali sono controindicati in gravidanza, allattamento, nei soggetti epilettici, nella prima infanzia, nelle infezioni renali acute; in nessun caso sono da usarsi puri e soltanto impiegati dietro consiglio di un medico o di un aromaterapeuta esperto [67].

67. Rene Maurice Gattefosse, Gattefosse’s Aromatherapy, Random House 2012

Alcuni spunti dall’articolo

La spiccata attività antimicrobica degli oli essenziali suscita oggi molto interesse anche per il noto problema (di rilevanza mondiale) dell’antibiotico resistenza che rende difficile il trattamento di patologie di origine batterica e l’attuale ricerca scientifica è molto concentrata nello studiare i meccanismi d’azione “antibiotici“ degli oli essenziali e delle sostanze in essi contenute.

Secondo l’ampia letteratura scientifica disponibile, risulta infatti che diversi oli essenziali si dimostrano significativamente efficaci nel combattere comuni infezioni senza indurre fenomeni di resistenza o limitandoli notevolmente.

L’ipotesi scientifica di studio di questa realtà fonda sul fatto che gli oli essenziali sono miscele complesse di composti e che sia probabile che questa potente attività antimicrobica specifica dipenda dall’inibizione o dall’interazione con più bersagli nella cellula [20,21]; questo aspetto spiegherebbe anche la capacità degli oli essenziali di agire ad ampio spettro su diversi ceppi batterici.

A priori viene oggi comunque riconosciuto che gli oli essenziali posseggano effetti antimicrobici non specifici dovuti alle proprietà idrofobiche (lipofile) della miscela dei componenti; infatti la natura lipofila (idrofobica) di molti oli essenziali facilita il loro l’ingresso nelle membrane cellulari che portano alterazione nell’architettura di membrana, perdita di contenuto cellulare e conseguentemente morte del batterio [22 26].

Nel 2009, Fisher e Phillips hanno dimostrato che gli oli essenziali di Citrus sinensis (Arancio) e di Citrus bergamia (Bergamotto) sull’Enterococcus faecium e E. faecalis hanno determinato più cambiamenti sulla membrana batterica modificandone la permeabilità, riducendo il pH intracellulare, inducendo perdita del potenziale di membrana e una riduzione della concentrazione di ATP [25].

Queste conclusioni si sono rivelate coerenti con il fatto che molti oli essenziali contengono alte concentrazioni di composti fenolici tra cui carvacrolo, timolo, e eugenolo. E’ accertato che i fenoli sono in grado di alterare le membrane cellulari per riduzione della forza proton motrice con una successiva diminuzione nella sintesi di ATP [27 29]; gli studi scientifici tuttavia concludono anche che la riduzione di ATP potrebbe essere anche determinata in modo specifico dall’interazione dell’olio essenziale nell’ostacolare il legame tra proteine nella membrana cellulare oppure dalla specifica interazione degli idrocarburi ciclici contenuti nell’olio con le regioni lipofile di proteine legate alla membrana [28,30]; la riduzione generale dei livelli di ATP ostacolerebbe necessariamente altri processi cellulari dipendenti dall’energia, inclusa la sintesi di enzimi e tossine [31]; in alcuni studi è stato dimostrato che l’esposizione al carvacrolo del Bacillus cereus ha determinato una significativa riduzione della quantità di tossine presenti nella diarrea.

Il fatto che gli oli essenziali agiscano come antibatterici in modo generale coinvolgendo la membrana batterica, spiega, come ci si può aspettare, il motivo per il quale gli oli essenziali posseggano un ampio spettro di attività tuttavia emergono sempre maggiori prove che gli oli essenziali possano agire anche su altri obiettivi specifici che tuttavia possono variare a seconda degli organismi spiegando la diversa attività di alcuni oli essenziali o dei loro componenti. La diversità negli oli essenziali dei singoli componenti ne spiegherebbe la specificità dei vari effetti.

Recentemente si è determinato che Olio di arancio di Valencia spremuto a freddo si comportava (upregulation cwrA) su Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) come noti antibiotici (oxacillina, fosfomicina, imipenem e vancomicina) facendone ipotizzare un meccanismo d’azione simile [32]; secondo i ricercatori l’olio dell’agrume, sullo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, agirebbe anche con altri meccanismi specifici interferendo con la sintesi di peptidoglicani ed in generale con l’attività dell’autolisina come ad esempio dimostrato verso S. aureus; il coinvolgimento dell’autolisina da parte degli oli essenziali, era stato precedentemente ipotizzato (Carson et al.,2002) dimostrando che l’olio di Tea tree aveva indotto sui batteri il rilascio di enzimi autolitici della parete cellulare, portando alla lisi cellulare e alla morte del batterio [21,32 35].

