Newsletter Fitoterapia nr. 54 – Maggio 2020

La Curcuma tra credenze ed evidenze

European journal of medicinal chemistry 163 (2019): 527-545. Elsevier®

“The therapeutic potential of curcumin:
A review of clinical trials.” 

Salehi, Bahare, et al.

 

Curcuma: l’assoluzione

La Curcuma (Curcuma longa L.) è una tra le piante medicinali il cui consumo, negli ultimi anni, è esponenzialmente cresciuto anche nel mondo occidentale a partire dalla sua primaria conoscenza come spezia culinaria per giungere oggi al suo frequentissimo uso come pianta medicinale nella gestione di più problematiche della salute.

L’incremento del consumo di Curcuma si è accompagnato ad un crescente interesse scientifico per indagarne gli effetti farmacologici e le potenzialità cliniche; alla ricerca in “Google Scholar” alla data del 29 maggio 2020, utilizzando la parola chiave di ricerca “Curcuma longa” vengono restituiti 121.000 articoli comprendenti gli articoli presenti in PubMed che, per la stessa ricerca, restituisce 3932 risultati di cui 151 relativi ai soli trials clinici.

L’apprezzamento di Curcuma come pianta medicinale deriva da alcuni sicuri fattori positivi come ad esempio la sua lunga tradizione d’uso nelle principali medicine tradizionali che ne tramandano la ragionevolezza d’impiego per effetti benefici e sicurezza d’uso; analogamente oggi l’ampia documentazione scientifica disponibile sostiene positivamente i razionali di impiego della Curcuma anche nelle più moderne formulazioni nutraceutiche (e negli integratori naturali); quest’ultima tipologia di preparati insieme alle classiche preparazioni erboristiche rappresentano il maggior “driver” di sviluppo della crescita dei consumi di Curcuma. Si deve tuttavia osservare che l’espansione del consumo di prodotti a base di Curcuma dipende anche da un progressivo allargamento delle sue indicazioni d’uso, infatti attualmente i prodotti a base di Curcuma vengono “consigliati” anche per impieghi diversi da quelli per i quali è tradizionalmente nota e cioè per l’efficienza antiossidante e antinfiammatoria molto sfruttata in aree osteoarticolare o gastrointestinale; sono oggi molto diffusi sul mercato molti prodotti a base di Curcuma che, ad esempio, promettono evidenti effetti dimagranti o anti neurodegenerativi ma con una attenta ricerca potrebbero essere rintracciati molte altre indicazioni “out label”.

Nel crescente interesse per gli integratori naturali, oggi sempre più sviluppati come farmaci, è ampiamente giustificato il lavoro di approfondimento e ampliamento della “moderna farmacognosia” tuttavia è importante tenere presente che le piante medicinali (e quindi le formulazioni a base di esse) possono offrire razionali farmacologici d’impiego quasi infiniti (poiché i singoli fitocomplessi sono a loro volta costituiti da un numero mediamente molto elevato di fitochimici) tuttavia i razionali farmacologici dovrebbero essere ben confermati anche nelle evidenze cliniche che supportino la verosimile realtà d’efficienza per “indicazione d’uso” e per aspetti tossicologici.

Nell’attuale realtà spesso “sfuocata” per certezze scientifiche cliniche che possano orientare alla scelta delle piante medicinali per un loro utilizzo secondo “evidence” restano comunque un valido riferimento le evidenze osservazionali tramandate sull’uso tradizionale delle piante medicinali che offrono consolidate informazioni sul loro uso nella “pratica clinica”; queste informazioni sono basate su una quasi infinita diponibilità di dati “storici” dai quali è facilmente deducibile quale sia il reale effetto medicamentoso prevalente della singola pianta medicinale ed i motivi e per i quali, nella storia della medicina, queste sostanze siano state impiegate prevalentemente per un uso e non per un altro.

Queste considerazioni potrebbero anche essere utili per valutare aspetti non meno importanti sulla sicurezza nell’uso delle piante medicinali; se da un lato l’impiego di una pianta medicinale “secondo indicazione certa”, ai dosaggi raccomandati, si conferma generalmente sicuro e ben tollerato, diversamente si pone la realtà nella quale la pianta medicinale venga consigliata per indicazioni “out label”; in questi casi si ha una ovvia mancanza di evidenti conferme cliniche ma anche di quelle d’uso tradizionale; inoltre in queste situazioni bisogna tenere presente che il mercato nutraceutico mette a disposizione preparati che somministrano estratti vegetali “pronti” spesso molto diversi (estratti secchi, acquosi, polveri, oli essenziali, fitosomiali, etc.) ma generalmente conformi, attraverso la posologia consigliata, ai dosaggi raccomandati dalle farmacopee ufficiali.

In caso di utilizzo di piante medicinali “out label” la posologia generalmente consigliata delle varie forme estrattive potrebbe essere inefficace oppure, per rincorrere “risultati miracolosi”, aumentata fino ad un eccesso; in questo caso si raggiungerebbero dosaggi di bioattivi molto superiori rispetto alla media di quelli generalmente raccomandati rappresentando potenzialmente maggior rischio di effetti avversi come ben descritto nella tossicologia delle piante medicinali [157]. Rispetto poi alla scelta di una specifica posologia di un preparato bisognerebbe tenere primariamente conto dei suoi aspetti tecnici di titolazione dei chemiotipi bioattivi per conoscerne l’esatta quantità somministrata.

La Curcuma rappresenta un tipico esempio di queste problematiche poiché la sua nota bassa biodisponibilità, rende difficoltoso, già nei suoi usi più tradizionali, l’ottenere per i principali curcuminoidi attivi, concentrazioni plasmatiche efficienti, per distribuzione sistemica, a raggiungere specifici apparati o sistemi dell’organismo; la Curcuma infatti mostra un’ampia variabilità di potenza di effetti clinici a seconda della forma di somministrazione topica (o luminale) oppure orale.

La mancanza di evidenze cliniche su uno specifico uso di una pianta medicinale ”out label” rappresenta quindi un problema non solo per la conferma della realtà dell’efficacia terapeutica ma anche per la mancanza di indicazioni certe di dosaggi da impiegare in sicurezza. Un aiuto per orientarsi sull’argomento può venire comunque dall’ampia disponibilità di dati fitochimici e farmacologici delle piante medicinali che si intendono impiegare; generalmente dagli studi fitochimici e farmacologici si possono ottenere informazioni verosimilmente predittive dei potenziali effetti clinici e di tollerabilità.

Nella prima metà del 2019 la Curcuma ed i preparati nutraceutici a base di essa, sono stati al centro dell’attenzione mediatica per presunti effetti epatotossici della pianta medicinale; le evidenze scientifiche hanno successivamente chiarito che i casi di epatotossicità verificatisi erano da attribuire a particolari condizioni d’uso e del paziente nel momento dell’assunzione dei preparati e non direttamente attribuibili alla Curcuma.

Riportiamo al riguardo le conclusioni del Ministero della salute Italiano a luglio 2019:

“A seguito delle indagini condotte sui casi di epatite colestatica segnalati dopo l’assunzione di integratori alimentari contenenti estratti e preparati di Curcuma longa, e, in un caso, dopo il consumo di Curcuma in polvere, il gruppo interdisciplinare di esperti appositamente costituito e la sezione dietetica e nutrizione del comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale hanno concluso che, ad oggi, le cause sono verosimilmente da ricondurre a particolari condizioni di suscettibilità individuale, di alterazioni preesistenti, anche latenti, della funzione epato-biliare o anche alla concomitante assunzione di farmaci. Gli eventi segnalati hanno coinvolto preparati ed estratti di curcuma diversi tra di loro e si sono verificati dopo l’assunzione di dosi molto variabili di curcumina, anche se nella maggior parte dei casi il titolo di tale sostanza era elevato e spesso associato ad altri ingredienti volti ad aumentarne l’assorbimento. Le analisi effettuate sui campioni dei prodotti correlati ai casi di epatite hanno escluso la presenza di contaminanti o di sostanze volontariamente aggiunte quali possibili cause del danno epatico. [http://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=3842]

Il caso si è concluso con l’indicazione da parte del Ministero della Salute italiano di inserire nell’etichetta di prodotti a base di Curcuma una avvertenza cautelativa per la quale questi preparati sarebbero sconsigliati in accertata presenza di epatopatie.

Ai dosaggi raccomandati la Curcuma si dimostra sicura e ben tollerata; è generalmente riconosciuto che la curcumina non causa una significativa tossicità a breve termine a dosi fino a 8 g / die. [158,159]

Le vigenti normative del Ministero della Salute prevedono l’obbligo di dichiarare in etichetta di prodotti nutraceutici informazioni di indicazione esclusivamente conformi al vigente claim ammesso per Curcuma Longa L. che recita: Curcuma longa L. (sin. Curcuma domestica Val., Curcuma domestica Loir., Amomum curcuma Jacq) – Zingiberaceae – rhizoma, aetheroleum – rhizoma: Antiossidante, Funzionalità articolare, Contrasto dei disturbi del ciclo mestruale. [http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2019&codLeg=70165&parte=2&serie=]; ne consegue quindi che ufficialmente alla pianta medicinale vengono attribuite specifiche indicazioni d’uso e non altre per le quali attualmente non sono ancora disponibili dati evidenti di efficacia e di tollerabilità anche in ragione dei dosaggi consigliati; attualmente il claim per Curcuma longa L. “Prevents the accumulation of fats and facilitates their destockage by the liver” presso EFSA è in stato “pending” cioè in attesa di definizione positiva o negativa. [https://www.trovaclaim.it/registro-efsa/curcuma-curcuma-longa]

Come riportato nelle conclusioni ministeriali sarebbero inoltre da approfondire gli aspetti tossicologici dell’associazione di Curcuma con altre piante medicinali (es. Piperina) impiegate per migliorare la scarsa biodisponibilità della Curcuma anche se attualmente sarebbe evidente che queste associazioni accelererebbero i tempi di assorbimento dei tre principali curcuminoidi ma non ne migliorerebbero la biodisponibilità mentre incrementerebbero la biodisponibilità di loro metaboliti secondari. [161]

Secondo letteratura scientifica la Curcuma eserciterebbe i suoi più noti e principali effetti antinfiammatori e antiossidanti nella sua forma non modificata (es. effetti antinfiammatori luminali nell’intestino) mentre forme estrattive di Curcuma modificate con moderne tecniche farmaceutiche (es. liposomiali) sarebbero più indicate per sfruttare altre attività farmacologiche secondarie del fitocomplesso. [160]

 

L’articolo

L’articolo segnalato è stato pubblicato da European journal of medicinal chemistry (I.F. 4,833) nel 2019 (Editore Elsevier®) e offre una sintesi sulle principali evidenze cliniche attualmente disponibili per il potenziale impiego della Curcuma nella pratica clinica corrente. L’articolo mira a fornire un’ampia panoramica degli effetti terapeutici della curcumina nei soggetti umani su infiammazione, pelle, problemi oculistici, sistema nervoso centrale, apparato respiratorio, cardiovascolare, gastrointestinale, urogenitale e disturbi metabolici, intossicazioni e malattie maligne. Lo studio suggerisce che i generali dati clinici disponibili documentano il promettente potenziale della curcuma e del suo principale costituente, la curcumina, in diverse condizioni di salute. Dai dati emerge la grande efficacia della Curcuma nei disturbi legati all’ossidazione e il notevole effetto sulle malattie maligne inoltre emergono promettenti effetti su distinti disturbi del sistema respiratorio e di conferma della già nota capacità terapeutica di risolvere le infezioni ricorrenti del tratto respiratorio. Non meno importante da sfruttare, sarebbe l’effetto della curcumina in molti altri disturbi maligni, data la loro incidenza epidemica nella popolazione mondiale. Infine di particolare interesse risulterebbe il notevole potenziale della Curcuma nel contrastare gli effetti tossici derivanti dall’esposizione agli inquinanti in relazione ai disturbi autoimmuni-correlati.

 

Dall’articolo

La Curcuma (Curcuma longa), i suoi estratti derivati e la curcumina (termine comunemente impiegato per indicare il componente principale del fitocomplesso), hanno una lunga storia di utilizzo e senza dubbio di efficacia e buona tollerabilità, riportata in modo sempre più dettagliato in vitro, ex vivo, in vivo e nei test clinici; gli effetti biologici, i molteplici benefici per la salute e prevenzione delle malattie, le caratteristiche del trattamento sono state ampiamente studiate.

La curcumina, la demetossicurcumina (DMC) e la bisdemetossicurcumina (BDMC) sono note come “curcuminoidi” [1]. Questi molecole di colore giallo vengono isolate nei rizomi di Curcuma longa L. (curcuma), una specie vegetale appartenente alla famiglia delle Zingiberaceae [2,3]. La curcuma è una pianta conosciuta per il suo uso medicinale, da 4000 anni già nella cultura vedica in India, dove veniva usata come spezia culinaria e la sua presenza ricorreva anche nel culto religioso. Nella fitoterapia tradizionale, la curcuma viene comunemente utilizzata per l’artrite reumatoide, l’uveite anteriore cronica, la congiuntivite, il cancro della pelle, la varicella, la guarigione delle ferite, le infezioni del tratto urinario ed i disturbi del fegato; alla Curcuma vengono riconosciute capacità di rafforzare l’energia complessiva del corpo, eliminare i vermi, regolare le mestruazioni, sciogliere i calcoli biliari, disinfettare le ferite e sostenere significativamente i processi digestivi (gastro-intestinali) [4].

Il fitocomplesso di Curcuma contiene mediamente più del 3% di curcumina, 1,4% di DMC e 1,2% di BDMC [5] che appaiono come aghi giallo-arancio in polvere cristallina. La curcumina ha: 1) una solubilità variabile, cioè insolubile in acqua fredda ed etere, solubile in alcool e acido acetico glaciale e molto solubile in etanolo e acido acetico; 2) una buona stabilità nelle condizioni di stoccaggio raccomandate (20°C); 3) processo di decomposizione pericoloso in condizioni di incendio, per la formazione di prodotti tossici (ossidi di carbonio).

Si devono ad alcuni studi fitochimici le informazioni per comprendere le caratteristiche della biodisponibilità della Curcuma. Almeida et al. [11] hanno studiato le proprietà fisico-chimiche dei curcuminoidi come Kurien et al. [12] che hanno studiato in particolare la solubilità della curcumina e su questi dati Aggarwal [13] ha studiato approfonditamente gli aspetti della biodisponibilità della Curcuma. Contemporaneamente Modasiya [14] ha studiato la solubilità della curcumina nei polimeri, mentre Bernabe-Pineda et al. [15] hanno studiato le razioni di decomposizione della curcumina in relazione a valori di acidità. Si deve a Jager et al. [16] lo studio dell’assorbimento dei curcuminoidi in diverse formulazioni, e Prasad et al. [17] hanno puntualizzato i parametri farmacocinetici di curcumina (tra cui biodisponibilità, assorbimento e metabolismo). La preoccupazione principale rispetto alla curcumina, quando si vuole sfruttare la sua attività biologica, è la sua scarsa biodisponibilità a causa della scarsa solubilità, unita al suo scarso assorbimento nel plasma e tessuti, al rapido metabolismo (trasformazione in altre sostanze primariamente nell’intestino) ed escrezione [18 e 19].

Gli effetti biologici della Curcumina sono molteplici e molto evidenti come ad esempio la capacità di migliorare la sopravvivenza da dissanguamento in ratti pretrattati [20] come analogamente concluso da Jayaprakasha et al. [21] che hanno valutato l’attività antiossidante dei singoli curcuminoidi che sarebbe correlabile all’accelerazione della guarigione della ferita [22]. Secondo Literat et al. [23] la curcumina mostra anche una forte azione inibitoria sulla produzione di citochine pro infiammatorie. Non meno interessante sono le conclusioni di Patocka [24] che ha documentato una marcata attività anti amiloidogenica della curcumina dove curiosamente la proteina b-amiloide è una dei principali obiettivi nel trattamento della malattia di Alzheimer. Molti altri studi clinici hanno studiato l’attività farmacologica della Curcumina. Ad esempio, Krup et al. [25] e Nasri et al. [26] rivedendo gli usi medicinali della curcumina, hanno riportato notevoli benefici a livello gastrointestinale, respiratorio e cardiovascolare e importanti effetti antinfiammatori, antidiabetici, epatoprotettivi, neuroprotettivi, chemioterapici, antitumorali, antiallergici e antidermatofici e di prevenzione di resistenza ai farmaci. Velayudhan et al. [27] hanno documentato la sicurezza della Curcumina tramandata dall’uso tradizionale di fatto escludendone l’attività in somministrazione acuta e per questi motivi la curcumina viene sempre più concepita come una delle biomolecole da somministrare a lungo termine senza effetti negativi [28]. Hatcher et al. [29] hanno riesaminato l’attività chemiopreventiva, chemioterapica, chemosensibilizzante, radiosensibilizzante ed effetti radioprotettivi della curcumina. Shen [30] ha studiato la curcumina nei suoi effetti regolatori sul microbiota intestinale e ha osservato che questa molecola ha influenzato in modo significativo la sua composizione quantitativa e qualitativa finale. Inoltre, la curcumina ha anche mostrato un importante effetto protettivo sui disturbi della densità ossea, come l’osteopenia [31], l’artrosi [32], ed aiuta ad alleviare dolore e gonfiore in bocca, gengivite e parodontite [33]. Sono sempre maggiori le evidenze che la curcumina è in grado di modulare e influenzare, nel fegato, più percorsi di segnalazione cellulare contro i danni dell’esposizione cronica all’arsenico e persino nell’intossicazione da alcol [34]. Le vie di segnalazione più importanti studiate in biologia molecolare sono quelle di trasduzione di segnale (Sonic Hedgehog, Janus chinase) e di attivazione di trascrizione (JAK-STAT), il fattore nucleare kappa B (NF-kB), la proteina chinasi B (AKT o PKB) e la trasformazione del fattore di crescita b (TGF-b) [35]. Ad esempio la curcumina induce l’apoptosi inibendo la p-AKT [36] e la crescita del fattore 2 dell’insulina (IGF2) [37] nella via dell’AKT (inibendo Sonic Hedgehog) [38], allo stesso tempo sopprimendo l’attivazione delle cellule dendritiche [39], inducendo l’apoptosi in JAK-STAT [40], inibendo NF-kB [41,42], down-regolando TGF-b [43,44] e inibendo nei mammiferi il bersaglio della via di segnalazione della rapamicina (mTOR) nel trattamento delle lesioni del midollo spinale [45].

 

Studi clinici sugli effetti antinfiammatoria della curcumina

La curcumina è nota per il suo potenziale antinfiammatorio e molti studi clinici sono stati condotti per valutare i suoi effetti bioattivi in varie condizioni infiammatorie. Una delle condizioni più frequentemente studiata è l’artrite, una malattia cronica tipicamente caratterizzata da infiammazione delle articolazioni, che si traduce in danno articolare e disabilità; lo sviluppo di questa malattia viene strettamente correlato alla dis-regolazione delle citochine infiammatorie [interleuchina (IL) -1, IL-6 e fattore di necrosi tumorale (TNF)], e delle chemochine e degli enzimi infiammatori [matrice metalloproteinasi (MMP-9), cicloossigenasi-2 (COX-2) e 5- la lipossigenasi (5-LOX)] [46 e 52]. Gli studi clinici sull’efficacia antinfiammatoria della curcumina sono stati condotti principalmente sull’osteoartrite (OA) e in pazienti con artrite reumatoide (RA), in cui l’effetto anti-artritico della curcumina è stato confermato [46 e 52].

In Italia sono stati ampiamente studiati gli effetti terapeutici della curcumina in somministrazione orale, a dosaggi diversi (da 200 fino a 2000 mg / die), in diverse formulazioni (complesso C3, Meriva, NReINFe02 o miscela con altri estratti vegetali), con tempi diversi di somministrazione (da 2 settimane fino a 6 mesi); gli effetti terapeutici sono stati valutati utilizzando scale validate per misurare il livello di infiammazione e di mobilità e misurando i marcatori dello stress. In un primo studio clinico condotto da Deodhar et al. in pazienti con AR [46] la curcumina ha mostrato un effetto comparabile con il fenilbutazone, con miglioramenti di rigidità mattutina, gonfiore, tempi di deambulazione, senza tuttavia influenzare la forza di presa, l’indice articolare e velocità di eritrosedimentazione (VES).

Un altro studio condotto in pazienti con AR [49] comparato gli effetti della curcumina e del diclofenac, da soli e in combinazione; lo studio ha concluso che il gruppo di pazienti che riceveva entrambi i composti ha avuto il maggiore miglioramento nel Punteggio di malattia (DAS) e nel punteggio dell’American College of Rheumatology (ACR). Ad ogni modo, gli studi clinici che coinvolgono pazienti con OA sono i più numerosi e in tutti i casi sono stati osservati miglioramenti significativi su dolore, capacità motoria, su Indice di osteoartrite dell’Ontario occidentale e delle università McMaster (WOMAC), su Indice funzionale del dolore di Lequesne (LPFI), su Visual Analog Scale (VAS), su qualità della vita (QoL) e sui punteggi di Clinician Global Impression of Change (CGIC) [47,51,55].

Un altro gruppo di studi ha monitorato gli effetti della curcumina su marcatori / mediatori infiammatori e di stress nei pazienti con OA [48,50,55]. Questi studi hanno concluso che la somministrazione di curcumina ha ridotto i marker infiammatori IL-1b, IL6, ligando CD40 solubile [sCD40L], l’adesione delle molecole solubili delle cellule vascolari [sVCAM] -1 e ESR [48] e ha diminuito la secrezione dell’enzima COX-2 [50] e determinato una riduzione dei livelli dei mediatori di infiammazione coinvolti nell’infiammazione sistemica come il fattore di necrosi tumorale (TNF-a), la trasformazione del fattore di crescita b (TGFb), IL-6, la sostanza P, la sensibilità della Proteina C reattiva (hs-CRP), il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) e il monocita chemiotattico della proteina-1 (MCP-1) [55]. Un altro studio, con l’obiettivo di confermare il potenziale antinfiammatorio della somministrazione orale della curcumina, in pazienti con diabete mellito di tipo II (T2DM), ha osservato un miglioramento significativo della funzione endoteliale, di malondialdeide (MDA), ET-1, IL-6 e livelli di TNF-a nel gruppo trattato con curcumina.

Satoskar et al. [56] hanno studiato l’effetto anti-infiammatorio della curcumina rispetto al fenilbutazone o al placebo in pazienti in postoperatorio; al temine dello studio è stata osservata una riduzione del Punteggio di intensità (TIS) per l’edema del cordone spermatico e del dolore nella sede di intervento e che la curcumina aveva determinato una riduzione di tutti i parametri infiammatori. In pazienti con malattie metaboliche, la supplementazione di curcumina ha determinato una significativa riduzione dei livelli sierici di citochine (TNF-a, IL-6, TGF-b e MCP-1) [57]. Questi risultati supportano significativamente l’applicazione della curcumina nel trattamento di varie condizioni infiammatorie.

 

La Curcumina e le malattie della pelle

Numerosi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia della somministrazione di curcumina nella risoluzione dei sintomi associati alla vitiligine [58], alla psoriasi [59 e 62], al prurito [63] e nelle dermatiti indotte da radiazioni [64]. Lo studio di Asawanonda e Khalan [58] in pazienti con vitiligine ha osservato un netto miglioramento nella ripigmentazione nel gruppo che riceveva i curcuminoidi in terapia topica insieme alla terapia standard UVB (NB-UVB) a banda stretta. Per quanto riguarda la psoriasi, un disturbo infiammatorio cronico e iperproliferativo della pelle, quattro diversi studi hanno studiato gli effetti della somministrazione orale di curcumina [59,62], sotto forma di tonico [60] o unguento [61]. Il primo studio, realizzato da Heng et al. [61], ha concluso che l’unguento alla curcumina ha ridotto il PhK (protein-chinasi specifica della serin / treonina) e nei cheratinociti l’espressione del recettore della transferrina (TRR), riducendo la gravità della parakeratosi e della densità epidermica delle cellule CD8þ. In altri due studi, in cui l’effetto dell’applicazione della curcumina orale era valutato in pazienti con psoriasi, è stato osservato un basso tasso di risposta: solo due dei dodici pazienti hanno mostrato miglioramenti [62]. In altra condizione, quando combinata con steroidi topici, la curcumina, somministrata per via orale, ha ridotto l’area della psoriasi e i punteggi dell’indice di gravità (PASI) [59]. Recenti risultati riportati da Bahraini et al. [60] evidenziano che un tonico alla curcuma può migliorare i sintomi della psoriasi, misurando i punteggi di PASI e Dermatology Life Quality Index (DLQI), inoltre, uno studio di Panahi et al. [63], condotto in pazienti che soffrono di prurito cutanea indotta (senape), hanno riscontrato una marcata diminuzione dell’infiammazione dopo somministrazione orale di curcumina. In questi pazienti è stata osservata una riduzione di vari marker infiammatori (tra cui IL-8, hs-CRP e CGRP) mediamente dopo 4 settimane di assunzione di curcumina.

 

La Curcumina e le malattie degli occhi

Prove cliniche sull’effetto della curcumina in vari disturbi oftalmologici hanno dimostrato un’elevata efficacia di questo composto, se applicato localmente o sistemicamente (per via orale). L’applicazione per 15 giorni di un collirio contenente curcuma può migliorare i sintomi di congiuntivite, xerosi congiuntivale (secchezza oculare), dacriocistite acuta, condizioni degenerative (pterigio o pinguecula) anche nel postoperatorio in pazienti operati per cataratta [65]. Gli studi sui pazienti con uveite hanno dimostrato un marcato miglioramento dei sintomi in tutti i pazienti trattati [66] e una riduzione del disagio agli occhi e del numero di recidive [67] dopo assunzione orale di curcumina fino a 18 mesi. Inoltre, è stato osservato un miglioramento significativo in pazienti con corioretinopatia sierosa centrale seguente a assunzione orale di curcumina [68].

 

La Curcuma per il sistema nervoso centrale

I primi studi clinici che hanno studiato l’effetto della curcumina in pazienti con malattia di Alzheimer non hanno mostrato risultati particolarmente promettenti, poiché, dopo 6 e 12 mesi di somministrazione orale non è stata osservata alcuna differenza significativa tra il gruppo curcumina e il gruppo placebo [69,70]. Tuttavia, nello studio condotto da Baum et al. [69], è stato osservato nei pazienti trattati un marcato aumento della vitamina E nel plasma e di livelli di Ab40 nel siero; dallo studio è emerso che l’aumento dei livelli di Ab40 nel siero implica che la curcumina possa disaggregare i depositi di Ab nel cervello, portandone al conseguente rilascio in circolo [69]. Rainey-Smith et al. [71] recentemente hanno concluso che la curcumina dimostra una bassa efficacia nei confronti dei sintomi della demenza; in questi pazienti l’assunzione orale di 1500 mg / die per 12 mesi di curcumina non ha influenzato le misure cliniche né le misure cognitive degli individui trattati. Lo studio invece condotto da Hishikawa et al. [72], condotto su un numero molto modesto di soggetti AD (3 pazienti), ha osservato miglioramenti significativi nell’inventario neuropsichiatrico (NPI) somministrando per 12 settimane un trattamento con curcumina 100 mg / die. Studi più recenti condotti su nuove formulazioni che sono state ottimizzate per garantire una biodisponibilità più elevata, anche in dosi molto più basse (80 e 180 mg / die), hanno dimostrato buone attività sia acute che croniche [73,74]. Per esempio, nello studio di Cox et al. [73], un estratto brevettato di curcumina ha migliorato l’attenzione e le attività di memoria immediatamente dopo una dose singola, mentre dopo 4 settimane di somministrazione risultavano migliorate memoria, umore, prontezza e contentezza. Uno studio condotto da Burns et al. [75] nella malattia Dejerine-Sottas di tipo 3 (Dejerine-Sottas Syndrome, DSD che è una neuropatia sensitivo-motoria ereditaria Hereditary Motor and Sensory Neurophaty, HMSN, spesso descritta come sindrome di Charcot-Marie-Tooth) in un paziente, la curcumina somministrata per 12 mesi in due dosi crescenti (1500 e 2500 mg / die) ha determinato un netto miglioramento a livello del ginocchio (flessione) e della forza del piede, nonché della QoL generale mentre la forza della mano e del gomito sono diminuite e la funzionalità polmonare e le misure di disabilità degli arti superiori / inferiori sono rimaste invariate o ridotte.

 

La Curcuma per la depressione e l’ansia

L’impatto della somministrazione orale di curcumina sulla depressione è stato valutato attraverso numerosi studi clinici. In questi studi la curcumina è stata somministrata per via orale a dosi comprese tra 500 e 1000 mg al giorno, da sola [76 e 78], con piperina [57,79] o in combinazione con agenti antidepressivi standard (escitalopram, venlafaxina o fluoxetina) [80,81]. In tutti gli studi i pazienti analizzati hanno dimostrato un netto miglioramento dei sintomi correlati alla depressione, valutato utilizzando scale validate (Beck Anxiety Inventory (BAI), Beck Depression Inventory (BDI), Hamilton Scala di valutazione della depressione (HAM-D17), Scal dell’ansia della depressione opedaliera, Depression Scale (HADS), Beck Depression Inventory II (BDI-II), punteggio totale IDS-SR30 e punteggio IDS-SR30). Tra questi studi l’unica eccezione è stato quello di Esmaily et al. [79], in cui la somministrazione di curcumina riduceva l’ansia, ma non la depressione, probabilmente come conseguenza di un tempo di somministrazione più breve (30 giorni contro 5 e 8 settimane in altri studi). In due studi aggiuntivi, insieme alla scala dei sintomi sono stati misurati i parametri di stress del sangue ed altri biomarcatori clinici; da questi studi è emerso che nel gruppo trattato la curcumina ha ridotto i livelli di IL-1b e TNFa, aumentato i livelli di BDNF plasmatico e indotto una riduzione dei livelli di cortisolo salivare [78], mentre Lopresti et al. [76] hanno osservato un aumento significativo del trombossano urinario B2, della sostanza P, dell’endotelina-1 plasmatica al basale e della leptina, che sono considerati marcatori molecolari cruciali che possono essere correlati al meccanismo d’azione antidepressivo della curcumina.

 

La Curcumina per le malattie respiratorie

La curcumina è sempre più studiata per scopi clinici e scopi immunologici. Uno studio condotto da Zuccotti et al. [82], ha concluso che l’impatto della supplementazione orale di curcumina insieme alla lattoferrina, in bambini sani con infezioni ricorrenti del tratto respiratorio, offre effetti benefici, poiché, nei bambini trattati, è stata osservata una modulazione significativa della risposta immunitaria [82].

 

La Curcumina per la protezione cardiovascolare

Un numero crescente di studi clinici ha dimostrato l’efficacia cardioprotettiva dell’assunzione di curcumina, principalmente attribuita ai suoi effetti anti-iperlipidemici e anti-aterosclerotici. Questi studi hanno evidenziato che la somministrazione orale di curcumina, a dosi che variano da 20 a 4000 mg, mostrano effetti benefici per i parametri del profilo lipidico nel sangue e dello stato antiossidante [83 e 91] come anche per l’indice di massa corporea totale (BMI) e il contenuto di grassi [92]. In questi studi sull’uomo, è stato concluso che l’integrazione di curcumina influisce positivamente sul colesterolo totale (TC), colesterolo LDL-C, rapporto TC / HDL-C, apolipoproteina B (Apo B), trigliceridi (TG), colesterolo lipoproteico ad alta densità (non HDL-C), lipoproteina A (Lp (a)), Cu / Zn sierico, fibrinogeno plasmatico(PF), bilancio dei lipidi sierici dei perossidi (SLP),siero pro-ossidante antiossidante (PAB). In questi studi sono stati osservati aumenti significativi dei parametri sierici benefici, come il colesterolo ad alta densità (HDL-C) e l’apolipoproteina A (Apo A). È interessante notare che, in uno studio, che somministrava dosi inferiori di curcumina, è emerso che si otteneva un effetto migliore su vari parametri lipidici, mentre dosi più elevate mostravano di essere meno efficienti [83]. Questi dati potrebbe essere una conferma del risultati riportati da Baum et al. [84], che hanno concluso che la curcumina, a 4000 mg / die per 6 mesi, influenzava solo i livelli dei TG ma non modificava altri parametri metabolici, come TC, HDL-C e LDL-C. Risultati simili sono stati osservati da Mohammadi et al. [88], dove in pazienti obesi, 1 mese di supplementazione di curcumina induceva solo variazioni dei livelli di TG. I dati più recenti suggeriscono che la curcumina ha migliori effetti cardioprotettivi quando applicata in combinazione con fitosteroli [86]. In particolare in uno studio clinico condotto da Amin et al. [93], è stato dimostrato che la curcumina è più efficace in combinazione;  in pazienti con sindrome metabolica è stato somministrato Cumino nero da solo, Curcuma da sola o la loro combinazione per 8 settimane. Dopo un periodo di 4 e 8 settimane sono stati misurati BMI, percentuale di grasso corporeo (BF%), circonferenza della vita (WC), circonferenza dell’anca (HC), pressione sanguigna (BP), profilo lipidico (colesterolo, HDL-C, LDL-C e TG), glicemia a digiuno (FBG), livelli di proteine ​​c reattive (CRP). Se applicato da sola, la curcuma migliorava BMI, WC e BF% dopo 4 settimane, mentre dopo 8 settimane di somministrazione, è stata osservata una significativa riduzione dei livelli di LDL-C e CRP. Tuttavia quando la Curcuma veniva somministrata in combinazione con Cumino nero, ma a dosi inferiori, dopo 8 settimane, veniva osservato un netto miglioramento di tutti i parametri della sindrome metabolica: BF%, FBG, colesterolo, TG, LDL-C, con una riduzione dei livelli di CRP e un aumento dei livelli di HDL-C.

 

La Curcuma per le malattie gastro-intestinali

Attualmente sono disponibili numerosi studi clinici sugli effetti della Curcuma in pazienti con malattia infiammatoria intestinale, sindrome dell’intestino irritabile e in quelli con ulcere, infezioni da Helicobacter pylori e persino pancreatite. Gli studi sull’uomo che valutano gli effetti della curcumina sulla pancreatite sono comunque molto scarsi. In un unico studio, in pazienti con pancreatite tropicale, la curcumina (500 mg) combinata con la piperina ha portato a una significativa riduzione dei livelli di malondialdeide eritrocitaria (MDA), un indicatore diretto dell’attività antiossidante della curcumina [94] mentre nello studio non sono stati osservati punteggi di valutazione del dolore e di livelli di glutatione (GSH) diversi dal gruppo placebo. Gli effetti della curcumina sulla cistifellea sono stati studiati in due diversi studi che hanno arruolato soggetti sani, in cui 20 e 80 mg di curcumina sono stati somministrati in dose singola e successivamente la cistifellea è stata esaminata con una tecnica ad ultrasuoni. È stato osservato che fino a 2 ore dopo la somministrazione di una singola dose di curcumina, le dimensioni della cistifellea si sono ridotte in modo dose-dipendente [95,96]. In pazienti con discinesia biliare, Cholagogum F è risultato superiore a Curcumina (rispetto a placebo) inducendo una riduzione più rapida di “dumpy e colicky pain” [97]. Per quanto riguarda la Curcumina e le malattie infiammatorie intestinali, diversi studi sono stati fatti su pazienti con malattia di Crohn, colite ulcerosa e proctite ulcerosa [98 e 100]. Holt et al. [100] hanno studiato l’effetto della Curcumina per via orale in due dosi crescenti su pazienti con proctite ulcerosa e morbo di Crohn; lo studio ha concluso che i pazienti con proctite ulcerosa che hanno consumato curcumina per 2 mesi evidenziavano una diminuzione dei marcatori infiammatori, vale a dire CRP e tasso di sedimentazione eritrocitaria (ESR). I pazienti con malattia di Crohn mostravano una riduzione dell’indice di attività della malattia di Crohn (CDAI), CRP ed ESR. Lo studio condotto su pazienti con colite ulcerosa ha mostrato che la somministrazione orale di curcumina (1 e 3 g), in associazione con sulfasalazina o mesalamina per 6 mesi, portava a una significativa riduzione del tasso di recidiva [98] nei pazienti trattati. Infine, un recente studio condotto da Lang et al. [99] ha dimostrato che i pazienti con colite ulcerosa, che hanno ricevuto curcumina (3 g) per 1 mese, ha avuto risultati molto buoni rispetto al gruppo placebo. In effetti, nel gruppo con curcumina, il 53,8% ha ottenuto risultati clinici di remissione alla settimana 4 vs lo o% nel gruppo placebo, mentre la risposta clinica è stata raggiunta dal 65,3% nel gruppo curcumina contro il 12,5% nel placebo gruppo, inoltre, nel 38% dei soggetti trattati con curcumina è stata osservata remissione endoscopica, a differenza di nessuno nei pazienti del gruppo placebo. Ulteriori studi clinici hanno anche dimostrato che, in soggetti sani che consumavano estratto di curcuma, i sintomi della sindrome dell’intestino irritabile erano nettamente migliorati [101] così come è stato osservato un significativo miglioramento della motilità dell’intestino e della flora microbica intestinale dopo il consumo di un pasto contenente miscela di curry [102]. Altri modelli di studio evidenziano che la curcumina esercita una significativa efficienza contro l’infezione da H. pylori, ed in particolare una somministrazione orale di 30 mg la curcumina in associazione con lattoferrina (100 mg), N-acetilcisteina (600 mg) e pantoprazolo (20 mg), per solo 1 settimana, ha determinato una riduzione della gravità generale dei sintomi, dell’infiammazione e nel 12% dei casi è stato osservato un recupero completo [103]. Tuttavia, la sola curcumina, somministrata per 4 settimane a 2100 mg / die, determina un livello relativamente basso di eradicazione ed effetti limitati sulla produzione citochine infiammatorie [104]. La curcumina ha dimostrato inoltre di essere efficace nel trattamento di ulcere gastriche, erosioni e dispepsia [105,106]: la curcumina (a 1 e 3 g / giorno) somministrata fino a 12 settimane, ha determinato una riduzione (o l’eliminazione) di ulcere ed erosioni con una marcata diminuzione di dolore e di disagio addominali.

 

La Curcumina e le malattie del fegato

Il primo studio che ha valutato gli effetti epatoprotettivi della curcumina è stato condotto in pazienti con tubercolosi, concentrandosi sulla sua capacità di prevenire l’epatotossicità del trattamento anti-tubercolosi (ATT); nello studio è emerso che nel gruppo non trattato con Curcumina veniva osservato nel fegato un aumento di aspartato transaminasi (AST), alanina transaminasi (ALT) e concentrazioni di bilirubina mentre nel gruppo trattato con Curcumina questi valori raggruppati rimanevano invariati, inoltre veniva osservato un significativo aumento di peso e una diminuzione della velocità di eritrosedimentazione. [107] Gli effetti epatoprotettivi di curcumina sono stati anche confermati in seguito, nello studio condotto da Kim et al. [108], che hanno studiato gli effetti della polvere di curcuma fermentata, somministrata in soggetti con elevati livelli di ALT. Nello studio sono stati misurati gli effetti della polvere di curcuma fermentata su ALT, AST, gamma-glutamil transferasi (GGT), bilirubina totale (TB) ed i livelli e i profili lipidici. Nel gruppo trattato con polvere di curcuma fermentata è stata osservata una riduzione significativa dei livelli di ALT e AST dopo 12 settimane di trattamento. Considerando altri parametri, i livelli di GGT hanno mostrato una tendenza a diminuire, mentre i profili sierici di fosfatasi alcalina (ALP), TB e i livelli di lipidi sono rimasti relativamente invariati. In pazienti con epatopatia adiposa non alcolica (NAFLD), una condizione epatica cronica caratterizzato da accumulo di lipidi neutri nelle cellule del fegato, la curcumina ha anche mostrato promettenti potenziali. Rahmani et al. [109] hanno riportato un miglioramento dello stato del profilo lipidico e una riduzione significativa dei livelli di AST e ALT, nonché del peso corporeo e di BMI e, allo stesso tempo, hanno osservato un migliorato dei risultati ecografici del fegato in pazienti con NAFLD che ricevevano un’integrazione di curcumina.