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21. Carson CF, Mee BJ, Riley TV (2002) Mechanism of action of Melaleuca alternifolia (tea tree) oil on Staphylococcus aureus determined by time kill, lysis, leakage, and salt tolerance assays and electron microscopy. Antimicrob Agents Chemother 46: 1914 1920.
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Gli oli essenziali esercitano attività diverse rispetto a vari microorganismi.

Diversi studi hanno dimostrato ad esempio che gli oli essenziali funzionano bene contro un buon numero di batteri Gram – positivi mentre hanno un effetto moderato sugli organismi Gram – negativi [12].

Alcuni studiosi spiegherebbero che gli organismi Gram – negativi sarebbero intrinsecamente più resistenti agli effetti degli oli essenziali per la presenza della membrana esterna che fornirebbe un’ulteriore barriera di permeabilità [36].

Tuttavia la suscettibilità di batteri Gram negativi agli oli essenziali può variare per genere e specie; ad esempio Aeromonas idrofila, un batterio Gram negativo comunemente presente nell’acqua, risulta altamente suscettibile agli effetti degli oli essenziali attraverso un meccanismo sconosciuto; l’Enterobacter aerogenes viene inibito dall’olio di cannella per l’interazione di quest’ultimo con vari aminoacidi (decarbossilasi) [37 40]; in questi esempi, la differenza nella suscettibilità può essere dovuta alla presenza o assenza, nel batterio, dell’obiettivo specifico dell’olio essenziale rispetto ad altri batteri Gram positivi o Gram negativi.

Per diversi oli essenziali sono stati identificati altri meccanismi d’azione specifici che coinvolgono il “quorum sensing”, la divisione cellulare, la sporulazione, le risposte allo stress e il coinvolgimento delle pompe di efflusso.

Molti batteri Gram positivi e negativi comunicano attraverso un complesso meccanismo noto come “quorum sensing” che governa la regolazione di varie funzioni cellulari che vanno dalla formazione di biofilm all’espressione di fattori di virulenza e di tossine [12].

E’ stato ipotizzato che gli oli essenziali interferirebbero con queste reti di comunicazione batteriche inibendo l’aggressione e l’invasione da parte di alcuni agenti patogeni; gli oli essenziali sfrutterebbero un percorso alternativo per lo sviluppo antimicrobico rispetto agli antibiotici attuali [41,42].

L’interferenza con il “quorum sensing” è stata dimostrata per un numero di estratti vegetali, tra cui l’aglio, che ha portato a significativa inibizione della formazione di biofilm in P. aeruginosa [43,44]. Questa inibizione sembra essere dipendente dalla concentrazione [43,44].

Il carvacrolo, un moterpene presente in molto oli essenziali, inibisce la formazione di biofilm in S. aureus e Salmonella enterica.

La capacità degli oli essenziali di interferire con il “quorum sensing” e la formazione di biofilm rappresenterebbe oggi lo spunto per lo sviluppo di nuovi antibiotici; analogamente varrebbe per la capacità degli oli essenziali di interrompere la divisione cellulare e la sporulazione come osservato sui funghi filamentosi.

Nel 2006, Paware e Thaker hanno dimostrato che l’olio di corteccia di cannella era altamente attivo contro l’Aspergillus niger con conseguente riduzione della produzione di ife e spore e, in alcuni casi, con completa inibizione della crescita. In generale la ricerca scientifica aveva già stabilito una correlazione tra alcuni oli essenziali e la riduzione della crescita micotica, attraverso l’inibizione della sporulazione e della respirazione cellulare. In particolare, oli essenziali come quello di cedro e di lavanda inducono una significativa inibizione della sporulazione e della respirazione cellulare, con scarso effetto sulla crescita, mentre gli oli della corteccia di cannella e della citronella inibiscono la crescita micotica, con poco o nessun effetto sulla sporulazione o sulla respirazione cellulare [47].

Gli effetti degli oli essenziali sulla respirazione cellulare suggeriscono nuovi bersagli farmacologici ai fini degli effetti antibiotici, in particolar modo interagendo con i processi cellulari dipendenti dall’energia come le “pompe di efflusso” batteriche che sono responsabili della multi resistenza in un certo numero di batteri; i meccanismi di efflusso batterici sono responsabili della riduzione della suscettibilità di molti batteri Gram negativi a sostanze fitochimiche di origine vegetale e agli oli essenziali.