 

La curcumina nelle malattie del tratto genito-urinario

La curcumina dimostra un’interessante capacità di miglioramento sintomi di varie condizioni genito-urinarie, tuttavia solo un numero limitato di studi clinici ha studiato il ruolo della curcumina nel trattamento di malattie renali. Nel 2005, Shoskes et al. [110] hanno dimostrato gli effetti benefici della supplementazione di curcumina in funzione del trapianto in pazienti dipendenti dalla dialisi e dopo il trapianto renale. Lo studio ha evidenziato che la curcumina ha migliorato la funzione di innesto precoce (EGF), ha abbassato la creatinina sierica (SC) e ha ridotto il tremore e l’incidenza acuta di rigetto mentre effetti sull’innesto ritardato (DGF) non venivano osservati nei gruppi trattati con curcumina ad alte dosi. In pazienti con nefrite, nel Lupus, la curcumina ha ridotto significativamente la proteinuria in confronto con il gruppo di controllo [111], come osservato anche in pazienti con nefropatia diabetica [112]. Jimenez-Osorio et al. [113] hanno scoperto che la curcumina è stata in grado di attenuare la perossidazione lipidica in soggetti con malattia renale cronica proteinurica non diabetica (NDP-CKD) e di migliorare la capacità antiossidante nei soggetti diabetici con malattia renale cronica proteinurica (DP-CKD), tuttavia senza osservare effetti significativi dei miglioramento della proteinuria, della velocità di filtrazione glomerulare o del profilo dei lipidi. In pazienti con prostatite cronica, la somministrazione orale di prulifloxacina combinata con Serenoa repens, Urtica dioica, quercetina e compresse di estratti di curcumina hanno avuto un effetto positivo sui punteggi QoL dei pazienti trattati. Inoltre, dopo 6 mesi di trattamento, nessuno dei pazienti ha manifestato recidiva della malattia, cosa che non è avvenuta il gruppo ha trattato solo con antibiotici [114]. Un altro studio in pazienti con prostatite cronica / sindrome da dolore pelvico cronico di tipo III, ha mostrato risultati molto promettenti, combinando curcumina ed estratti di calendula attraverso somministrazione in forma di supposte rettali. Gli autori hanno riscontrato un netto miglioramento, nei pazienti, del punteggio dei sintomi misurati come riduzione totale degli indici NIH- CPSI (National Institutes of Health Chronic Prostatitis Symptom Index). Le supposte, somministrate per 1 mese rispetto al gruppo placebo, hanno anche mostrato un’alta efficacia in termini di sollievo dal dolore, sintomi sullo svuotamento e flusso urinario.[115]

 

La Curcumina per i disturbi metabolici

È noto che la Malattia Diabetica di Tipo II (T2DM) rappresenta una condizione in cui il corpo non è in grado di rispondere correttamente all’insulina prodotta. Questa condizione è altamente correlata con la produzione di citochine infiammatorie e stress ossidativo; quindi, per gli effetti anti-infiammatori e antiossidanti della curcumina, questa potrebbe essere un efficace agente terapeutico. L’opzione di usare la curcumina nel trattamento di questa condizione è stata studiata inzialmente da Srinivasan [116] che ha scoperto che 5 g di polvere di curcuma erano in grado di ridurre la glicemia in un paziente con diagnosi di T2DM. Studi più recenti e molto numerosi hanno poi confermato questi risultati. Wickenberg et al. [117] hanno condotto uno studio interessante per studiare gli effetti di C. longa sul glucosio plasmatico postprandiale, i livelli di insulina e l’indice glicemico (IG) in soggetti sani. Dopo una singola dose (6 g) di curcuma presi insieme con il test OGTT, non sono stati osservati cambiamenti in entrambi i livelli di glucosio o GI, ma sono stati registrati cambiamenti significativi sui livelli di insulina, suggerendo che la curcuma influisce sulla secrezione della stessa. In pazienti prediabetici, l’assunzione di 1500 mg / die di curcumina porta a un miglioramento della funzione generale delle cellule Beta e, aspetto ancora più importante, nessuno dei soggetti gruppo trattato con curcumina è giunto a diagnosi di T2DM [92]. In un altro studio, l’integrazione di curcuminoidi ha ridotto significativamente la glicemia a digiuno (FBG), il test dell’emoglobina A1c (HbA1c) e l’indice di insulino-resistenza (HOMAIR), gli acidi grassi liberi sierici totali (FFA) e i TG, con un aumento dell’attività delle ​LPL in pazienti T2DM [118]. Risultati molto simili sono stati raggiunti da Selvi et al. [119] in uno studio nel quale, in pazienti che ricevevano curcumina orale combinata con la terapia standard con metformina, si osservava una diminuzione di FBG, insieme a un migliore stato antiossidante e dei marcatori infiammatori. Rahimi et al. [120] hanno poi concluso che la somministrazione di nanocurcumina per 3 mesi ha ridotto i profili HbA1c, FBG e lipidici in pazienti T2DM. Inoltre, gli autori hanno scoperto che la curcumina rappresenta una integrazione molto utile, durante la terapia di T2DM con gliburide, grazie alla sua attività inibitoria sulla glicoproteina (P-gp), con conseguente aumento della biodisponibilità della gliburide [121]. Dal momento che i pazienti in questo studio hanno mostrato un miglioramento del glucosio nel sangue e del profilo dei livelli di lipidi dopo 10 giorni di trattamento con curcumina, è chiaro che questo approccio può essere molto utile per i pazienti diabetici in terapia con gliburide.

 

La Curcumina per l’obesità

Da studi farmacologici e pre-clinici emergono risultati promettenti della curcumina nel migliorare lo stato lipidico e la massa grassa negli individui trattati costituendo la base per gli studi sui pazienti obesi, tuttavia solo un limitato numero di studi clinici hanno riportato effetti della curcumina sull’obesità. Un primo studio ha valutato l’effetto dell’integrazione orale di curcumina su parametri del profilo lipidico, BMI e sui livelli di glucosio in individui obesi; i risultati hanno dimostrato cambiamenti significativi solo nei livelli di TG, mentre gli altri parametri sono rimasti invariati dopo 30 giorni di somministrazione di curcumina [88]. Nieman et al. [122] hanno concluso che la supplementazione di 4 settimane con curcuma, alla dose di 2,8 g / giorno, non produceva effetti sullo stress ossidativo o sui i parametri infiammatori a livello dell’infiammazione sistemica in donne in sovrappeso / obese, e non induceva un significativo spostamento del profilo metabolico globale. Sebbene gli studi citati non mostrino risultati incoraggianti, risultati più recenti mostrerebbero maggiori effetti positivi della curcumina sul peso corporeo e sul BMI. Dopo un mese di somministrazione orale di curcumina (di 1,6 g / die sotto forma di fitosoma in combinazione con piperina 8 mg), sono stati osservati miglioramenti significativi su BMI, grasso corporeo e misure corporee [123]. Risultati simili su BMI e riduzione del peso erano stati riportati anche nello studio di Rahmani et al. [109], che ha studiato questi parametri in pazienti NAFLD. A questi risultati si aggiunge anche quanto riportato sulla somministrazione orale di curcumina che potrebbe modulare la risposta immunitaria in individui obesi influenzando le concentrazioni circolanti di IL-1b, IL-4, e VEGF [124].

 

Curcumina e la talassemia

La talassemia è un disturbo ereditario comune che porta allo squilibrio del rapporto di accoppiamento dei due tipi di globine che compongono l’emoglobina. In questa condizione, il gruppo eme è separato dalla globina con generazione di radicali liberi correlati a fenomeni di emolisi periferica, apoptosi prematura e anemia [125]. Alla luce del suo potenziale antiossidante la curcumina potrebbe essere utilizzata per il miglioramento dello stress ossidativo in questi pazienti. Kalpravidh et al. [125] hanno studiato l’effetto della curcumina orale sullo stato ossidativo in pazienti con b-thalessemia / HbE. Dopo 12 mesi di somministrazione la curcumina non ha avuto nessun effetto sui parametri ematologici, così come sui test di funzionalità epatica e renale e sui profili lipidici. Tuttavia, la curcumina ha ridotto la metaemoglobina (MHb), la superossido dismutasi (SOD),la MDA (Globuli rossi), la glutatione perossidasi (GSH-Px), la ferritina sierica e il ferro non legato alla transferrina (NTBI), mentre ha aumentato i livelli di glutatione (GSH); tutti questi effetti implicano una riduzione, in questi pazienti, dello stress ossidativo. Nello stesso tipo di pazienti (b-talassemia / HbE), un cocktail antiossidante contenente curcumina, nacetilcisteina e deferiprone ha migliorato l’anemia, lo stress ossidativo, il sovraccarico di ferro e lo stato di ipercoagulabilità, come riportato da Yanpanitch et al. [126]. In un altro studio, ma su un numero maggiore di pazienti con talassemia b, 12 settimane di assunzione orale di curcumina ha determinato una pronunciata riduzione dei livelli sierici di MDA, bilirubina totale e evidenziato un aumento della diretta capacità totale degli antiossidanti [127]. Un altro recente studio ha concluso che l’integrazione orale di curcumina per 12 settimane in pazienti con b-talassemia, influiva positivamente sul sovraccarico di ferro, il livello di epcidina e sulla funzionalità epatica, alleviando il sovraccarico di ferro e la disfunzione epatica e riducendo i livelli di NTBI, ALT e AST [128].

 

La Curcumina e la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS)

Un solo studio su pazienti con AIDS ha valutato gli effetti specifici della curcumina, in somministrazione ad alte e basse dosi, concludendo che la curcumina non influenzerebbe la carica virale e la conta CD4 [129].

 

La Curcumina per neutralizzare le tossine

Le proprietà antiossidanti della curcumina hanno portato a studi clinici sulla sua efficacia contro la genotossicità in particolare per esposizione all’arsenico [130,131]. Volontari esposti all’arsenico e che ricevono 1000 mg curcumina / giorno hanno mostrato una riduzione del danno al DNA nei linfociti, come anche una riduzione dei livelli di ROS e della perossidazione lipidica [130]; analogamente gli effetti della curcumina sulla prevenzione dello stress ossidativo indotto dall’arsenico e sulla capacità riparativa della curcumina grazie ad effetti di induzione enzimatica sono stati studiati da Roy et al. sulla popolazione esposta all’arsenico nel Bengala Occidentale [131]; in questo studio i risultati suggerirebbero che la curcumina sia stata in grado di sopprimere i livelli di 8-idrossi-20-desossiguanosina e di OGG1 (la proteina essenzialmente coinvolta nella demetilazione del DNA indotta da stress ossidativo) e di aumentare l’espressione degli enzimi riparatori del DNA. Sasaki et al. [131] ha studiato gli effetti di un estratto brevettato di curcumina (dopo 30, 60, 120 e 180 minuti dall’assunzione di etanolo) sui livelli di etanolo nel sangue e sui livelli di acetaldeide nel sangue; i risultati hanno mostrato concentrazioni plasmatiche inferiori di acetaldeide nei soggetti che avevano assunto la curcumina rispetto a quelli che hanno assunto solo acqua minerale (placebo) mentre per l’etanolo, entrambi i gruppi hanno mostrato risultati simili, pertanto, alla luce di questi fatti, la curcumina avrebbe potenziale di primo piano nel ridurre l’intossicazione da alcol.

 

La Curcumina e il trattamento del cancro

Sono stati condotti numerosi studi clinici per valutare gli effetti benefici della curcumina in pazienti oncologici. È stato confermato che può contribuire al sollievo sintomatico, nonché migliorare i marcatori tumorali e altri parametri di varie condizioni tumorali, tra cui lesioni cutanee, mieloma multiplo, tumori di testa, collo, orbitali, cerebrali, polmonari, al seno, di prostata, di colon, di colon-retto. Nei pazienti con lesioni cutanee cancerose e precancerose, nelle fibrosi della sottomucosa orale e nella leucoplachia orale, la curcumina è stata applicata sotto forma di capsule o unguento [134 e 138]. Nella maggior parte degli studi, l’applicazione di olio di curcuma o di un estratto ha determinato sollievo sintomatico e migliorato lo stato delle lesioni istologiche. Se applicata in pazienti con mieloma, la somministrazione orale di curcumina (1 e 12 g / giorno) ha portato a riduzione della paraproteina e del N-telopeptide urinario e una evidente influenza sulla sotto regolazione dell’espressione dei livelli di collagene e di NF-ƙB, STAT3 e COX-2 [139,140]. Inoltre, in pazienti con pseudo tumori orbitali, carcinoma squamoso di testa e collo, seno, polmone e prostata, l’applicazione della curcumina ha dimostrato effetti benefici, tra cui la riduzione dei marker tumorali, così come una diminuzione dei mutageni secreti [141 e 145]. Tuttavia, sebbene la curcumina abbia migliorato la qualità della vita ed i marcatori tumorali, nonché le citochine sieriche e l’espressione di NF-ƙB, COX2 e pSTAT3, evidenzia un effetto limitato in pazienti con carcinoma pancreatico, che potrebbe essere correlato al fatto che questi pazienti sono in una fase avanzata della malattia [146 e 149]. Infine, nei pazienti con carcinoma del colon-retto, l’assunzione di curcumina, principalmente sotto forma di complesso C3, ha portato a una marcata riduzione di M1-G e dei livelli sierici di TNF-a, oltre ad una riduzione del numero e delle dimensioni dei polipi e dei focolai e un aumento del numero di cellule apoptotiche tumorali, p53, Bax e l’ espressione Bls-2 [150 e 155].

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[159] Sharma RA, et al Phase I clinical trial of oral curcumin: biomarkers of systemic activity and compliance. Clin Cancer Res. (2004)
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[161] G. Shoba, D. Joy, T. Joseph, M. Majeed, R. Rajenfran, P. S. Srinivas, Influence of piperine on the pharmacokinetics of curcumin in animals and human volunteers., in Planta Med., vol. 64, nº 4, 1998, pp. 353–6, DOI:10.1055/s-2006-957450);

 


European Journal of Medicinal Chemistry 163 (2019) 527-545

The therapeutic potential of curcumin: A review of clinical trials 

Bahare Salehi a, Zorica Stojanovic-Radic b, *, Jelena Matejic c, Mehdi Sharifi-Rad d, **, Nanjangud V. Anil Kumar e, Natalia Martins f, g, ***, Javad Sharifi-Rad h, i, ****

Author information:

a Bam University of Medical Sciences, Bam, Iran
b Department of Biology and Ecology, Faculty of Sciences and Mathematics, University of Ni s, Vi segradska 33, 18000, Ni s, Serbia
c Department of Pharmacy, Faculty of Medicine, University of Ni s, Boulevard Dr Zorana ÐinCica 81, 18000, Ni s, Serbia
d Department of Medical Parasitology, Zabol University of Medical Sciences, Zabol, 61663-335, Iran
e Department of Chemistry, Manipal Institute of Technology, Manipal Academy of Higher Education, Manipal, 576104, India
f Faculty of Medicine, University of Porto, Alameda Prof. Hern^ani Monteiro, Porto, 4200-319, Portugal
g Institute for Research and Innovation in Health (i3S), University of Porto, Porto, 4200-135, Portugal
h Phytochemistry Research Center, Shahid Beheshti University of Medical Sciences, Tehran, 11369, Iran
i Department of Chemistry, Richardson College for the Environmental Science Complex, The University of Winnipeg, Winnipeg, MB, R3B 2G3, Canada

Abstract

Curcuma longa L., its derived extracts and even its major compound curcumin has a long history of use and doubtless effectiveness, reported through increasingly detailed in vitro, ex vivo, in vivo and even clinical trials. Regarding its biological effects, multiple health-promoting, disease-preventing and even treatment attributes has been remarkably highlighted. Clinical trials, although have increased in a progressive manner, significant disproportionalities have been stated in terms of biological effects assessment.

In this sense, the present report aims to provide an extensive overview to curcumin therapeutic effects in human subjects. For that, clinical trials assessing the curcumin effect on inflammation, skin, eye, central nervous system, respiratory, cardiovascular, gastrointestinal, urogenital and metabolic disorders are here presented and discussed. A special emphasis was also given to curcumin activity on intoxications and multiple malignant diseases.

 

© 2018 Published by Elsevier Masson SAS.
ISSN‎: ‎0009-4374 (print); 0223-5234 (web)

 

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Newsletter Ayurveda nr. 61 – Maggio 2020

Newsletter n° «61»

Maggio 2020

Anu taila e Pratimarsha Nasya: prevenzione e protezione quotidiane in “COVID-19 age”.

 

Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences (ISSN 2456-3110) 5.2 (2020): 92-108. 

“AYURVEDIC PREVENTIVE AND CURATIVE PROTOCOL FOR COVID 19-A PROPOSAL.”  

Kar, Sarbeswar, et al.

 

La newsletter

La recente pandemia di COVID-19 ha stimolato la scienza medica in tutto il mondo a ricercare approcci efficaci per la cura e la prevenzione della patologia e in questo contesto l’Ayurveda ha contribuito significativamente con la proposta di protocolli specifici, basati sulle sue antiche conoscenze, che si sono dimostrati concreti e straordinariamente attuali.

In questa newsletter riportiamo la sintesi di alcune parti di un recentissimo articolo (maggio 2020), pubblicato da “Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences”, che propone i razionali di un protocollo specifico ayurvedico per la prevenzione e la gestione sintomatologica di COVID-19 chiarendone obiettivi e strategie. L’articolo risulta di particolare interesse poiché tratteggia la visione in chiave Ayurvedica di COVID-19 ed offre una completa panoramica delle preparazioni medicamentose tradizionali ayurvediche e degli interventi terapeutici che più si dimostrano utili nel trattamento sintomatologico e nella prevenzione di COVID-19.

Tra le strategie preventive citate nel protocollo viene fatto espressamente riferimento espressamente all’utilità di “Pratimarsha Nasya” così come anche riportato da un altro recentissimo articolo (maggio 2020, non ancora pubblicato: Balkrishna Acharya. Patanjali Research Institute (Panchayanpur, Uttarakhand-India). “Indian Traditional Ayurvedic Treatment Regime For Novel Coronavirus, COVID-19.” [68], che propone un altro protocollo di gestione ayurvedica di COVID-19.

Nella Newsletter viene quindi trattato per esteso lo specifico razionale protettivo e terapeutico di “Pratimarsha Nasya”, in particolare con Anu taila, suggerendo spunti di comprensione sui motivi per i quali queste procedura tradizionale ayurvedica si dimostri un attuale e concreto strumento per “finalità protettive” che rappresenteranno, ancora per molti mesi, una generale necessità con cui convivere.

 

L’Ayurveda e COVID-19 [1]

COVID-19 è una malattia causata dal “Novel Corona Virus 2”, chiamata Sindrome Acuta Respiratoria da Corona Virus -2 (SARS CoV 2), che è stata segnalata per la prima volta nella città di Wuhan, in Cina, il 31 dicembre 2019. La malattia è stata dichiarata pandemia dall’OMS l’11 marzo 2020, poiché è stata confermata la sua presenza in tutti i continenti tranne che in Antartide. [2]

Secondo gli Autori dello studio l’Ayurveda considera SARS COV 2 come Janapadodhwamsa Vikara (patologia endemica/epidemica) [3] classificata come Bhutabhishangaja Aagantuja Vikaara (patologia di natura infettiva) con riferimento specifico a Aupasargika (malattie causate da infezione) e Sankramika (malattie contagiose). [4] Il prefisso “Bhuta” nella parola “Bhutabhishangaja” in Ayurveda ha anche il significato di Visha (veleno) come il termine virus che, nella sua origine latina, significa veleno. Come noto il virus è stato ricondotto, per la sua origine, ad animali come il pipistrello (ospite primario), il serpente (ospite intermedio) e ad altri animali (pangolini) e secondo Acharya Sushruta, tutti questi ospiti sono accomunati dallo stesso Yoni cioè dalla stessa natura biologica originaria. [5] Considerando tutti i fattori associati a COVID-19, la malattia può essere considerata come una Sannipata Jwara (febbre derivante da sbilanciamento multiplo di tutti e tre i dosha) con predominanza di Kapha e Pitta ed è interessante notare come i segni e i sintomi osservati in questa condizione patologica siano abbastanza simili ai segni e ai sintomi degli avvelenamenti o infezioni di origine animale (Jangama Visha Lakshana) riconducibili, come origine (Yoni), a Jatuka (Pipistrello), Sarpa (Serpente) e Shallaka (pangolino). [6]

In Ayurveda quindi, COVID-19 viene letto concettualmente come Janapadodhwamsa (malattia trasmissibile epidemica), Aupasargika Roga (malattia provocata da infezione) e Sankramika Roga (malattia contagiosa) [7] riconducendosi a tutti e tre i tipi di causalità della malattia: Aadi Daivika (appartenenti al daiva o al destino e/o a forze invisibili e divinità), Adibhoutika (appartenenti alla bhuta o agli esseri viventi) e Adhyatmika (relativa a corpo e mente). Di conseguenza, a causa della sua origine, sia le misure curative che preventive di COVID-19 includono necessariamente tutti e tre i principi dei protocolli di trattamento, vale a dire: Daivavapashraya, Satvavajaya e Yukti Vyapashraya nel loro insieme.

Nelle recenti pubblicazioni su COVID-19 (Lancet, gennaio 2020) [8] viene riportato che il 98% dei pazienti aveva febbre da lieve a moderata (Jwaram), il 76% aveva tosse (Kaasam) e il 44% aveva mialgia (Angamardam) e affaticamento (Tandra). Tra i pazienti che hanno sviluppato polmonite, il 99% aveva la febbre (Jwaram), il 70% aveva affaticamento (Tandra), il 59% tosse secca (Vaatika Kaasam), il 40% aveva anoressia (Aruchi), il 35% aveva mialgia (Angamardam), il 31% dispnea (Swaasam) e il 27% produceva espettorato (Kaphaja Kaasam). [9]

Secondo l’Agada Tantra (branca della tossicologia e medicina legale dell’Ayurveda), Stavara Visha (veleno/farmaco di origine vegetale e minerale) è un antidoto per Jangama Visha (veleno animale) e viceversa. [1]

La patologia (Bhutabhishanga janya – Jangama Visha) si caratterizza per una progressione rapida, colpendo progressivamente i tessuti (Uttarottaradhatu) e Ojas, rappresentando una grande minaccia per gli organi vitali, quindi i principi del trattamento dovrebbero essere multidimensionali e conseguentemente per questi motivi la scelta dei farmaci (preparazioni singole e polierbali e/o minerali) dovrebbe essere Kapha Pittahara, Tridoshahara, Rakta Prasadaka / Shodhak, Agada (Vishahara), Jwarahara, Ashukaari, Bahukalpa Rasayana / Urjaskara (farmaci con proprietà immunitarie) con potenti attività antinfettive. [1]

Nello studio proposto, attraverso una revisione dettagliata dei testi classici ayurvedici, sono stati presi in considerazione i molti preparati medicamentosi e polierbali che possiedono attività di cui sopra e che possono essere utilizzati come misura profilattica e curativa; lo studio propone inoltre l’inquadramento ayurvedico degli aspetti di Samprapti (patogenesi), profilattici e curativi in COVID-19. [1]

__________________References__________________

1. Kar, Sarbeswar, et al. “Ayurvedic Preventive and Curative Protocol for COVID 19-A Proposal.” Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences (ISSN 2456-3110) 5.2 (2020): 92-108.
2. www.emedicine.medscape.com.
3. Vagbhatta, Astanga Hrudaya, with Hemadri and Arunadutta. Sutra sthaanam, 12/66 edited by Pt. Hari Sadashiva Shastri Paradakara, Reprint ed. Chaukhambha Surabharati Prakashana, Varanasi, 2007.
4. Agnivesha, Charaka, Dridhabala, Charaka Samhita, Vimaana Sthaanam 3/5, edited by Vaidya Jadavaji Trikamji Aacharya, Reprint ed. Chaukhambha Surabharati Prakashana, Varanasi, 2005.
5. Agnivesha, Charaka, Dridhabala, Charaka Samhita, Vimaana Sthaanam 3/5, edited by Vaidya Jadavaji Trikamji Aacharya, Reprint ed. Chaukhambha Surabharati Prakashana, Varanasi, 2005.
6. Sushruta, Dalhana, Gayadasacharya, Sushruta Samhita, Nidana Sthana 5/12, edited by Vaidya Jadavaji Trikamji Aacharya, Reprint ed. Chaukhambha Surabharati Prakashana, Varanasi, 2008.
7. Sushruta, Dalhana, Gayadasacharya, Sushruta Samhita, Kalpa Sthana 8/19-22, edited by Vaidya Jadavaji Trikamji Aacharya, Reprint ed. Chaukhambha Surabharati Prakashana, Varanasi, 2008.
8. Huang C et al, Clinical features of patients infected with 2019 novel corona virus in Wuhan city, China, Lancet, January2020
9. Agnivesha, Charaka, Dridhabala, Charaka Samhita, Cikitsaa Sthaanam 3/114, edited by Vaidya Jadavaji Trikamji Aacharya, Reprint ed. Chaukhambha Surabharati Prakashana, Varanasi, 2005

____________________________________________ 

 

Prospettiva ayurvedica di COVID-19 [10] 

L’Ayurveda affronta una nuova malattia, per il suo studio, con un approccio basato su “tre punti” e cioè:

1) la storia naturale della malattia (Vikaara Prakrti)

2) il sito del processo patologico (Adhishthana)

3) le caratteristiche eziologiche (Samuthaana Vishesha), coerentemente con le linee del Trisutra Ayurvedico. [11]

La patogenesi della malattia (Samprapti Ghataka) viene come di seguito inquadrata:

Dosha: Kapha- Vata-Pitta; Dushya: Rasa e altri Dhatus nelle fasi successive; Vyadhi Swabhava: Ashukari (proprio dei farmaci che entrano istantaneamente nella circolazione sanguigna cioè agiscono in somministrazione acuta); Srotas: Pranavaha Srotas e altri Srotas; Sroto Dushti Prakara: Vimarga Gamana, Sanga, Atipravritti; Agni: Vishamagni; Adhishthana: Pranavaha Srotas e successivamente Sarva Shareera; Vikara Prakruti: Daaruna; Sadhyaasadhyata: Saadhya nelle fasi di Sanchaya e Prakopa e Krichra Sadhya nelle fasi di Prasara e Sthana Samshraya; Pranopaghataka nella fase di Bheda, specialmente nei casi di persone anziane con fattori di co morbilità esistenti e Alpa Rogi Bala.

Le fasi cliniche identificate [10] sono:

Bhutabhishanga (Jangama Visha): ingresso del patogeno attraverso l’oro-faringe e/o naso faringe Fase 1 – Sanchaya e Prakopa Avastha: Coinvolgimento di Tridosha in Pranavaha Srotas in naso-faringe, seni paranasali – tratto respiratorio superiore [con sintomi da lievi a moderati come starnuti, tosse, febbre, malessere] Fase 2 – Prasara e Sthanasamshraya Avastha: (tutti i Dosha influenzano l’intero Pranavaha Srotas) [con sintomi aggravati] Fase 3 – Vyakta Avastha in Pranavaha Srotas e successivamente Sarvashareera (Tandra lakshana, Dhatupaaka, Dhatugata Jwara Lakshana ecc.) Fase 4Bheda Avastha: coinvolgimento di tutti i Dosha che interessano Sarvashareera (Upadrava Laskshanas – Shwasa, Moha, Sanjanaasha, Atisaara)

L’analisi della patogenesi, basandosi sui concetti di Bhutabhishanga, Visha Prabhava e Sannipata Jwara, ha dato la possibilità di stabilire un protocollo da utilizzare per i pazienti affetti da COVID-19 e le linee guida da seguire per la prevenzione della malattia.

L’analisi sequenziale dei genomi può fornire moltissime informazioni che possono essere utili per lo sviluppo di farmaci come preparati singoli o composti nella linea di farmaci antivirali (Bhutabhishanga) e la sequenza dei fattori di invasione dell’ospite da parte del virus ha un ruolo fondamentale nel determinare il grado di trasmissione, virulenza e patogenicità del virus. [10]

 

Considerazioni generali [10] 

Considerando che COVID-19 è una patologia di natura pandemica, anche in Ayurveda le misure e le modalità preventive assumono una importanza primaria per raggiungere i seguenti obiettivi:

  1. ridurre la quantità di virus circolante, nell’aria e sulle superfici di contatto, ad esempio a casa, in ospedale e nelle grandi comunità. Le modalità proposte potrebbero essere la sanificazione dell’aria e delle superfici di contatto, attraverso:  a) Dhoopana (fumigazione) (Dhooma Varti medicato);  b) aereo diffusione in ospedale e su altre superfici di contatto di estratti medicati preparati con agenti antimicrobici naturali come le foglie o la corteccia di Neem; Foglie / corteccia / semi di karanja, foglie di nirgundi, aloe vera ecc.; c) uso di lozioni disinfettanti a base di urina di mucca (Gomutra) per la purificazione.
  2. ridurre la carica virale nell’ospite, creando condizioni sfavorevoli all’ingresso nelle “porte dell’organismo” e sulle superfici di contatto e nei siti di accumulo (Sanchaya) come Naso-faringe e Oro-faringe, attraverso diversi metodi come Pratimarsha Nasya, dentifrici potenti, gargarismi, inalazione di vapori, Dhoomapana / Dhooma Nasya e Neti (procedura di pulizia nasale).
  3. aumentare l’immunità dell’ospite, per una migliore difesa dalle reazioni di virulenza virale, attraverso:   a) Yuktivyapashraya (trattamenti razionali basati sulla logica dei principi terapeutici come Dinacharya, Ritucharya e Rasayana Sevana;Esercizio fisico incluso esercizio di respirazione; Cibo – Pathyahara (dieta sana); Medicinali: medicinali con effetto Rasayana,   b) Approccio psico-somatico spirituale (Satwavajaya – Dhyana, Pranayama, Yogasana, Sadvritta Palana e Achara Rasayana (buone condotte fisiche e mentali);Consulenza al paziente – per mantenere un sano stato mentale (Manas) condotta da esperti e leader spirituali (attraverso canali multimediali),   c) Daivavyapashraya: canto del mantra, esposizione alla luce delle lampade d’argilla (Diyas), Preghiera, Yajna, Homa ecc., oltre ai generali principi di Graha Chikitsa (psichiatria)

I razionali dell’Ayurveda quindi nel consigliare in COVID-19 ciò che è Pathya-Apathya (salutare – non salutare) fonda sui seguenti principi di base:

  • Creare un ambiente sfavorevole per i virus.
  • Creare una superficie di contatto sfavorevole per il virus nelle “porte “ di ingresso del virus (ad esempio orofaringe, nasofaringe)
  • Rafforzamento dell’immunità

Nello studio Pratimarsha Nasya con Anu taila viene consigliato per creare condizioni sfavorevoli all’ingresso del virus nell’organismo, (sito di Sanchaya: Naso-faringe e Oro-faringe) e per coadiuvare la generale efficienza del sistema immunitario.

__________________References__________________

10. Kar, Sarbeswar, et al. “Ayurvedic Preventive and Curative Protocol for COVID 19-A Proposal.” Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences (ISSN 2456-3110) 5.2 (2020): 92-108.
11. Vagbhatta, Astanga Hrudaya, with Hemadri and Arunadutta. Sutra sthaanam, 12/66 edited by Pt. Hari Sadashiva Shastri Paradakara, Reprint ed. Chaukhambha Surabharati Prakashana, Varanasi, 2007.

____________________________________________ 

 

Anu taila 

Anu taila è uno tra gli oli ayurvedici più particolari e pregiati e la tradizione ayurvedica lo indica sia per usi domestici quotidiani (Dinacharya), sia per lo specialistico trattamento “Nasya”. Anu taila si caratterizza per la sua generale efficienza Tridoshica ma viene utilizzato (secondo la dose) in ambiti differenti e con scopi specifici. [https://www.benefica.it/prodotto/anu-taila/]

L’uso domestico quotidiano di Anu taila contribuisce alla “purificazione“ di corpo e di sensi che rappresentano le “porte” di comunicazione primaria con il mondo esterno; l’applicazione di Anu taila contribuisce ad un miglior assorbimento di Prana attraverso la respirazione; secondo le fonti tradizionali infatti Anu Taila è ritenuta una delle migliori medicine per “Nasya Karma” e possiede ampie indicazioni tra cui preservare la salute degli organi di senso. A seconda delle formule tradizionali può contenere mediamente fino a circa 29 ingredienti diversi e come Dravadravyas vengono impiegati Varshajala, Tilataila e Ajadugdha. [12]

Le moderne formulazioni di Anu taila, prodotte secondo tecniche farmaceutiche, si distinguono per precisi criteri di standardizzazione dei prodotti finiti indicandone la qualità. [12]

Anu taila viene tradizionalmente indicato in diversi disturbi come Manya Stambha (torticicollo), Shirahshula (mal di testa), Ardita (paralisi facciale), Hanu Sangraha (blocco della mascella), Ardhavabhedaka (emicrania), Peenasa (rinite cronica), Shirakampa (tremore alla testa); in generale Anu taila migliora la capacità degli organi di senso (Indriyas) come naso, orecchio, occhio, ma può prevenire anche la caduta dei capelli e il loro ingrigimento precoce. [12]

La metodica di preparazione tradizionale di Anu taila prevede dieci specifiche ripetizioni di passaggi e rappresenterebbe uno dei più antichi esempi di potenziamento ayurvedico del prodotto finito derivante dalla metodica di preparazione; questa metodica consentirebbe un potenziamento dei fito medicinali attraverso metodi per altro molto semplici. [13]

In Anu taila il potenziamento tra gli ingredienti gli consentirebbe di penetrare nei canali più profondi del corpo:

“Anushu Tailam Anutailam, Anundriya Srotansi Pravishti Iturtha”

Ashtanghridya Sutrasthan 21/38. [13]

In Anu taila le erbe medicinali vengono decotte ed il prodotto di decozione viene miscelato con olio di sesamo per un lungo periodo di tempo (con l’aiuto del riscaldamento controllato) fino ad ottenere la qualità desiderata dell’olio. Come anticipato questo processo viene ripetuto 10 volte per avere un’efficace potenziamento dei bioattivi. Aja ksheer (il latte di capra) verrebbe utilizzato solo nell’ultimo ciclo; Anu taila ha proprietà di Mahagunama, Sarvottam gunam, e rappresenta una preparazione d’eccellenza rispetto ad altri oli usati per Nasya karma. [13] Brihat Trayi cita Anu taila in riferimento a Nasya molte volte. Anu taila è descritto da Charak Samhita su. 5 / 63-70, da Sushrut Samhita in chi. 4/28 e da Ashtanga Hridaya in Su. 20 / 36-39. Più nel dettaglio Ashtang Sangraha descrive 2 tipi di Anutaila in Su.29 / 10-11 e in Anandkand è citato in Amrutikaran vishranti 18 / 95-103. [13]

I testi classici ayurvedici indicano l’efficienza di Anu taila in diversi contesti: Charakacharya lo indica in Matrashitiyadhyaya, Sushrutacharya lo indica in Vatavyadhichikitsopakrama, Vagbhatacharya lo indica in Nasyavidhiadhyaya, Ashtanga Sangrahakar lo indica in Nasyavidhiadhyay e in Anadakanda è spiegato nel contesto di Dincharya (Sadacharrasayanam Dincharya Ashtadashollas). [13]

Maharshi Charak e Vagbhat descrivono, per la preparazione di Anu taila, erbe medicinali e metodo di preparazione abbastanza simili tra loro mentre Maharshi Sushrut descrive erbe e metodo di preparazione diversi. [13]

Per la preparazione di Anu taila viene consigliato in genere di utilizzare l’apposito mortaio in legno per ottenere dalle erbe medicinali una bella polvere da bollire in acqua raccogliendo l’olio che si accumula sulla superficie dell’acqua alla fine del processo. Questa frazione di olio medicinale nella preparazione di Anu taila avrà la qualità per penetrare nei tessuti più profondi, in quanto finemente separato dalla parte lignoide delle erbe ed estratto in forma di naturali goccioline (che è un procedimento estrattivo diverso da quello con solventi, macchinari, CO2 supercritica o corrente di vapore). Questo procedimento consente di ottenere un olio “sottile” che può essere definito “Anu taila” e che ha le qualità per penetrare nei ”sukshma srotas” (srotas microscopici) e quindi nella maggior parte di essi. [13]

La pratica regolare di Nasya con Anu taila consente di far riacquistare “nitidezza” degli organi di senso [14], di rinforzare i muscoli del collo, di spalle e petto [15]; protegge inoltre dall’ingrigimento precoce dei capelli e dalla comparsa prematura di rughe sul viso.

I migliori benefici di Anu taila si ottengono attraverso la pratica di Nasya intesa come applicazioni (o insufflazioni) nasali di olio medicato, decotto o polvere. La via intra nasale è l’unica di accesso superiore per trattare condizioni di malattia della parte superiore dello sterno. [13]

__________________References__________________

12. Chudasama, Kishor R., R. Manjusha, and V. J. Shukla. “PHYSICO CHEMICAL EVALUATION OF ANU TAILA: AN AYURVEDIC OIL BASED MEDICINE.” (2017).
13. Dalvi et al. “LITERARY REVIEW OF ANU TAILA NASYA.” UJAHM 2015, 03 (02): Page 42-45
14. Charak samhita edited by Acharya Trivikrama Yadav and Narayanrao Acharya, Chokhamba Surbharati prakashan Varanasi 2000, Sutrasthana 5/57-62 Page no.41
15. Charak samhita edited by Acharya Trivikrama Yadav and Narayanrao Acharya, Chokhamba Surbharati prakashan Varanasi 2000, Siddhisthana 2/22 Page no.690

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Meccanismo d’azione di Anu taila e di Nasya 

Dal punto di vista meccanicistico Anu taila tramite Nasya agirebbe in modo piuttosto complesso

Nasahi Shirso Dwaram”

Ashtanghrudaya Sutrasthan 20/1. [16]

La scuola di pensiero ayurvedica afferma che il naso è “una porta d’ingresso” della cavità craniale e che il farmaco, somministrato attraverso il naso, penetrerebbe in Shringatak Marma e si diffonderebbe nella cavità cranica, agli occhi, alle orecchie, alla gola e ai minuti capillari del viso agendo sui dosha [17,18]. Una possibile spiegazione sul percorso e dell’assorbimento del medicinale [19] può essere formulata anche con l’aiuto dell’anatomia infatti il farmaco somministrato per via intra-nasale, penetra nella cavità nasale attraverso i tessuti superiori, medi ed inferiori fino ai 6 seni. 

 

Possibile meccanismo d’azione di Nasya

The olfactory cells get stimulated by drug administered Stimulation carried further through olfactory axon → Cross the cribriform plate of ethmoid bone → Axon form olfactory bulbs → These bulbs form the Axon synapses with dendrils of the mitral cells → Many such synapses form olfactory glomerulai → From olfactory glomerulai, axons of mitral cells continue to form olfactory tract → The finally end in olfactory cortex. [16]

 

Le stimolazioni attraverso tutto questo percorso determinano una pronta azione sui Dosha indicando l’assorbimento della droga. [16]

I periodi più favorevoli per Anu taila Nasya sono Pravrut ritu, Sharad ritu e Varsha ritu nei giorni di cielo limpido. [20]

Anu taila si caratterizza come Vataghna, Bruhana e Snehana e raggiunge profondamente gli srotas (sukshma srtotogami). [16]

Attraverso Nasya, Anu taila agisce sui dosha accumulati nei seni cranici, in petto, testa, spalle e gola ed agisce poi come Bruhana (Nasya di nutrimento). L’olio raggiunge i canali più minuti e l’oleazione contribuisce al rafforzamento di legamenti e tendini della parte superiore del corpo; per questi motivi Anu taila si dimostra utile nel torcicollo, nella paralisi facciale, nell’immobilizzazione di mascella, nel mal di testa, nella rinite, nell’emicrania e nel tremore del collo. Anu taila promuove la generale efficienza di Nasa, Karna, Netra (Indriyas), contrasta la caduta dei capelli e previene e l’ingrigimento prematuri. L’utilizzo regolare di Anutaila aiuta a trarne vantaggio e benefici favorendo l’attività degli organi di senso, la chiarezza della voce e la luminosità del viso. [16]

Sembrerebbe inoltre che l’utilizzo regolare di Anu taila ridurrebbe la frequenza dei disturbi della parte superiore del corpo. Secondo Charakacharya l’uso regolare di Anu taila “liquefa” i Dosha, rimuovendoli dal sito senza danneggiarlo e migliorando l’efficienza di Indriya; l’azione di oleazione agirebbe su Siras e Kandaras (tendini e legamenti) di spalle, collo e petto rafforzandoli. [16]

Più nel dettaglio in Ayurveda il naso è considerato come un “panchagnanendriya”, le cui funzioni non si limitano solo alle percezioni olfattive e alla respirazione, ma rappresenta anche una specifica via per la somministrazione di farmaci; il naso infatti viene descritto come la porta di “shiras” ed il “karma” nasale è quindi la procedura speciale di somministrazione del farmaco attraverso quella via. Il farmaco messo nella narice si muove attraverso i canali e agisce su “shiras” rimuovendo i dosha accumulati in essa e quindi in tutti i seni cranici. [21,26]

Nei testi ayurvedici “Pratimarsha”, è un tipo di Nasya indicato come regime quotidiano per mantenere la salute del “dotto nasale”. [21]

Un concetto interessante dell’Ayurveda è relativo a tutte le malattie di orecchio, naso, gola, bocca, occhi e testa; poiché si ritiene che il naso sia “un ingresso” alla testa e che tutte le malattie degli organi clavicolari possono essere trattate usando la via nasale, cioè Nasya. [22]

Nella letteratura ayurvedica sono descritti vari tipi di Nasya per il trattamento e la prevenzione delle malattie. [23] L’Ayurveda infatti attribuisce massima importanza alla testa, considerandola uno dei tre principali organi vitali del corpo, dove il “prana”, cioè la forza vitale, risiede adattandosi a tutti gli “indriya”, e per questo è considerata “uttamanga” (miglior organo del corpo). [24]

I sensi e i canali che trasportano gli impulsi sensoriali e motori alla testa sono considerati come i raggi del sole. [25]

Se “Nasyakarma” viene eseguito correttamente e regolarmente manterrà intatti vista, olfatto ed udito, inoltre preverrà l’ingrigimento precoce di capelli e barba e la caduta dei capelli. Garantirà la crescita dei capelli e allevierà disturbi (malattie) come la spondilite cervicale, il mal di testa, la paralisi facciale, l’emiplegia, le malattie del naso, il blocco della spalla, l’emicrania, il raffreddore, la sinusite, disturbi mentali come il parkinsonismo e disturbi della pelle. Nasyakarma migliorerà l’attività degli organi di senso e preverrà le malattie della testa (urdhwanga). Preverrà inoltre anche il processo di invecchiamento precoce. [27]

Nei testi ayurvedici Pratimarsha Nasya è indicato come un regime giornaliero per mantenere la salute del passaggio nasale [28] e Nasya risulta utile in diversi disturbi, per la cura di Twakraukshya (secchezza della pelle), Palita (ingrigimento dei capelli), Urdhvajatrugata Roga (disturbi delle parti del corpo sopra la clavicola), Skandha Shushkata (emaciazione della spalla), Greeva Shushkata (emaciazione della regione cervicale), Vaksha Shushkata (emaciazione dei muscoli toracici) [29]; questi effetti sono stati valutati anche in un piccolo studio clinico per valutare l’efficacia di Pratimarsha Nasya con Anu tailam in volontari sani.