Il falcarindiolo contenuto nel Levisticum officinale e il geraniolo contenuto nell’Helicrysum italicum hanno dimostrato attività anti efflusso specialmente in combinazione con ciprofloxacina e cloramfenicolo, contro i batteri Gram negativi [48,49].

Negli oli essenziali sono comunemente presenti altre sostanze come gli alcoli e le aldeidi che esercitano specifica attività antimicrobica.
Gli alcoli, in particolare quelli terpenici, dimostrano una significativa attività battericida contro una vasta gamma di microrganismi; questa attività battericida viene ricondotta ad una serie di meccanismi tra cui la denaturazione delle proteine, la disidratazione delle cellule batteriche o la solvatazione delle membrane delle cellule batteriche [50,51].

Le aldeidi si ritiene invece che interferiscano in una serie di reazioni coinvolgendo il trasferimento di elettroni sui doppi legami tra atomi di carbonio; la disposizione molecolare elettronegativa comporterebbe un’interferenza con un gran numero di reazioni biologiche del metabolismo centrale (ad esempio la respirazione e il ciclo del carbonio) comportando rapida morte cellulare [51].

Come noto la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici è diminuita significativamente negli anni ’70, quando si pensava che la necessità di nuovi farmaci antibiotici fosse in qualche modo trascurabile poiché le malattie infettive stavano diventando una preoccupazione del passato.
Di conseguenza, quando si sono resi necessari nuovi antibiotici (ad esempio quando è emersa la resistenza), la ricerca farmaceutica si è orientata verso semplici modifiche di antibiotici esistenti proponendo lievi alterazioni strutturali.

Questo approccio risultava più economico rispetto allo sviluppo di farmaci completamente nuovi, specialmente in un momento in cui la percezione prevalente dell’umanità era quella di aver sconfitto la malattia infettiva [52].

Oggi sono documentate infezioni che sono resistenti a tutti i farmaci conosciuti e quindi il relativo trattamento è spesso problematico e infruttuoso [53].

Per questi motivi, in questi casi, si deve fare ricorso, come ultimo rimedio, a farmaci precedentemente abbandonati per la loro evidente tossicità o per gravi effetti collaterali, tuttavia anche questo approccio non rappresenta una soluzione a lungo termine per l’emergente resistenza microbica ai farmaci esistenti e per la prevenzione stessa della resistenza a nuovi farmaci.

Il moderno pensiero scientifico auspicherebbe un cambio di paradigma ed un cambiamento fondamentale del modo in cui vengono usati antibiotici per il trattamento di malattie infettive.

Questo pensiero è sostenuto anche dall’osservazione del mondo delle piante che hanno la necessità di produrre una elevata quantità di composti antimicrobici tra cui un gran numero di oli essenziali.

Già in natura, nella produzione delle piante stesse, questi oli essenziali sono rappresentati da numerosi composti che variano per potenza e spettro di attività sia individualmente sia come miscele; le piante hanno bisogno di questa molteplicità di sostanze antibiotiche considerando la variabilità di minacce microbiche incontrate nell’ambiente in cui crescono; nella pianta gli oli essenziali spesso inibiscono una vasta gamma di microbi per la sinergia tra i singoli componenti contro più bersagli batterici.

Analogamente nell’attuale pratica clinica è documentata la sinergia tra antibiotici di sintesi esistenti, in combinazioni specifiche (ad es. trimetoprim/sulfametossazolo; amoxicillina/clavulanato; piperacillina/ tazobactam) [55].

La sinergia tra antibiotici esistenti e oli essenziali non dispone di una vasta letteratura scientifica ma da tempo suscita l’interesse dei ricercatori e risalgono al 2017 le prime formulazioni di farmaci, rappresentati dall’associazione di antibiotici di sintesi ed oli essenziali, messi a punto da Adnane Remmal.

Ad esempio gli antibiotici β-lattamici inibiscono la sintesi della parete cellulare attraverso interazione con le proteine leganti la penicillina (PBP); in S. aureus PBP2a determina una ridotta affinità per gli antibiotici β-lattamici che determina la resistenza a questi farmaci; è interessante notare che quando gli antibiotici β-lattamici vengono combinati in vitro con la corilagina, un polifenolo derivato da Arctostaphylos uva ursi, la resistenza mediata da PBP2a in MRSA è stata superata con una concomitante riduzione della MIC; sulla base di queste osservazioni viene postulato che la corilagina possa interferire con il legame degli antibiotici β lattamici con l’enzima PBP2a determinando la reversione della resistenza [60]; alcune sostanze contenute nel tè verde hanno dimostrato effetti simili in modo dose dipendente e che suggerirebbero che queste sostanze agiscano su un bersaglio specifico.