Lo studio clinico è stato condotto in aperto, controllato con placebo, prospettico, per valutare gli effetti preventivi di Anu Tailam. Su 20 volontari sani (divisi in gruppo verum e gruppo placebo) la somministrazione della terapia Nasya con “Anu tailam”, per 30 giorni, ha mostrato nel gruppo verum risultati significativi su sintomi come stanchezza, forza della vista, capacità dei sensi, ingrigimento precoce dei capelli, tono della carnagione a differenza di nessun risultato considerevole ottenuto nel gruppo placebo. [21]

__________________References__________________

16. Dalvi et al. “LITERARY REVIEW OF ANU TAILA NASYA.” UJAHM 2015, 03 (02): Page 42-45
17. Ashtang Hridaya edited by Pt. Hari Sadashiv Sastri Paradakara, Chokhamba Surbharati prakashan Varanasi 2007, Sutrasthana 20/1 Page no.287)
18. Sushrut Samhita edited by Acharya Trivikrama Yadav and Narayanrao Acharya, Chokhamba Surbharati prakashan Varanasi 2012, Chikitsa sthana 40/23 Page no.555)
19. A Text Book Of Bhaishajya Kalpana by Dr. Ravindra Angadi, Chokhamba Surbharati prakashan Varanasi2009, Page no.348)
20. Charak samhita edited by Acharya Trivikrama Yadav and Narayanrao Acharya, Chokhamba Surbharati prakashan Varanasi 2000, Sutrasthana 5/56 Page no.41.
21. Patil, Y. R., and R. S. Sawant. “Study of preventive effect of Pratimarsha Nasya with special reference to Anu Tailam (An ayurvedic preparation).” Int Res J Pharm 3.5 (2012): 295-300.
22. Garde G. K. editor, Sartha vagbhata marathi commentary. In Ashtanga Hridaya, 8th edition, Pune, India. Raghuvanshi publications 1996 page 85
23. Tripathi R; Shukla V. editor, Vaidyamanorama hindi commentary. In Charak Samhita part 2, 2nd edition, Varanasi, India. Chaukhambha Surbharati publications 2001 page 958
24. Tripathi B. editor, Charak chandrika hindi commentary. In Charak Samhita part 1, 6th edition, Varanasi, India. Chaukhambha Surbharati publications 1999 page 335
25. Tripathi R; Shukla V. editor, Vaidyamanorama hindi commentary. In Charak Samhita part 2, 2nd edition, Varanasi, India. Chaukhambha Surbharati publications 2001 page 945
26. Sharma A. editor, Sushrut vimarshini hindi commentary. In Sushrut Samhita part 2, 1st edition, Varanasi, India. Chaukhambha Surbharati publications 2001 page 495
27. Garde G. K. editor, Sartha vagbhata marathi commentary. In Ashtanga Hridaya, 8th edition, Pune, India. Raghuvanshi publications 1996 page 88
28. Garde G. K. editor, Sartha vagbhata marathi commentary. In Ashtanga Hridaya, 8th edition, Pune, India. Raghuvanshi publications 1996 page 87
29. Garde G. K. editor, Sartha vagbhata marathi commentary. In Ashtanga Hridaya, 8th edition, Pune, India. Raghuvanshi publications 1996 page 87

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In Ayurveda sono descritti diversi tipi di Nasya [30,31], dei quali alcuni più specialistici che sono: Pradhamana (Virechan) Nasya – (Cleansing Nasya) in cui si usano polveri secche (piuttosto che oli) che vengono soffiate nel naso con un tubo. Pradhamana Nasya viene utilizzato principalmente per i tipi di malattie Kapha che determinano mal di testa, pesantezza alla testa, freddo, congestione nasale, occhi appiccicosi, raucedine, sinusite, linfadenite cervicale, tumori, vermi, alcune malattie della pelle, epilessia, sonnolenza, parkinsonismo, infiammazione della mucosa nasale; disturbi del comportamento come avidità e lussuria. Tradizionalmente, vengono utilizzate polveri come il brahmi [30]; Bruhana Nasya – (Nutrition Nasya) in cui si utilizzano ghee, oli, sale, ghee di Shatavari, ghee di Ashwagandha e latte medicato principalmente per i disturbi Vata. Le condizioni risultanti da squilibri Vata possono essere mal di testa tipo Vata, emicrania, secchezza della voce, naso secco, nervosismo, ansia, paura, vertigini, negatività, pesantezza delle palpebre, borsite, rigidità del collo, seni nasali secchi e perdita dell’olfatto [30]; Shaman Nasya – (Sedative Nasya) che viene utilizzato in base allo specifico dosha aggravato, ma principalmente per i disturbi di tipo Pitta come il diradamento dei capelli, la congiuntivite e il ronzio nelle orecchie. In genere vengono utilizzati decotti, tè e oli medicati a base di erbe [30]; Navana Nasya(Decotto Nasya) che è usato nei disturbi Vata-Pitta o Kapha-Pitta ed è rappresentato da decotti e oli insieme; [30] Marshya Nasya(ghee o olio per Nasya) [30].

Pratimarsha Nasya è invece una tipologia di Nasya con finalità preventive e protettive che consiste, come noto, nella applicazione quotidiana (Dinacharya) di olio immergendo il mignolo pulito nell’olio e inserendolo in ciascuna narice, lubrificando il passaggio nasale con un leggero massaggio. Questa procedura aiuta ad “aprire” i tessuti profondi e può essere fatto ogni giorno e in qualsiasi momento anche per contrastare lo stress; questa procedura consente tra l’altro di creare una superficie della mucosa (orofaringe-rinofaringe) sfavorevole all’infezione virale e di stimolare l’immunità. [30]

__________________References__________________

30. Patil, Y. R., and R. S. Sawant. “Study of preventive effect of Pratimarsha Nasya with special reference to Anu Tailam (An ayurvedic preparation).” Int Res J Pharm 3.5 (2012): 295-300.
31. Vihar, Sarita. “A COMPREHENSIVE CLASSICAL REVIEW ON NASYA AND ITS IMPORTANCE.” IJPAAM | Volume 3 | Issue 1 | January-March 2019.

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Focus su Pratimarsha Nasya 

I razionali d’efficacia di Pratimarsha Nasya sono sostenuti da evidenze scientifiche nella prevenzione delle malattie infettive trasmesse per via aerea e derivanti da inquinamento atmosferico [32], nella gestione della rinite allergica [33,34], nella gestione dei disordini dell’apparato respiratorio [35], nella prevenzione dell’asma bronchiale stagionale [36], nella gestione delle infezioni ricorrenti del tratto respiratorio superiore nei bambini [37], in COVID–19 nel suo razionale di creare un ambiente sfavorevole sulla mucosa del dotto nasale per l’ingresso del virus. [38]

A questa pratica vengono attribuite valenze antinfiammatorie, antinfettive (antimicrobiche e antivirali), antiallergiche (antistaminiche), nutrienti e purificatrici con un alto potenziale nelle malattie autoimmuni e allergiche e trasmissibili per via aerea. [39]

Come prima considerazione Pratimarsha Nasya è caratterizzato per possedere entrambe le proprietà Snehan e Shodhana. [40] Normalmente in questo processo un olio base o uno Sneha o un olio medicato vengono instillati nel naso nella dose di 2 gocce (poste sul dito o immergendo lo stesso nell’olio fino all’articolazione della falangetta con la falangina) e applicate all’interno delle narici [41]; a Pratimarsha Nasya è riconosciuto di non aggravare mai i Dosha, di essere indicato a qualsiasi età, di non creare complicazioni e di aiutare a previene le malattie della testa e del collo.

A seconda dei farmaci usati, Pratimarsha Nasya può avere anche effetti Rechan (fluidificante),Tarpan (rafforzante di occhi e vista) o Shaman (palliativo). [42]

Pratimarsha Nasya può essere utilizzato per le seguenti indicazioni [43,69]:

1. Dopo essersi alzati la mattina (Talpouthita Kala) per la pulizia delle secrezioni nasali stagnanti e rendere luminosità e piacere mentale; 2. Dopo il lavaggio con lo spazzolino dei denti (Prakshlita Danta) per fornire forza ai denti (e alle protesi) e mantenere la bocca fresca; 3. Prima di uscire di casa (Grihanirgachhatah) per inumidire la cavità nasale e il tratto respiratorio superiore; 4. Dopo l’esercizio fisico (Vyayamouttara), Post coitus (Vyavayouttara), Dopo lavori faticosi/lunghi viaggi (Adhwaparisharanta) per contrastare la fatica, gli effetti dello sforzo, la sudorazione e rigidità nel corpo; 5. Dopo la defecazione (Mala visarjanoupranta), dopo aver urinato, dopo i gargarismi (Kawala), dopo l’uso di collirio (Anjana Pashchata) per decongestionare gli occhi (Drishtiprasadana); 6. Dopo il pasto (Bhojanouttara) per muovere l’eccesso di secrezioni e alleggerire la testa; 7. Dopo aver vomitato (Vamanpashchata) per smobilitare Kapha presente negli Srotas e aumentare l’appetito; 8. Dopo essersi alzati dal riposo diurno per rimuovere l’eccesso di sonno e la pesantezza del corpo; 9. In serata (Sayakala) per la pulizia delle prime vie respiratorie, per un sonno profondo di notte e un fresco risveglio la mattina; 9. Dopo aver riso, dopo la flatulenza, dopo gli starnuti, dopo Shiroabhyanga per decongestionare gli occhi (Dhrishtiprasadana) e mitigare Vata dosha.

Secondo Charu Bansal (Bansal et al.,2020) controindicazioni di Pratimarsha Nasya sono: 1. Dustapeenasa; 2. Madyapeeta; 3. Abalasrotra; 4. Utklistadosha; in queste condizioni Pratimarsha potrebbe peggiorare la patologia in quanto i Dosha sono altamente viziati. [70]

__________________References__________________

32. Shukla, Nishant. “Pratimarsha Nasya: A Promotive Care for Disease Related to Air Borne Infection and Air Pollution.” Trends in Drug Delivery 3.2 (2019): 20-21.
33. Kumar, Shiva, et al. “Clinical investigations on the ayurvedic management of Allergic Rhinitis (Vataja pratishyaya) by Pratimarsha nasyaas nasal drug delivery system.” Explor Anim Med Res) Exploratory Animal and Medical Research 4.2 (2014): 194-205.
34. Nakil, Shweta R., and Rahul B. Nakil. “PRATIMARSHA NASYA AS PREVEVENTIVE MEASURE IN ALLERGIC RHINITIS.” Global Journal For Research Analysis (GJRA) 8.12 (2020).
35. Pandya, Megha G., Neky J. Mehta, and Bhakti M. Chhaya. “A REVIEW ON ROLE OF PRATIMARSHA NASYA WITH ANUTAILA (AN AYURVEDIC MEDICATED OIL) IN THE PREVENTION OF RESPIRATORY DISORDERS.” (2015).
36. Mehra, Ravina, and Kashinath Samagandi. “Study to Evaluate the Preventive Effect of Pratimarsha Nasya and Dhumapana in Tamaka Shwasa wsr to Seasonal Bronchial Asthma.” Journal of Ayurveda 11.3 (2017).
37. Tewari, Shalini, and Abhimanyu Kumar. “Clinical Study on The Efficacy of Akshadi Yog & Pratimarsha Nasya In The Management of Recurrent Upper Respiratory Tract Infection In Children.” Journal of Ayurveda 5.4 (2011).
38. Kar, Sarbeswar, et al. “Ayurvedic Preventive and Curative Protocol for COVID 19-A Proposal.” Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences (ISSN 2456-3110) 5.2 (2020): 92-108.
39. Prof. Dr. Charu Bansal*, & Prof.(Dr.) Shukla Umesh. (2020). PREVENTIVE NASYA SCOPE AND CHALLENGES: REVIEW. International Journal of Ayurveda and Pharma Research, 7(12), 53-57.
40. Sharma RK, Bhagwan Dash. Charaka Samhita (Eng. Translation) Vol. VI (Siddhi Sthana Chp. IX verse 116). Varanasi; Chaukhamba Sanskrit Series Office; 2018. p.364.
41. Sharma RK, Bhagwan Dash. Charaka Samhita (Eng. Translation) Vol. VI (Siddhi Sthana Chp. IX verse 117). Varanasi; Chaukhamba Sanskrit Series Office; 2018. p.364.
42. Sharma RK, Bhagwan Dash. Charaka Samhita (Eng. Translation) Vol. VI (Siddhi Sthana Chp. IX verse 92). Varanasi; Chaukhamba Sanskrit 68.Series Office; 2018. p.355.
43. Shastri AK. SushrutaSamhita of Maharshi Sushruta. Vol. II (Chikitsastana Chp. XXXX verse 51-52). Varanasi; Chaukhamba Sanskrit Samsthan; 2001. p.185.
44. Tripathi RD. Ashtanga Sangraha of Shrimad Vriddhavagbhata (Sutra Sthana Chp. XXIX verse 19). Delhi; Chaukhamba Sanaskrit Pratishthan; 1992. P.539.
45. Tripathi B. Srimadvagbhata Ashtanga Hridayam (SutraSthana Chp. XX verse 27). Delhi; Chaukhamba Sanskrit Pratishthan; 2007.p. 248.

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Utilità di Pratimarsha nasya 

Secondo l’Ayurveda, sono condizioni di naturale accumulo (Sanchaya) di Dosha: Prakopa e Prashama (il ciclo diurno), Ritu (le stagioni), Vaya (Età), Ahoratri (l’alternarsi di giorno e notte) e Bhuktanam (i pasti) e Nasya risulta indicato per contrastare i naturali vizi di Kapha, Pitta e Vata Nasya nei Ritus: Varsha, Sarad e Basant quando il cielo è sereno e libero da nuvole. [46]

Charak Samhita narra che se Anu Taila Nasya viene somministrato come da raccomandazione, i risultati sono molto positivi e, in particolare, la persona non subirà mai cambiamenti degenerativi di Netra (il senso visivo), Ghrana (senso olfattivo) e Srotendriya (senso uditivo), l’ingrigimento dei capelli e la caduta dei capelli perché Pratimarsha nasya aiuta a rafforzare radice e la crescita dei capelli; il procedimento inoltre aiuta a gestire Manyastambha (spondilosi cervicale), Sirahashoola (mal di testa),Ardita (paralisi facciale), Hanustambha (blocco della mascella), Peenasa (rinite cronica), Ardhavabhedaka (emicrania) e Shirokamp (tremore). Nasya con Anu Taila contribuisce al rafforzamento del sistema vascolare, del sistema nervoso e del sistema muscolo-scheletrico della testa, favorisce voce profonda e stabile, viso fresco e ben costruito, freschezza e senso degli organi di senso e aiuta a prevenire le malattie ad esordio acuto di Urdhvajatrugat (malattie della regione sopra clavicolare) anche in età geriatrica; Nasya con Anu Taila previene i cambiamenti degenerativi nel cervello. [47]

Da quanto sopra citato, risulta evidente che, nell’uso a scopo preventivo di Anu taila in Pratimarsha, il dosaggio assume una grande importanza scientifica per ottenere dati terapeutici basati sull’evidenza, tuttavia, nello stesso capitolo, già Acharya Charak indica che Anu taila deve essere somministrato nella dose di Ardhapala vale a dire, 2 tola (circa 20 ml) divisi in tre dosi nelle ventiquattro ore per 7 giorni a giorni alterni [48]; attualmente l’interpretazione dei dati della letteratura scientifica suggerisce che Pratimarsha Nasya possa essere somministrato al dosaggio di due gocce (circa 01 ml) tre volte al giorno fino a 7 giorni consecutivi.

I dati clinici generali derivanti dagli studi sui trattamenti terapeutici Nasya, suggeriscono che le condizioni di malattia trattabili con Nasya ed in particolare l’uso di Anu Taila sono: la rinite allergica, la sinusite cronica, l’emicrania, la paralisi facciale, il blocco della spalla, la spondilosi cervicale, le malattie oftalmiche, l’alopecia, l’ingrigimento di capelli, alcuni disturbi mentali ecc.. L’ambito di utilità è tuttavia enorme come già discusso nel capitolo Matrashitiya in Charak Sutasthana. [49] E’stimato che quasi il 20-30% della popolazione indiana soffra di rinite allergica e di questo il 15% sviluppa l’asma. [50] L’emicrania è la terza patologia più diffusa e la settima causa di disabilità in tutto il mondo come in India. [51] Il blocco della spalla è un problema comune nel 5° e 6° decennio di vita ed è causato dalle complicanze a lungo termine del diabete. (10-29% nei pazienti diabetici). La prevalenza delle malattie oftalmiche le malattie è elevata anche in India (miopia degli adulti di età superiore ai 30 anni nel 17% della popolazione dell’India centrale) [52] e 19,4% negli indiani con diabete oltre 40 anni [53]. Se Pratimarsha Nasya fosse comunemente praticato dalla comunità in queste malattie, si potrebbe presumere che l’incidenza delle stesse potrebbe essere ridotta in modo significativo. [Patil, Y. R., and R. S. Sawant. “Study of preventive effect of Pratimarsha Nasya with special reference to Anu Tailam (An ayurvedic preparation).” Int Res J Pharm 3.5 (2012): 295-300.]

__________________References__________________

46. Sharma RK, Bhagwan Dash. Charaka Samhita (Eng. Translation) Vol. I (Sutra Sthana Chp. V verse 56). Varanasi; Chaukhamba Sanskrit Series Office; 2018. p.119.
47. Sharma RK, Bhagwan Dash. Charaka Samhita (Eng. Translation) Vol. I (Sutra Sthana Chp. V verse 57-62). Varanasi; Chaukhamba Sanskrit Series Office; 2018. p.120.
48. Sharma RK, Bhagwan Dash. Charaka Samhita (Eng. Translation) Vol. I (Sutra Sthana Chp. V verse 68-69). Varanasi; Chaukhamba Sanskrit Series Office; 2018. p.121.
49. Sharma RK, Bhagwan Dash. Charaka Samhita (Eng. Translation) Vol. I (Sutra Sthana Chp. V verse 58-60). Varanasi; Chaukhamba Sanskrit Series Office;2018. p.120.
50. Chandrika D. Allergic rhinitis in India: an overview. Int J Otorhinolaryngol Head Neck Surg. 2017 Jan;3(1):1-6.
51. Balakrishnan R et al. Clinical profile and triggers of migraine: an Indian perspective. Int J Res Med Sci. 2019 Apr;7(4):1050-1054.
52. Nangia V, Jonas JB et al. Refractive error in central India: the Central India Eye and Medical Study. Ophthalmology. 2010;117(4):693–699.
53. Rani PK, Raman R et al. Prevalence of refractive errors and associated risk factors in subjects with type 2 diabetes mellitus SN-DREAMS, report 18. Ophthalmology. 2010;117(6):1155–1162.

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Alcune evidenze cliniche di Pratimarsha nasya 

In uno studio clinico sulla gestione ayurvedica della rinite allergica (Vataja Pratishyaya) il trattamento quotidiano di Pratimarsha Nasya per 60 giorni con Anu taila in 37 pazienti con rinite allergica ha mostrato positivi effetti significativi sul dolore alla testa e sui sintomi nasali totali con alta significatività statistica (<0,001) ed anche sui parametri immunologici di laboratorio che includevano TLC, Conteggio assoluto di eosinofili, neutrofili e Linfociti. [54]

Modha et al. (2009) in uno studio comparativo su Anurjata Janita Pratishyaya (rinite allergica) hanno studiato gli effetti di Nasya Karma su un totale di 69 pazienti randomizzati in 3 gruppi. Il primo gruppo è stato trattato con Shunthi Tail Nasya per 14 giorni, facendo seguire un trattamento orale con Sudha Haridra 2 mg tre volte al giorno per 21 giorni; il secondo gruppo è stato trattato con Pradhamana Nasya con Katphal Churna facendo seguire il trattamento orale con Shuddha Haridra 2 mg tre volte al giorno per 21 giorni e il terzo gruppo è stato trattato solo con il farmaco orale Sudha Haridra 2 mg tre volte al giorno per 21 giorni. Lo studio ha concluso che i sintomi come starnuti, rinorrea, mal di testa, prurito sono stati quasi completamente alleviati in tutti i gruppi. [55]

In uno studio per valutare Pratimarsha Nasya, pratica Yoga e dieta in Pratishyaya (rinite allergica), 160 pazienti sono stati assegnati casualmente a 4 gruppi di studio. Il gruppo I è stato trattato con Pratimarsha Nasya con Anu Taila e dieta specifica e alla fine dello studio tutti i pazienti di questo gruppo hanno ottenuto risultati significativi nei sintomi della rinite allergica. [56]

Angadi et al., (2015) hanno studiato gli effetti di Jatamansi Taila Nasya e Kshiradhara nell’insonnia in 20 pazienti randomizzati in due gruppi; il gruppo A è stato trattato con Nasya con Jatamamsi taila per 7 giorni e il gruppo B è stato trattato con Mahisha Ksheeradhara per 7 giorni. Alla fine dello studio è stato osservato che Nasya con Jatamamsi taila ha mostrato risultati molto significativi su ​​6 componenti di 7 componenti della scala di indice di qualità del sonno PSQI (Pittsburgh Sleep Quality Index). [57]

In un altro studio randomizzato è stato studiato l’effetto di Pratimarsha Nasya con 2 gocce di Anu taila ogni sera, in ogni narice, per 3 mesi in 28 soggetti con insonnia; al termine dello studio è stato registrato un miglioramento significativo (con valore p <0,0001) su PSQI, scala di sonnolenza ESS e su Sukhnidra Sukhprabodham scale. [58]

Questi risultati promettenti di Patimarsha Nasya nella rinite allergica e nell’insonnia aprono una nuova visione per il loro trattamento.

__________________References__________________

54. Arun GR, Kumar S, Debnath P, Banerjee S. Clinical investigations on the Ayurvedic management of Allergic Rhinitis (Vataja Pratishyaya) by Pratimarsha Nasya as nasal drug delivery system. Exploratory Animal and Medical Research. 2014; 4(2):134-205.
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56. Rao MV, Kumar R, Tiwari SK. Role of Pratimarsha Nasya, yogic practices and diet in pratishyaya (allergic rhinitis). Ejpmr. 2015;2(6): p. 267-275.
57. Angadi S, Katti A, Aruna. Effect of Jatamansi Taila Nasya and Kshiradhara in Insomnia. IJHSR. 2015; 5(11): p. 205-210.
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La farmacodinamica sistemica di Pratimarsha Nasya 

Il processo di Nasya offre una migliore biodisponibilità dei farmaci (es. Taila, Rasayana) nel plasma e per questi motivi può essere impiegato per trattare o prevenire diversi tipi di malattie o promuovere le performances dell’intelletto, i disturbi cognitivi e di memoria (es. Anu taila Nasya per prevenire le malattie cerebrovascolari) oppure come trattamento per promuovere una sana vita riproduttiva sia femminile che maschile. Nasya può essere utilizzato nella pratica clinica come terapia o come misura preventiva. Il naso rappresenta la via d’ingresso più vicina ed efficiente per la somministrazione del farmaco e per fornire nutrimento alle cellule cerebrali influenzando (bilanciando) le funzioni del sistema nervoso centrale. Varie ricerche indicano che la penetrazione del composto attraverso le mucose nasali migliora la loro lipofilia. I composti lipofili attraversano facilmente le membrane biologiche attraverso il percorso trans-cellulare, poiché sono idonei a partizionarsi nei lipidi (doppio strato) della membrana cellulare e diffondersi, attraversare la cellula tramite il citoplasma cellulare e raggiungere una maggiore concentrazione nella membrana. [59] La farmacodinamica sistemica indica che le terapie a base di liposomi (sostanze lipidiche), grazie ad una migliore interazione con lo strato lipidico della membrana, migliorano l’efficacia e la sicurezza delle droghe avvalorando il concetto dell’uso di Sneha Nasya in prevenzione e nel trattamento di varie malattie sistemiche.

 

Farmacodinamica locale di Pratimarsha Nasya 

Pratimarsha Nasya viene spesso indicato per esser usato, prima di uscire di casa, per difendersi dall’inquinamento ambientale. In sostanza, si può affermare che l’azione farmacodinamica locale di Pratimarsha Nasya si dimostra potente nel controllare il contatto e l’assorbimento di particelle inquinanti attraverso la mucosa nasale. Nel caso dell’uso di un olio medicato questo probabilmente contribuisce ad uccidere o disattivare il microrganismo che entra nel tratto nasobronchiale attraverso l’inspirazione. È stato inoltre chiarito che la maggior parte degli inquinanti ambientali presenti nell’aria sono inorganici e non solubili nei lipidi, quindi probabilmente le proprietà Sneha (lipidiche/grasse) del trattamento ne impedirebbero l’assorbimento prevenendo l’irritazione nasale, gli starnuti, evitando la congestione e prevenendo le riniti allergiche. [60]

__________________References__________________

59. Prabhjot Kaur, Tarun Garg et al. In situ nasal gel drug delivery: A novel approach for brain targeting through the mucosal membrane. Artificial Cells, Nanomedicine, and Biotechnology. 2016; 44: 1167–1176.
60. Prof. Dr. Charu Bansal*, & Prof.(Dr.) Shukla Umesh. (2020). PREVENTIVE NASYA SCOPE AND CHALLENGES: REVIEW. International Journal of Ayurveda and Pharma Research, 7(12), 53-57.

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Razionali protettivi coadiuvanti di Pratimarsha Nasya con Anu taila 

Uno studio (tra i disponibili) condotto in pazienti con sinusite cronica (Dushta Pratishyaya) aiuta a comprendere con chiarezza il meccanismo d’azione e l’efficienza anche Pratimarsha Nasya con Anu taila chiarendone ulteriormente gli effetti coadiuvanti profilattici antinfiammatori e antinfettivi. [61]

Gli attacchi ricorrenti di Pratishyaya (sinusite) per mesi e anni, possono trasformarsi in patologia cronica, con molte complicazioni, chiamata Dushta Pratishyaya che è correlabile alla sinusite cronica sulla base della somiglianza di segni, sintomi, complicanze, prognosi e cronicità.

Nello studio condotto su due gruppi di trattamento (gruppo A: Vyaghri Haritaki Avaleha + Nasya con Anu taila; gruppo B: Vyaghri Haritaki Avaleha) sono stati osservati sulla sintomatologia di Pratishyaya risultati simili tuttavia il gruppo A ha mostrato risultati migliori suggerendo che Nasya associato a medicamenti per via orale può essere molto utile per la cura precoce della malattia. [61]

Pratishyaya (la sinusite) è un problema per i medici da molto tempo e la parola stessa indica che è un problema ricorrente in natura. Vata è il Dosha principalmente coinvolto associato a Kapha Pitta. [62] Se questi Dosha presentano vizi maggiori, a causa delle abitudini alimentari e comportamentali improprie del paziente, e se Pratishyaya non viene gestita correttamente, porta a una condizione grave e complicata chiamata Dushta Pratishyaya, che è molto difficile da trattare a causa di molte complicazioni come Badhirya (Sordità), Andhata (Cecità), Ghrananasa (Anosmia) ecc. [63] Le caratteristiche della malattia Dushta Pratishyaya in generale sono simili a quelli della sinusite cronica nella medicina convenzionale.

Il naso è un organo di senso che svolge due funzioni: olfattiva e respiratoria e a causa del suo contatto diretto con l’ambiente esterno è esposto a molti microrganismi e inquinanti presenti nell’atmosfera. A causa del maggiore inquinamento ambientale, stile di vita scorretto e riduzione dell’immunità la rinite (rinite acuta aspecifica – comune raffreddore) è una delle infezioni acute più comuni che colpiscono gli individui. [64] Se questa fase non è adeguatamente trattata causerà la diffusione dell’infezione nei seni e si tradurrà in sinusite e successivamente in sinusite cronica (rino-sinusite). [65] La sinusite cronica è un’infiammazione a lungo termine dei seni e viene diagnosticata quando i sintomi della sinusite persistono per più di 12 settimane nonostante il trattamento. Per questo motivo, le mucose del naso e dei seni paranasali sono costantemente infiammate e si ispessiscono.

La terapia medica è diretta al controllo dei fattori predisponenti, al trattamento delle infezioni concomitanti, alla riduzione dell’edema dei tessuti del seno e all’agevolazione del drenaggio delle secrezioni del seno. L’obiettivo del trattamento chirurgico è ristabilire la ventilazione del seno e correggere le alterazioni della mucosa al fine di ripristinare il sistema di clearance mucociliare. La chirurgia mira a ripristinare l’integrità funzionale del rivestimento mucoso infiammato. [62]

In Ayurveda sono riportate diverse antiche modalità di trattamento per questa malattia in base alle condizioni del paziente e alla progressione della malattia. [66]

Dushta Pratishyaya (sinusite cronica) è una condizione cronica di accumulo di Dosha (in Nasa e Shira) causata principalmente da Sanga (ostruzione) alla base dei cambiamenti fisiopatologici negli Srotas; per questo motivo Sneha Virechana Nasya con Anu Taila [67] viene indicato per gestire Dosha Sravana e Srotoshudhdhi mentre per gestire il quadro complessivo di riduzione dell’immunità e delle recidive viene indicata l’utilità di preparati orali rasayana (Vyaghri Haritaki Avaleha) per sostenere la risposta immunitaria e contrastare l’infiammazione come ad esempio in Peenasa (rinite ronica). [61]

Acharya Charaka e Vagbhatta hanno descritto come, attraverso Nasya Karma, il medicinale somministrato può facilmente diffondersi a Shira, essere assorbito ed eliminare il Dosha dalla regione sopra clavicolare (Urdhva Jatrugata Pradesh). Prima di Nasya devono essere eseguiti Urdhvajatrugata Abhyanga e Swedana in quanto queste misure pre-procedurali aiutano a facilitare l’assorbimento dei farmaci. La somministrazione del farmaco viene eseguita nella posizione più bassa delle narici per mantenere ed aumentare il tempo di contatto della medicina instillata nella rinofaringe con la mucosa. [61]

Il farmaco, una volta assorbito, può quindi seguire il corso neuronale (olfattivo e trigeminale) e circolatorio (seno cavernoso) per raggiungere il sito d’azione. Nasya può influenzare la sfera psichica (sistema limbico), il livello sensoriale, il livello motorio (nervo trigemino) e la generale circolazione producendo un effetto finale di eccitazione o sedazione. [61]

Anu taila, grazie a Sukshama-Vyavayi Guna e al suo speciale metodo di preparazione possiede una buona capacità di diffusione attraverso canali più minuti. Le caratteristiche Tikta-Katu Rasa, Laghu-Tikshna Guna, Ushna Veerya e Katu – Vipaka consentono a Anu taila di agire come Srotoshodakatwa (clearance delle ostruzioni degli Srotas del corpo) rimuovendo l’ostruzione dei seni e facilitando il drenaggio delle secrezioni purulente mentre le proprietà di Indriyadardhyakaratwa (Balya, Preenana e Brimhana) possono aumentare l’immunità generale e locale; le proprietà Madhura Rasa, Sheeta Veerya, Snigdha Guna e Tridoshahara promuoveranno il nutrimento dei Dhatu agendo sull’immunità generale e locale (salute della mucosa). Questa immunomodulazione ridurrà i frequenti episodi di infiammazione nella cavità nasale e nei seni nasali. La maggior parte degli ingredienti contenuti in Anu taila possiedono attività antinfiammatoria che previene anche il processo infiammatorio. L’irritazione locale prodotta dal farmaco è utile per liquefare l’espettorato purulento e per la sua espulsione. La proprietà batteriostatica degli ingredienti contrasta le infezioni secondarie. [61]

Come anticipato il razionale protettivo e terapeutico di Pratimarsha Nasya con Anu taila viene riproposto tra le strategie protettive dell’articolo segnalato nell’oggetto della newsletter ma conclusioni sovrapponibili vengono suggerite anche da un’altra recentissima pubblicazione (maggio 2020) di Acharya Balkrishna del Patanjali Research Institute (Panchayanpur, Uttarakhand-India) [68] che propone in dettaglio i razionali ayurvedici dell’utilità di Anu taila come rimedio nell’emergenza COVID-19 e propone un panoramica della specifica attività protettiva di numerose piante medicinali contenute nel taila medicato.

Secondo Balkrishna i sintomi di COVID-19, (che provoca infezione del tratto respiratorio inferiore nell’uomo), e cioè tosse secca, respiro corto, presenza di muco denso nei polmoni (che porta ad una ridotta ventilazione e conseguente polmonite), possono migliorare con un approccio sintomatico tradizionale ayurvedico e, secondo la tradizionale pratica ayurvedica, la terapia di Nasya, con Anu taila, è raccomandabile per trattare le secrezioni di muco e altri sintomi di malattia correlati anche a COVID-19.

Più di 5000 anni fa, Maharishi Charak ha descritto la potenza medicinale di Anu Taila, nel curare le congestioni nasali [69] e ne ha consigliato l’uso di nei disturbi otorinolaringoiatrici.

Alla base di queste specifiche indicazioni di Anu taila vi è la copresenza nella formula di importanti piante medicinali indicate per la cura delle malattie della testa, delle spalle e di tutti gli organi sensoriali.

Come noto COVID-19, dopo il contagio, provoca viremia provocando le principali manifestazioni cliniche che sono febbre, faringalgia, affaticamento, diarrea e altri sintomi non specifici. Sulla base dei sintomi clinici osservati nei pazienti COVID-19, il trattamento preventivo dovrebbe essere mirato a ridurre l’infiammazione del tratto respiratorio attraverso l’attività antinfiammatoria e la riduzione [70] dello stato di iper coagulazione. Nell’Ayurveda tradizionale Anu taila è usato per i trattamenti Nasya che determinano la riduzione dell’infiammazione del passaggio nasale, nella sinusite e nelle vie respiratorie. [71] È stato ampiamente dimostrato che i componenti fito-medicinali in Anu Taila hanno un potenziale antinfiammatorio modulando positivamente i livelli di citochine pro-infiammatorie (IL-1β, TNF-α, IFN-γ, IP-10, MCP-1, IL-4, e IL-8) [68]; è stato inoltre ben dimostrato che gli estratti di piante contenute in Anu Taila hanno effetti diretti sul tratto respiratorio come ad esempio: Aegle marmelos [72,73,74], Asparagus racemosus [75, 76, 77], Aquilaria agallocha [78], Cedrus deodara [79], Cinnamomum verum [80], Coleus vettiveroides [81], Cyperus esculentus [82], Cyperus rotundus [83], Desmodium gangeticum [84], Elettaria cardamomum [85], Embelia ribes [86], Glycyrrhiza Glabra [87], Nelumbo nucifera [88], Ocimum sanctum [89] e Pogostemon cablin [90]; gran parte degli studi su queste piante medicinali sono stati condotti in modo specifico su cellule epiteliali polmonari e su cellule delle mucose nasali. Per questi motivi Anu taila può essere considerato come potenziale medicina polierbale per i disturbi correlati a COVID-19. [68]

__________________References__________________

61. Dave, Parth P., et al. “Role of Vyaghri Haritaki Avaleha and Anu Taila Nasya in the management of Dushta Pratishyaya (Chronic Sinusitis).” Int J Ayurved Med 7 (2016): 49-55.
62. Sushruta. Sushruta Samhita with nibandhasangraha commentary of Dalhana and nyayachandrika Panjika on Nidanasthana commentary of Gayadasacharya, Ed. By Vd. Jadavaji Trikamji Acharya & Narayana Ram Acharya. Varanasi; Chaukhamba Surbharati Prakashana; 2010. 651p.
63. Sushruta. Sushruta Samhita with nibandhasangraha commentary of Dalhana and nyayachandrika Panjika on Nidanasthana commentary of Gayadasacharya, Ed. By Vd. Jadavaji Trikamji Acharya & Narayana Ram Acharya. Varanasi; Chaukhamba Surbharati Prakashana; 2010. 652p.
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67. Sushruta. Sushruta Samhita with nibandhasangraha commentary of Dalhana and nyayachandrika Panjika on Nidanasthana commentary of Gayadasacharya, Ed. By Vd. Jadavaji Trikamji Acharya & Narayana Ram Acharya. Varanasi; Chaukhamba Surbharati Prakashana; 2010. 652p.
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A cura della direzione scientifica di Benefica

Journal of Ayurveda and Integrated Medical Sciences (ISSN 2456-3110) 5.2 (2020): 92-108. 

“AYURVEDIC PREVENTIVE AND CURATIVE PROTOCOL FOR COVID 19-A PROPOSAL.”  

Prof. Dr. Sarbeswar Kar 1, Dr. B Gurubasavaraja 2, Dr. Vikaram S 3, Dr. Sriharsha KV 4, Dr. Ranjani Deshpande 5

Author information:

1 Professor and Medical Superintendent, SDM Institute of Ayurveda and Hospital, Bengaluru

2 Former CMO, JSS Ayurveda Medical College, Mysore

3 Professor

4 Associate professor, Sri Sri College of Ayurvedic Science and Research, Bengaluru

5 Member, Aapyam Insititute of indigenous Sciences and Research, Bengaluru, Karnataka, INDIA

 

ABSTRACT

COVID-19 is an illness caused due to Novel Corona Virus 2, now called as Severe Acute Respiratory Syndrome Corona Virus -2 (SARS COV 2).[1] Ayurveda considers it as a Janapadodhwamsa Vikara.[2] It can also be grouped under the class of Bhutabhishangaja Aagantuja Vikaara with special reference Aupasargika and Sankramika disease.[3] Furthermore, Bhuta in Ayurveda also has the meaning of Visha (poison) and virus meaning in latin is poison. Here, the origin of the virus was earlier considered from animals (Bats – primary hosts, Snake – intermediate host and further Pangolins). According to Acharya Sushruta, all share the similar Yoni.[4] Considering all factors associated with Covid-19, the illness can be considered as a Sannipata Jwara with predominance of Kapha and Pitta. Interestingly the signs and symptoms seen in this condition are quite similar to the Jangama Visha Lakshana of Kitavisha originating from Yoni of Jatuka (Bat), Sarpa (Snake), Shallaka (pangolin).[6] The choice of medicine (single and poly-herbo-mineral preparations) used should be Kapha Pittahara, Tridoshahara, Rakta Prasadaka / Shodhak, Agada (Vishahara), Jwarahara, Ashukaari, Bahukalpa Rasayana / Urjaskara (drugs having immune-boosting properties) and potent antimicrobial activities. Herbo-mineral agents possessing above activities which can be used as prophylactic as well as curative measure is been proposed in the study. Considering above concepts, a detailed review is done from Ayurvedic classics and a possible frame work is proposed in regard to Samprapti (pathogenesis), prophylactic and curative aspects of COVID-19 in the study.

Keywords
COVID-19, Ayurveda, Preventive Protocol, Curative Protocol, Bhutabhishanga, Aagantu Vikaara, Agada.

ISSN: 2456-3110 

 

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Newsletter Fitoterapia nr. 53 – Aprile 2020

Ashwagandha e Rodiola: Stanchezza fisica, Stanchezza mentale, Umore, Convalescenza e Sindrome da Decondizionamento

BOOK

Nutrition and Enhanced Sports Performance. Academic Press, 2013. 343-350. Elsevier®

Editors: Debasis Bagchi Sreejayan Nair Chandan Sen

CHAPTER 34

“An Overview of adaptogens with a special emphasis on Withania and Rhodiola.” 

Wal, Pranay, and Ankita Wal.

 

L’epidemia di Covid-19 sta generando un globale impatto sulla vita degli individui; se da un lato questa patologia ha aggredito il fisico di un’ampia parte della popolazione in tutto il mondo non meno gravi sono gli effetti che essa ha prodotto, sta producendo e produrrà anche sulla sfera psico-emotiva di tutti, comportandosi come un aggressivo fattore di “stress” con significativi riflessi su umore, benessere generale, mancanza di tranquillità, astenie e nevrosi; bisogna poi tener in considerazione che questa situazione eccezionale si presenta nel periodo di cambio climatico stagionale, nel quale anche per l’avvento del primo caldo, si avvertono più che in altri periodi dell’anno astenie psico-fisiche.

Si deve poi tener conto del fatto che la ripresa delle attività lavorative, dopo l’attuale fermo forzato, si concretizzerà nella necessità spesso di un maggior impegno lavorativo sia fisico che mentale.

Questo contesto sta determinando crescenti richieste di integratori naturali che possano aiutare ad affrontare meglio fisicamente e mentalmente la ripresa della normale vita sociale e lavorativa.

La ricerca farmaceutica offre oggi un’ampia disponibilità di questa tipologia di preparati, di diversa natura, che possono aiutare l’organismo ad affrontare momenti di debolezza fisica e mentale ma anche la convalescenza da malattie; questa newsletter, prendendo spunto dai contenuti del capitolo 34 di “Nutrition and Enhanced Sports Performance”, vuole riproporre, nelle problematiche di cui sopra, i peculiari razionali di utilità degli integratori naturali a base di piante medicinali ad effetto tonico-adattogeno ed in particolare di Withania somnifera Dunal (Ashwagandha) e Rodiola rosea L. (Rodiola) che consentono di facilitare la fase di gestione e di recupero fisico e mentale, in momenti di affaticamento, stress e debolezza, sulla base di effetti specifici anche sull’apparato respiratorio.

 

La convalescenza post Covid-19

Nel quadro generale sopradescritto sono comprese anche le tipiche compromissioni psico-fisiche della convalescenza non solo delle più comuni patologie invernali ma anche, tristemente in questo periodo, di forme gravi o lievi della patologia Covid-19 per le quali la convalescenza deve essere considerata come una fase molto importante del trattamento della patologia, assumendo una importanza rilevante per più motivi, legati principalmente alla grave compromissione che Covid-19 arreca all’apparato respiratorio.