Mossa et al., nel 2004 hanno dimostrato che il linalolo e l’α-terpineolo contenuti Melaleuca leucodendron sinergizzano con ampicillina e kanamicina e gli stessi Autori hanno concluso che totarolo, ferulenolo, e plumbagin dimostrano effetti sinergici con isoniazide e rifampicina contro Mycobacterium tuberculosis; più nel dettaglio questa combinazione aumenta di 4 volte la potenza dell’isoniazide verso Mycobacterium tuberculosis [62]. Bapela et al., nel 2006 hanno dimostrato che un composto isolato dalle radici di Euclea natalensis ha diminuito le MIC da 4 a 6 volte dell’isoniazide e della rifampicina [63].

Presi nel loro insieme, questi risultati si dimostrano importanti per valutare nuove strategie nei confronti della rapida comparsa di note multi resistenze nella tubercolosi (MDR – TB) e della comparsa di resistenze sempre a più farmaci anti tubercolotici (XDR – TB); come noto la MDR – TB è definita come resistenza all’isoniazide e alla rifampicina e XDR – TB è definita la resistenza a isoniazide e rifampicina, a qualsiasi altro fluorochinolonico e a farmaci iniettabili di seconda linea (ad es. capreomicina, amikacina o kanamicina) [64,65].

Queste definizioni di modelli di resistenza sono destinati purtroppo a diventare “obsolete” in tempi medio brevi perché le resistenze nel trattamento della tubercolosi crescono in modo allarmante anche in altri modelli di resistenza individuati in più località del mondo.

Questi ceppi hanno dimostrato resistenza a quasi tutti i farmaci mai utilizzati per il trattamento di tubercolosi e altre infezioni da micobatteri tra cui: INH, RIF, etambutolo, pirazinamide, ofloxacina, moxifloxacina, capreomicina, kanamicina, amikacina, acido para aminosalicilico, etionamide, cicloserina, rifabutina, clofazimina, dapsone, claritromicina e thiacetazone [64].

Anche se manca tutt’ora un accordo sull’acronimo specifico per descrivere tutti questi ceppi (estremamente resistenti e quelli totalmente resistenti ai farmaci), il fatto che questi ceppi siano stati isolati è motivo di grande preoccupazione e, in assenza di disponibilità a breve di nuovi antibiotici per il trattamento, un approccio alternativo potrebbe essere il combinare farmaci esistenti con oli essenziali.

Questa realtà deve aprire la strada ad investimenti significativi per valutare l’efficacia di queste combinazioni, il loro meccanismo d’azione, la loro tossicità combinata e per caratterizzare il metabolismo in vivo, così come per definire la loro selettività e biovalenza.

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Journal of Infectious Diseases & Preventive Medicine (2013) 1.2.0.

Essential Oils and Future Antibiotics: New Weapons against Emerging ‘Superbugs’?

Nicholas A Boire(1), Stefan Riedel(2) and Nicole M Parrish (2*)

Author information:

(1)The Johns Hopkins University, Bloomberg School of Public Health, Baltimore, Maryland, USA
(2)Department of Pathology, Division of Microbiology, The Johns Hopkins University, School of Medicine, Baltimore, Maryland, USA

 

Abstract

Antibiotic resistance is emerging at an alarming rate, outpacing current research and development efforts to combat this trend.

As a result, many infectious diseases have become difficult to treat; in some cases, no treatment options exist.

The search for new antibiotics must accelerate to avoid returning to the ‘pre antibiotic’era. Ancient remedies, including essential oils and their components, have been explored on a limited basis as a source of new antimicrobials.

Many are known to possess significant antimicrobial activity against a wide range of microorganisms.

lucidation of the mechanism of action of these compounds may lead to identification new antibiotic targets. Such targets, once identified, may represent biosynthetic or regulatory pathways not currently inhibited by available drugs.

Novel drugs and targets are vital for continued control of infectious diseases worldwide.

 

Keywords: Essential oils; Antibiotic resistance; New antibiotics

ISSN: 2329 8731

 

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