Particolare attenzione alla fase di convalescenza post Covid-19 è stata infatti posta dal gruppo di ricercatori clinici dell’Università Politecnica delle Marche, diretti dalla professoressa Maria Gabriella Ceravolo (Presidente del Board di Medicina fisica e riabilitativa dell’Unione Europea Medici Specialisti) che hanno messo a punto uno specifico programma di riabilitazione respiratorio gratuito e consultabile anche on-line (simfer.online/protocollo_postcovid19).

Questo gruppo di ricercatori, visto che il numero dei guariti da Covid-19 aumenta di giorno in giorno, si è concentrato sul problema rappresentato dal fatto che una volta debellato il virus, nei soggetti in fase di remissione possono persistere sintomi quali dispnea (respirazione faticosa) per sforzi modesti, facile faticabilità, vertigini e instabilità posturale, dolore, ansia e più in generale, una severa sindrome da decondizionamento, tipica del riposo prolungato a letto dopo malattie acute. [1]

Si stima che la metà dei pazienti che hanno subito cure intensive dovute al Coronavirus soffrirà di una sindrome da decondizionamento: debolezza, dolore, depressione. [1]

Tra i 29.000 pazienti a necessitare di cure ospedaliere intensive, in conseguenza al contagio da Covid-19, si stima che almeno la metà delle persone con pregressa infezione da Coronavirus soffrirà, nel breve periodo, di una sindrome da decondizionamento anche di grado moderato-severo. [1]

Tale sindrome si caratterizza per un insieme di fenomeni quali affaticamento, debolezza e dolore muscolare, vertigini, scarsa tolleranza anche a sforzi minimi, depressione e ansia; in generale le conseguenze della patologia indotta dall’infezione da COVID-19 sono numerose e tra le più frequenti e serie, in fase acuta, annoverano la compromissione della funzione respiratoria. Tuttavia, anche dopo la dimissione, l’insieme dei sintomi residui può interferire a lungo con la ripresa dell’autonomia nelle attività di vita quotidiana e indurre rischi di complicanze come fatica, depressione, ricadute. [1]

 

Consigli per una convalescenza efficace

Oltre a protocolli specifici anche di natura riabilitativa respiratoria sopra citati, una efficace convalescenza dovrebbe seguire dei generali criteri che assumono una reale valenza clinica a partire dal postulato che la convalescenza dalla malattia deve essere intesa come parte integrante del protocollo di trattamento e non deve essere evitata o sottovalutata e soprattutto deve essere guidata dal consiglio di personale sanitario esperto e, potendo, anche di qualificati esperti della nutrizione. Per un’ottimale convalescenza anche nelle malattie respiratorie devono essere seguiti alcuni criteri fondamentali per una ripresa ottimale e per evitare ricadute.

  • I pazienti che hanno subito un ricovero ospedaliero, una volta a casa, dovranno attenersi scrupolosamente alle indicazioni del medico che sceglierà i farmaci da assumere basandosi ad esempio su età e storia clinica. [2]
  • I medicinali prescritto dovranno essere subito acquistati in farmacia e sarà fondamentale e importante completare tutto il ciclo di assunzione dei farmaci che sono stati prescritti (primariamente per gli antibiotici), rispettando la posologia riportata sulla confezione, salvo diverse indicazioni del medico. [3]
  • Nel caso dell’assunzione degli antibiotici, anche in presenza di un sensibile miglioramento, l’interruzione precoce della loro assunzione può rendere i batteri resistenti al principio attivo e rendere inefficace tutta la terapia. [4]
  • Durante la convalescenza è fondamentale riposare e rallentare i ritmi. I soggetti generalmente sani iniziano a stare meglio entro uno-tre giorni da quando cominciano la terapia farmacologica; durante questi primi giorni, è importante riposare molto e bere tanti liquidi. anche in presenza dei primi miglioramenti non bisogna “esagerare” e chiedere troppo all’organismo, perché il sistema immunitario è ancora in fase di ripresa; questo è un aspetto molto importante poiché un eccesso di attività può provocare il rischio di una recidiva. [5]
  • Durante la convalescenza si devono bere molti liquidi (soprattutto acqua) per aiutare a sciogliere il muco nei polmoni. [5]
  • Durante la convalescenza bisogna completare l’intero ciclo di farmaci prescritti dal medico. [5]
  • Tornare dal medico per un controllo, se necessario. [5]
  • Tornare alla normale routine quotidiana gradualmente e solo se il medico lo permette. Bisogna ricordare che durante la convalescenza è più facile stancarsi presto e quindi le attività devono riprendere con gradualità. [5]
  • Secondo il parere del medico evitare di restare troppo a letto e cercare di essere attivi senza però stancarsi troppo. In linea teorica, non bisognerebbe svolgere le normali attività per uno o due giorni, per permettere all’organismo di riprendersi. [6]
  • Durante la convalescenza possono essere utili dei semplici esercizi di respirazione anche a letto (es. inspira profondamente e trattenere l’aria per tre secondi, dopodiché espirare tenendo le labbra parzialmente chiuse). [5]
  • Aumentare gradatamente lo sforzo fisico seguendo il proprio ritmo passeggiando in casa; quando ci si renderà conto che questo esercizio non sarà faticoso, si potranno fare percorsi più lunghi. [5]
  • Durante la convalescenza sarà molto importante proteggere se stessi ed il sistema immunitario; bisogna ricordare che durante la guarigione dalla polmonite le difese immunitarie sono deboli; sarà quindi una buona norma essere prudenti e stare lontano dalle persone malate, per esempio evitando i luoghi particolarmente affollati, come i centri commerciali o i mercati. [5]

Molta attenzione e cautela dovrà essere posta nella fase di ritorno sul lavoro o a scuola; dato il rischio di infezione si dovrebbe attendere la normalizzazione della temperatura corporea e l’assenza di tosse o catarro; durante la convalescenza il chiedere troppo all’organismo comporta il rischio di recidive. [5]

 

La dieta durante la convalescenza

Durante la convalescenza bisogna seguire un’alimentazione sana; mangiare in maniera corretta non cura la polmonite, ma una buona dieta può aiutare durante la convalescenza. Un’alimentazione attenta, ricca di nutrienti preziosi, riveste un ruolo fondamentale per stimolare il sistema immunitario e recuperare energia, fisica e mentale. Un’alimentazione equilibrata e sana, che fornisca tutti i nutrienti necessari è indispensabile per avere buoni meccanismi di difesa immunitaria: l’organismo è così messo in condizione di rispondere meglio a qualsiasi attacco di virus e batteri. [5]

Nella dieta dovrebbero essere regolarmente presenti frutta e verdura dai colori brillanti, perché contengono antiossidanti utili all’organismo per resistere e guarire dalla malattia. Anche i cereali integrali sono importanti essi infatti rappresentano un’ottima fonte di carboidrati, vitamine e minerali che rafforzano il sistema immunitario e aumentano le energie; sarà inoltre utile l’assunzione di alimenti proteici, perché forniscono al corpo i grassi antinfiammatori. [5]

Avena e riso integrale sono una fonte di cereali integrali; fagioli, lenticchie, pollo senza pelle e pesce integrano l’alimentazione con proteine; (meglio evitare le carni grasse, come quella rossa o i salumi); bere molti fluidi per mantenerti idratato e fluidificare il muco nei polmoni; il brodo di pollo è un’ottima fonte di liquidi, elettroliti e proteine. [5]

Se si sono assunti antibiotici bisogna tener presente che, oltre ai germi responsabili dell’infezione, questi hanno agito anche sulla flora intestinale, la cui integrità è fondamentale per le funzioni digestive, per la sintesi di vitamine e di altre sostanze utili e per impedire lo sviluppo di germi patogeni nel colon. Diventa perciò consigliabile per una o due settimane inserire quotidianamente, nella prima colazione o negli spuntini, alimenti ricchi di fermenti lattici, preziosi per la flora intestinale. Quindi yogurt, kefir, latti fermentati: in commercio inoltre è possibile trovare molti prodotti, i cosiddetti probiotici, addizionati di vari fermenti, che resistono meglio all’acidità gastrica arrivando più numerosi là dove servono. Anche le verdure latto-fermentate come i crauti sono benefiche non solo per l’intestino, grazie alla loro ricchezza di fermenti e di vitamine del gruppo B e C. [7]

Inoltre, i trattamenti con antibiotici possono provocare degli stati di carenza: sintomi tipici di mancanza della vitamina B sono le screpolature della labbra e i tagli agli angoli della bocca, o la lingua e le mucose infiammate. Ma dove si trovano queste preziose sostanze? Trattandosi di vitamine diverse, anche se della stessa famiglia, le fonti non sono sempre uguali; in generale tra quelle vegetali troviamo tutti i cereali integrali (riso e frumento, miglio, segale, grano saraceno, orzo), i semi oleosi (arachide, sesamo, pinoli ecc.), la frutta secca (mandorle, noci, nocciole, ecc.), i legumi (soia in particolare) e anche alcuni ortaggi (cavoli, radicchio, asparagi, spinaci). [7]

Dopo una malattia l’inappetenza è piuttosto comune e bisogna un po’ forzarsi per mangiare a sufficienza: in linea generale è importante però non cedere ai peccati di gola e non “tirarsi su” solo con cioccolatini e caramelle, ma scegliere pietanze cucinate semplicemente, con pochi grassi e facilmente digeribili, che non stressino il fisico già indebolito. Un’alimentazione sana e bilanciata tra i vari nutrienti, basata sui cereali, ricca di frutta e verdura e con un corretto apporto di proteine e grassi è fondamentale per tornare in salute. Durante la convalescenza è altrettanto importante assumere cibi ricchi di tutte le vitamine in generale, in particolare della C per il suo ruolo immunostimolante e di quelle del gruppo B (dalla B1 alla B12) indispensabili negli stati di affaticamento per ridare energia, aiutare il cervello e stimolare il processo di guarigione. [7]

Tra le fonti animali il fegato è l’alimento che ne contiene di più, mentre si trova la B12, quasi assente nel mondo vegetale, anche nel pesce, nelle uova e nei latticini. [7]

Sarà comunque sempre importante consultare sempre il medico prima di apportare dei cambiamenti significativi nella alimentazione. [5]

 

Il ruolo degli integratori naturali nella convalescenza

Premessa la priorità, durante la convalescenza, di osservare le indicazioni del Medico, uno stile di vita sano ed un’alimentazione corretta, quando lo stato di debolezza sia particolarmente persistente accompagnandosi a lentezza nei miglioramenti può servire anche l’aiuto di integratori naturali con effetto tonico-adattogeno.

La prescrizione di sostanze integrative toniche-adattogene nei periodi convalescenziali è una prassi clinica non solo nelle principali medicine tradizionali ma anche della moderna biomedicina. [8]

Sull’argomento basti pensare al gran numero di preparati a base di complessi vitaminici, associati ad altri bioattivi, spesso naturali, impiegati da sempre come ricostituenti nella pratica della moderna medicina generale a partire dagli anni sessanta. [9]

La moderna ricerca farmaceutica e nutraceutica offre oggi un gran numero di preparati di diversa tipologia che possono essere d’aiuto, come tonici ed adattogeni, nel recupero di vigoria fisica e mentale e che trovano diversa indicazione a seconda della loro formulazione. [10]

La disponibilità di questi preparati è oggi pressochè infinita in quanto rappresentata da un gran numero di singoli bioattivi (fitomedicinali e non) e delle loro molteplici possibili associazioni, tuttavia tra queste ultime sarebbe raccomandabile impiegare formulazioni ispirate ad associazioni razionali e ben tollerate. [11,12,13]

Una semplice ma possibile classificazione di questi preparati potrebbe essere fatta suddividendoli in preparati pro-energizzanti diretti e in pro-energizzanti indiretti.

Al gruppo dei preparati pro-energizzanti diretti potrebbero appartenere tutti i preparati che rappresentano una fonte diretta (singola o in associazione ad altre sostanze) di sostanze energizzanti (es. pappa reale, miele, bioattivi proteici, etc.) mentre al secondo gruppo potrebbero essere assegnate tutte le sostanze bioattive che agiscono a favore di vigoria fisica e mentale in maniera indiretta come ad esempio i prodotti a base di vitamine, minerali e piante medicinali adattogene.

Spesso i preparati più completi sono formulati miscelando fonti bioattive appartenenti alle due classi summenzionate come ad esempio le associazioni di piante medicinali adattogene con complessi vitaminici specifici e/o sostanze energizzanti.

Particolare attenzione in questi ultimi anni è stata posta sull’utilità delle piante medicinali adattogene nell’aiutare l’organismo ad affrontare esaurimento fisico e mentale e al recupero della fisiologica vigoria psico-fisica. [14]

Queste piante medicinali offrono una serie di effetti ritenuti vantaggiosi per più motivi poiché dimostrano capacità toniche, adattogene, energizzanti indirette anche in situazioni patologiche (es. oncologia), ed anche significativi effetti immunomodulatori di natura protettiva e profilattica anche antivirale. [15,16,17] In particolare le piante medicinali adattogene (Rodiola, Ashwagandha, Eleuterococco, Ginko, Schisandra, etc.) si dimostrano particolarmente utili nella convalescenza delle malattie. [18,19,20]

Nella pratica clinica corrente le piante medicinali adattogene rappresentano uno strumento utile e versatile, in più condizioni, offrendo più effetti a favore del benessere fisico e psico-emotivo associando effetti tonici, adattogeni, protettivi ed immunomodulatori. [21,22]

Di particolare interesse risultano inoltre specifiche associazioni tra piante medicinali adattogene e vitamine. [23,24,25]

La recente ricerca scientifica si è particolarmente concentrata sul ruolo immunomodulatorio delle principali piante medicinali adattogene fornendo una ragguardevole quantità di evidenze farmacologiche e cliniche; in particolare questo bagaglio di conoscenze scientifiche consente un orientamento per il loro migliore impiego clinico ed integrativo sulla base delle crescenti acquisizioni sui singoli meccanismi d’azione. [Benefica: newsletter nr. 52]

 

Sintesi del concetto di sostanza adattogena

Il termine adattogeno si riferisce a una sostanza che può favorire nell’organismo uno stato di elevata resistenza [26] che consente a un organismo di affrontare diversi tipi di situazioni stressanti. [27] Questo concetto deriva dalla “sindrome di adattamento generale” [28,29] e propone che un organismo, di fronte a una situazione stressante, attraversi tre fasi fisiologiche: (a) allarme,(b) resistenza e (c) esaurimento.

Postulato della identificazione di questa sindrome, è che un organismo abbia una capacità limitata di far fronte alle aggressioni ambientali e che questa capacità possa declinare con una continua esposizione a tale aggressione, causando disturbi alla salute e malattie.

Un adattogeno è una sostanza o un fitonutriente che ha la capacità di aiutare a normalizzare o “adattare” le funzioni fisiologiche del corpo a un migliore funzionamento, indipendentemente dallo stato fisico e di salute in quel momento della persona (cioè ad es. un atleta o un malato cronico).

Come coadiuvanti di altri trattamenti specifici, gli adattogeni possono anche aiutare a modificare il decorso della malattia.

Le piante medicinali adattogene contengono componenti vegetali attivi noti come fitochimici; esempi di sostanze fitochimiche che contribuiscono al nostro benessere sono i triterpeni, i fenilpropani, le ossiplipine e i polisaccaridi.

Queste sostanze aiutano a stimolare il sistema immunitario e aumentare l’energia vitale complessiva.

Gli adattogeni quindi sono un gruppo farmacoterapeutico di preparati a base di piante medicinali o altre sostanze e vengono utilizzati per aumentare ad esempio l’attenzione (prestazioni mentali) e la resistenza durante l’affaticamento (prestazione fisica) e per prevenire, mitigare o ridurre i disturbi i indotti dallo stress e legati al sistema neuroendocrino e immunitario. [30]

Un’ulteriore definizione di adattogeno può essere formulata in termini di condizioni fisiologiche: si afferma cioè che le sostanze adattogene hanno la capacità di normalizzare le funzioni del corpo e rafforzare i sistemi compromessi dallo stress.

Alle sostanze adattogene viene in generale attribuito un effetto protettivo sulla salute contro un’ampia varietà di aggressioni ambientali e di condizioni emotive. Gli adattogeni sono composti che potrebbero aumentare “lo stato di resistenza non specifica durante lo stress”. [31,32]

Gli adattogeni sono ritenuti sostanze sicure, che aumentano in modo non specifico la resistenza contro fattori fisici nocivi (fisici, chimici, biologici) e psicologici (“fattori di stress”); l’effetto degli adattogeni viene definito “normalizzante” ed è indipendente dalla natura dello stato patologico. [33]

Gli adattogeni sono sostanze che favoriscono in un organismo uno stato di resistenza che consente loro di contrastare i segnali di stress e di adattarsi a sforzi eccezionali. [34]

Gli adattogeni in genere agiscono sul sistema immunologico – neuroendocrino, inteso globalmente come il sistema di interazione del sistema immunitario e del cervello con gli ormoni.

Il termine “adattogeno” non è stato ancora pienamente accettato dalla Medicina convenzionale probabilmente per la difficoltà di riconoscere le sostanze “adattogene” da quelle immunomodulanti, da sostanze anabolizzanti, nootropiche e toniche; in molti casi (es. Rodiola, Ashwagandha, Eleuterococco) queste piante medicinali esercitano contemporaneamente più di questi effetti.

Non vi è dubbio tuttavia che, almeno negli esperimenti su animali, esistono farmaci vegetali in grado di modulare fasi distinte della sindrome di adattamento come definita da Seyle. [27]

Questi farmaci vegetali riducono le reazioni allo stress durante la fase di allarme o ritardano/prevengono la fase di esaurimento e forniscono quindi un certo grado di protezione contro lo stress a lungo termine.

Attualmente vengano proposti e commercializzati molti preparati naturali (come integratori) che promettono effetti “antistress” per aumentare la resistenza a stress, traumi, ansia e affaticamento, tuttavia solo per un ristretto numero di piante medicinali questi effetti sono stati pienamente dimostrati (es. Withania, Rhodiola, Ginseng, Eleuterococco, Ocimum, Codonopsis).

Il termine “adattogeno” viene utilizzato spesso anche nella classica erboristeria per definire effetti ringiovanenti, tonici, rasayana o ricostituenti di alcune piante medicinali.

Una caratteristica specifica dell’azione adattogena è che il suo effetto aiuti il ​​corpo a ritornare a uno stato di equilibrio.

Pur non esistendo attualmente una definizione rigorosa delle caratteristiche adattogene di un composto vegetale, un adattogeno deve avere le seguenti proprietà [31]:

  1. mostrare un’attività non specifica, cioè un aumento del potere di resistenza contro agenti nocivi fisici, chimici o biologici;
  2. Avere un’influenza normalizzante indipendente dalla natura dello stato patologico;
  3. Essere innocui e non influenzare le normali funzioni del corpo più del necessario.

È tuttavia attualmente accettato che le piante adattogene, se utilizzate in modo cronico, siano in grado di aumentare la capacità dell’organismo di sopportare aggressioni fisiche, chimiche o ambientali; di conseguenza, viene ritenuto che le sostanze adattogene contribuiscano ad un miglioramento generale delle condizioni di salute, che può manifestarsi, tra le altre cose, attraverso il miglioramento delle funzioni cognitive (come le capacità di apprendimento e di memoria) e un aumento della qualità del sonno e delle prestazioni sessuali. [31,33]

Gli effetti delle piante medicinali adattogene vengono prevalentemente ricondotte al coinvolgimento del sistema endocrino più che a quello del sistema nervoso centrale tuttavia un crescente numero di evidenze indicherebbe anche la capacità degli adattogeni di influenzare funzioni centrali. [27] Gli adattogeni migliorano la risposta allo stress. [34] Gli adattogeni aiutano l’organismo ad adattarsi normalizzando i processi fisiologici nei periodi di maggiore stress. [35]

L’associazione di più piante medicinali adattogene, che hanno meccanismi d’azione diversi, consente di affrontare il problema del recupero fisico e mentale su più fronti.

 

Withania somnifera come adattogeno

Withania somnifera Dunal (Solanaceae), conosciuta come Ashwagandha, una della piante medicinali maggiormente impiegate in Ayurveda, sta guadagnando molta popolarità anche in molti paesi occidentali. Già la descrizione in chiave ayurvedica del sapore primario di questa pianta, “acuto e pungente”, indica di essa una generale capacità “riscaldante” in relazione alla sua capacità di stimolare il metabolismo e la digestione, eliminare il muco e migliorare la circolazione.

L’Ayurveda descrive quindi come “dolce” il sapore post-digestivo di Ashwagandha; è molto interessante notare come l’Ayurveda, in questo caso, sin dall’antichità distinguesse proprietà diverse delle pianta medicinale assunta come tale (direttamente la droga o una sua forma estrattiva) rispetto a quelle dei suoi metaboliti post-digestivi (e quindi non necessariamente identificabili attraverso il senso del gusto); queste “qualità secondarie” sono proprie della sostanza primaria quando viene convertita in una forma di nutriente più pura. [35] Nel caso di Ashwagandha il sapore “dolce” post-digestivo è correlato alla sue profonde proprietà nutritive, ormonali e alla sua capacità di rafforzare e nutrire il sistema nervoso. Il caratteristico odore e sapore terroso di Ashwagandha è dovuto alla presenza di alcuni lattoni steroidali (witanolidi). [36] È da questo odore caratteristico, poco gradevole all’olfatto, che deriva il nome sanscrito di Ashwagandha (odore di cavallo) che ne consente anche una facile identificazione. Ashwagandha è noto anche come “Ginseng indiano” indicandone il generale effetto tonico ed è una pianta medicinale di largo uso anche perché è eccezionalmente facile da coltivare ed è pronta per il raccolto in un solo anno di crescita.

Secondo letteratura scientifica Withania somnifera Dunal possiede significativi effetti immunomodulanti, antinfiammatori ma soprattutto adattogeni, che vengono ricondotti al complesso dei molti witanolidi steroidali presenti nella radice della pianta medicinale. [37,38] Il termine “witanolidi” indica un insieme di famiglie molecolari steroidali (anche glicosilate) che rappresentano i principali costituenti chimici della Withania e la pianta è attualmente oggetto di una considerevole attenzione scientifica. [39]

Anche la frazione acquosa ottenuta da radici di Ashwagandha e privata dei witanolidi dimostra nel ratto attività anti-stress dose dipendente. [40]

Withania somnifera dimostra attività sul sistema nervoso centrale e sull’asse HPA oltre ad avere profonde proprietà antiossidanti. Le azioni identificate sul sistema nervoso centrale comprendono il coinvolgimento della funzione dei neurotrasmettitori (catecolamine), della regolazione dell’acetilcolina, e un effetto dopaminergico e serotoninergico [Benefica: monograph] che può essere responsabile del potenziamento della memoria e della funzione cognitiva. Withania somnifera dimostra inoltre un effetto mimetico GABA che svolge un ruolo importante nella riduzione dello stress psicologico, un fattore ben noto nell’evoluzione degli stati patologici. [41]

Il meccanismo d’azione dell’attività adattogena di Withania somnifera viene ricondotto alla sua capacità di modulare l’attività dell’asse HPA come dimostrato in uno modello di stress cronico (indotto con shock termico) sul ratto che ha provocato una varietà di malattie non specifiche tra cui ulcera gastrica, iperglicemia, intolleranza al glucosio, aumento del cortisone plasmatico, disfunzione sessuale nei maschi, deficit cognitivi, immunosoppressione e depressione mentale; inoltre in specifici modelli di induzione di stress (test di nuoto forzato in acqua fredda) gli animali trattati con Withania hanno mostrato una migliore tolleranza allo stress. [42]

La natura steroidale dei fitochimici contenuti nella radice di Ashwagandha ne fa ipotizzare prevalenti (ma non unici) meccanismi d’azione attivatori di specifiche vie biochimiche.

 

Withania somnifera per l’ansia

Withania somnifera Dunal dispone di un elevato numero di studi sperimentali sul ratto e di un considerevole numero di studi sull’uomo. In particolare uno studio clinico sull’uomo ha suggerito l’efficacia ansiolitica di un estratto etanolico della radice. [43] In questo studio in doppio cieco controllato con placebo, 20 pazienti affetti da disturbo d’ansia hanno ricevuto un estratto di Withania sotto forma di compressa mentre 19 persone hanno ricevuto un placebo; i pazienti sono stati valutati al basale, alla fine della settimana 2 e alla fine della settimana 6 (endpoint del trattamento). Questo studio ha dimostrato una superiorità ansiolitica della Withania rispetto al placebo e gli autori hanno concluso che la Withania ha un utile potenziale ansiolitico; un altro studio ha concluso inoltre che la capacità ansiolitica di Withania somnifera può avere un ruolo nella gestione dello stress acuto o cronico. [44]

Un altro studio randomizzato sull’uomo ha studiato l’efficacia di trattamenti naturali sui sintomi dell’ansia e la Withania è stata utilizzata nel gruppo di trattamento insieme ad altre terapie. Lo studio è stato condotto in doppio cieco, randomizzato, con 41 partecipanti nel gruppo di trattamento che hanno ricevuto consulenza dietetica, tecniche di rilassamento di respirazione profonda, un multivitaminico standard e radice di Withania standardizzata all’1,5% in witanolidi, 300 mg due volte al giorno. Il gruppo di controllo di 40 partecipanti ha ricevuto invece psicoterapia, tecniche di rilassamento respiratorio abbinate a un placebo. L’outcome primario cioè i valori della Beck Anxiety Inventory (BAI), è risultato diminuito del 56,5% nel gruppo di trattamento rispetto al 30,5% nel gruppo di controllo. Questi punteggi erano entrambi statisticamente significativi ma la riduzione dell’ansia totale tuttavia è risultata più significativa nel gruppo di trattamento (in cui era presente Withania somnifera) e solo nel gruppo di trattamento sono stati osservati evidenti miglioramenti anche di altri specifiche sotto-scale della misurazione dell’ansia. [45]

 

Withania somnifera per il sonno

Uno studio sull’uomo sano ha utilizzato 750-1250 mg/kg di estratto acquoso di radice di Ashwagandha (6,10 g radice equivalente) ed ha rivelato che 6 su 17 soggetti hanno segnalato di dormire meglio. Gli studi sull’uomo, dove Ashwagandha viene utilizzata tutti i giorni, anche se non per trattare esclusivamente lo stress, tendono a riportare un miglioramento della qualità del sonno. [46,47]

 

Withania somnifera per l’umore

Nel modello animale Ashwagandha ha ripetutamente dimostrato effetti anti-depressivi, al dosaggio di 20-50 mg  withanolidi glicosilati/kg, somministrato per alcune settimane anche se con potenza non superiore rispetto al farmaco di riferimento imipramina (10  mg/kg). [48]

In un altro studio 50-150 mg/kg di estratto di radice di Ashwagandha, somministrati per 14 giorni prima dei test, sono stati in grado di causare, nel ratto, effetti antidepressivi dose-dipendenti, con una potenza statisticamente paragonabile a 32,64 mg/kg di Imipramina, mentre dosaggi inferiori a 50 mg/kg di Ashwagandha, confrontati con imipramina (16 mg/kg), sono stati efficaci, da soli, nel migliorare la sensazione di impotenza e le prove del test di nuoto forzato. In questo studio si è anche osservato che anche Bacopa monnieri sinergizzava con l’imipramina, ma risultava essere, da sola, debolmente efficace ed in ultima analisi meno sinergica di Ashwagandha; [49] al contrario anche dosaggi sub efficaci di Ashwaganhda (50 mg/kg) hanno dimostrato attività sinergica con il Diazepam nel ridurre la depressione e sinergia con l’imipramina (conclusioni replicate anche in altri studi) e la fluoxetina, e in altri studi con la classe dei farmaci SSRI. [50]

Nelle persone coinvolte da stress cronico, 300 mg di Ashwagandha/die per due mesi, hanno ridotto del 77-79,2% i sintomi della depressione (valutati con GHQ,28 e DASS). [51]

Ashwagandha, da sola, sembra esercitare effetti antidepressivi con una potenza simile a quella dell’ Imipramina (pur richiedendo una dose leggermente superiore), e sembra essere altamente sinergica con altri antidepressivi quali la fluoxetina.

Nell’uomo un dosaggio di 300 mg/die di Ashwagandha per due mesi, ha comportato miglioramenti nelle interazioni sociali valutati attraverso questionari specifici sulla auto percezione di salute generale, evidenziando una riduzione della “disfunzione sociale” del 68.1 % rispetto al placebo che la ha aumentata del 3.7 %. [52]

Nei pazienti oncologici l’utilizzo di Ashwagandha come coadiuvante (2.000 mg tre volte al giorno), ha comportato miglioramenti nelle interazioni sociali e nella percezione di benessere. [53]

Relativamente all’interazione sociale, correlata con i meccanismi della neurotrasmissione serotoninergica e a quelli dell’ansia, Ashwagandha sembra promuovere l’interazione sociale e attenuare gli effetti negativi che l’isolamento prolungato ha sulla funzione sociale. [158]

 

Withania somnifera per la memoria

In uno studio si sono valutati gli effetti anti-amnesia di un estratto acquoso di radice di Ashwagandha (100 mg/kg) per un mese per via orale, somministrandolo ad un gruppo di soggetti sani. Nello studio l’estratto in questione ha supportato le performances di memoria ma non ne ha incrementato la formazione. [54]

 

Withania somnifera per il fisico

La supplementazione orale di Ashwagandha, da sola, (500 mg di estratto di radice acquoso) ha determinato un miglioramento di velocità (2,9%), potenza (media dell’8,8% e relativa del 10%) e VO2 max (6,8%) in soggetti non atleti agonisti. La supplementazione orale di Ashwagandha in soggetti sani ha migliorato i parametri cardiorespiratori durante l’esercizio fisico, in particolare il VO2 max. [55]

In uno studio condotto su persone sedentarie sane, si è notato che l’integrazione di un estratto acquoso di Ashwagandha a dosaggi di 750-1250 mg al giorno per più di 30 giorni, nonostante i soggetti non fossero sottoposti a programmi specifici di esercizio fisico, ha comportato un aumento della produzione di forza fisica nella parte bassa della schiena (15,4%) e nei quadricipiti (21,5%); i risultati sono stati osservati dopo 30 giorni di trattamento. [56]

In un altro studio in soggetti sani non allenati, sottoposti ad un programma di allenamento di incremento di forza per 8 settimane, 300 mg di estratto di Ashwagandha (standardizzato al 5% withanolidi), in confronto con placebo, somministrati due volte al giorno, hanno determinato un miglioramento del parametro One-repetition maximum sulla panca di 20 kg (44 libbre) in più rispetto al gruppo placebo. Prove preliminari suggeriscono che Ashwagandha può aumentare la potenza esplosiva in soggetti sedentari quando iniziati ad allenamento di resistenza sia in quelli che non vengono sottoposti a specifici programmi di allenamento. [57]

Withania somnifera dimostra di migliorare le prestazioni aerobiche; in ciclisti professionisti, 500 mg di estratto di radice acquoso, due volte al giorno per otto settimane, hanno aumentato in modo statisticamente significativo il VO2 max (12,5%) e la resistenza alla fatica. Ashwagandha ha determinato un aumento del VO2 max in ciclisti professionisti a dosaggi standard. [58,59]

In uno studio sull’uomo, condotto su soggetti con ’disfunzione erettile psicogena’ (mancanza di erezione a causa di ansia e di paura di fallimento), diagnosticata secondo i criteri del DSM-IV, non si sono osservati effetti statisticamente significativi tuttavia si sono osservati vantaggi significativi su tutti i parametri misurati (International Index of Erectile Dysfunction). [60]

In uno studio, in uomini infertili, 5 g di polvere di radice Withania somnifera al giorno, hanno migliorato tutti i parametri seminali misurati (motilità, stato di antiossidazione, conta cellulare, concentrazione e volume) con un miglioramento dei biomarker dello stato nutrizionale dello sperma (vitamina C e fruttosio). [61]

Successivamente, in un altro studio, lo stesso dosaggio di radice di Ashwagandha ha determinato miglioramenti su tutti i biomarker spermatici (lattato, citrato, glicerofosforilcolina, ecc.) associati ad un aumento dei parametri seminali quali la motilità e la conta spermatica. Attualmente si ritiene che questo effetto protettivo derivi dalla promozione di produzione di enzimi antiossidanti e dalla riduzione dello stress ossidativo, così come confermato dalla capacità di Ashwagandha di ridurre le specie reattive all’ossigeno nelle cellule spermatiche. [62]

In uno studio si sono valutati gli effetti di 5 g di radice in polvere al giorno, per 3 mesi, in soggetti normozoospermici sterili, in soggetti sterili e pesanti fumatori e in soggetti infertili per motivi psicologici. In tutti i soggetti si sono osservati miglioramenti per quanto riguarda il numero degli spermatozoi (17,20 e 36%), la loro motilità (9, 10 e 13%) ed una diminuzione del tempo di liquefazione del seme (19, 20 e 34%). In uomini infertili, Ashwagandha sembra aumentare tutti i parametri seminali e questi effetti, si ritiene, migliorino la fertilità in correlazione ad un miglioramento dello status antiossidante nei testicoli e negli spermatozoi. [63,64]

 

Withania somnifera nella convalescenza da malattie

Per i generali effetti psico-fisici, tonici, adattogeni ed immunomodulatori, Ashwagandha viene ritenuto un ideale adiuvante nella convalescenza da malattie. [65]

Ashwagandha possiede specifici effetti adiuvanti della funzionalità respiratoria. [58,59]

 

Withania somnifera per l’apparato respiratorio

La frazione polisaccaridica di Ashwagandha sembra avere proprietà anti-tosse che possono ridurre la tosse indotta da sostanze chimiche irritanti.

La componente polisaccaridica di Ashwagandha sembra esercitare effetti anti-tosse in un modello di tosse chimicamente indotta nel ratto: 50 mg/kg di frazione polisaccaridica di Ashwagandha, misurando la tosse nell’intervallo di tempo 30-300 minuti dopo l’assunzione orale, dimostrano un trend di potenza anti-tosse più efficace di 10 mg/kg di fosfato di codeina; queste conclusioni sono state confermate anche in altri studi utilizzando la stessa metodologia sperimentale. [66]

Il dosaggio di 50 mg/kg utilizzato nelle cavie è di 11 mg/kg e corrisponde nell’uomo (di circa 70 kg) a 750 mg/die. Poiché la frazione polisaccaridica corrisponde a 196 mg ogni 20 g di peso secco della droga, gli effetti anti-tosse possono essere ottenuti con la somministrazione di elevate quantità di droga in polvere o di estratti della stessa. [67]

 

Withania somnifera per il sistema immunitario

L’uso tradizionale di Ashwagandha come immunomodulatore [67,68] trova numerose conferme nella recente ricerca scientifica. [Benefica: newsletter nr. 52]

Un recente studio (condotto su topi albini svizzeri) ha valutato l’effetto del witanolide A (isolato dall’estratto di radice di Withania somnifera) sulle alterazioni croniche indotte dallo stress sulla distribuzione del sottogruppo di linfociti T e sui corrispondenti modelli di secrezione di citochine. [69]

Gli effetti adattogeni di Withania sono stati esaminati anche in uno studio sul ratto utilizzando un modello di stress cronico (indotto con shock termico sulla zampa) che ha indotto una significativa iperglicemia, intolleranza al glucosio, aumento dei livelli di cortisolo, immunosoppressione e ulcerazione gastrica. Withania somnifera, somministrata 1 ora prima dello shock termico attenua questi effetti e dimostra una significativa attività antistress e adattogena simile a quella del Panax Ginseng. [70]

Un importante studio sul ratto ha dimostrato che il witanolide A (uno dei bioattivi principali del fitocomplesso di Ashwagandha), somministrato per via orale una volta al giorno in ratti stressati, determinava un recupero significativo della popolazione di cellule T impoverite dallo stress, con un aumento dell’espressione di IL-2 e IFN-gamma (una citochina delle cellule Th1 helper) e una significativa diminuzione della concentrazione di corticosterone; questo studio supporta il ruolo di Withania nella gestione dello stress, compresa la regolazione della funzione immunitaria. Il coinvolgimento di cellule immunoregolatorie da parte di Withania somnifera (WS) potrebbe avere diverse funzioni come la regolazione della presentazione dell’antigene e del microambiente immunosoppressivo nella fisiologica presenza di citochine derivanti da cellule T. [69]

È stato inoltre osservato che il trattamento con Withania induca una interessante risposta immunitaria mediata da cellule Thl e un aumento delle risposte immunitarie umorali mediate da IgG2a. [71,72]

Una sospensione acquosa di Withania somnifera mostra effetti antinfiammatori e immunosoppressivi inibendo il sistema del complemento, la proliferazione dei linfociti indotta da mitogeni e l‘ipersensibilità ritardata di tipo (DTH) nei ratti. [73] In altri studi sul ratto è stato osservato che estratti di Ashwagandha inducevano una elevata produzione di IgG2a su lgGl. [72]

Come noto lo stress cronico può causare danni alla memoria. In un altro studio sul ratto i ricercatori hanno studiato l’effetto del witanolide A sul deficit di memoria in presenza di atrofia neuronale e perdita sinaptica nel cervello; dallo studio è emerso che nel gruppo di trattamento con Withania i parametri dello stress sono stati ridotti rispetto ai controlli e i parametri del sangue hanno rivelato una diminuzione di CPK, lattasi deidrogenasi (LDH) e perossidazione lipidica (LPO); nello studio è stata inoltre osservata una riduzione del corticosterone sierico nel gruppo di trattamento rispetto ai controlli. [74]

L’attività antistress dell’estratto di radice di Withania somnifera viene attribuita alle sue generali proprietà antiossidanti.

In un modello di induzione di affaticamento cronico nel ratto (con nuoto forzato per 15 giorni) è stato osservato un significativo aumento dei livelli di malondialdeide cerebrale (MDA), indicando il processo di ossidazione di proteine, DNA e lipidi; in questo studio la somministrazione orale di Withania somnifera (100 mg/kg) ha significativamente invertito l’entità della perossidazione lipidica. [75]

 

Rodiola come adattogeno

Rhodiola rosea L. è una preziosa pianta medicinale nota principalmente come adattogeno, che aumenta la resistenza agli effetti dannosi di vari fattori di stress [76-82]; è una piante medicinale attualmente molto studiata per i suoi riconosciuti effetti tonici-adattogeni e per promettenti altri potenziali impieghi clinici (come antidepressivo, pro-cognitivo, anti degenerativo, dimagrante e in oncologia).

Il “Committee on Herbal Medicinal Products” (HMPC) e l’ “European Medicines Agency’s “ (EMA) indicano l’estratto da rizoma di Rhodiola rosea come il principale adattogeno (contrasto e resistenza a stanchezza fisica e mentale) con l’indicazione “Stress” (2011-2012).

Conosciuta anche come radice d’oro, radice di rosa o radice artica, appartiene alla famiglia Crassulaceae e al genere Rhodiola. Si trova ad alta quota nell’Artico e nelle regioni montuose in Europa e in Asia, ed è stato usato come medicinale in Russia, Scandinavia e molti altri paesi per una serie di condizioni come depressione e ansia da stress, affaticamento, anemia, impotenza, infezioni (compresi raffreddori, influenza, tubercolosi), cancro, disturbi del sistema nervoso e mal di testa; Rodiola è classificato come “adattogeno”. È stata ampiamente studiata in Russia e Scandinavia per oltre 35 anni per i suoi effetti come stimolante del sistema nervoso, antidepressivo, ottimizzatore delle prestazioni lavorative e come coadiuvante per eliminare o ridurre l’affaticamento. [83]

Rodiola è considerata come “tonico” e “stimolante” per aumentare la resistenza fisica, la resistenza allo stress, la capacità di attenzione, la memoria, la produttività sul lavoro e la resistenza ai disturbi dell’alta quota. E’ stato dimostrato che già piccole dosi di Rhodiola rosea aumentano l’attività bioelettrica del cervello. [84]

E’ stato inoltre chiarito che Rodiola rosea prolunga le azioni dei neurotrasmettitori come adrenalina, dopamina, serotonina e acetilcolina nel sistema nervoso centrale e nel cervello inibendo l’attività degli enzimi responsabili della loro degradazione [85] potenziando di conseguenza, le funzioni cognitive della corteccia cerebrale e le funzioni di attenzione, memoria e apprendimento della corteccia prefrontale e frontale. [86]

La moderna ricerca scientifica ha dimostrato che Rodiola rosea previene l’aumento dei mediatori della risposta allo stress (proteina chinasi fosforilata), di ossido nitrico e cortisolo provocati ad esempio da stress da immobilizzazione. [87]

Nel modello animale Rhodiola rosea, nei mitocondri, previene la riduzione dell’ATP indotta dall’esercizio fisico intensivo (nuoto forzato) [88] e può essere anche impiegata in caso di malattie nervose mentali borderline, nevrosi, disturbi nevrotici e psicopatie. [89] Nella pratica psichiatrica, gli estratti di Rhodiola rosea sono indicati per la correzione degli effetti collaterali neurologici associati alla terapia psicofarmacologica e per l’intensificazione e la stabilizzazione delle remissioni di pazienti affetti da schizofrenia di tipo astenico e apatico-abulico. [84- 90]

Negli studi sull’uomo, questa radice ha dimostrato di essere efficace nel trattamento della depressione lieve, della nevrastenia [90], nelle compromissioni della funzione cognitiva [91], della disfunzione erettile, dell’amenorrea e dell’infertilità femminile.

Nell’uso tradizionale Rodiola risulta molto impiegata in persone con carenze depressive (astenie), mal di montagna e per aiutare nel recupero da trauma cranico e, nella medicina tibetana, per rafforzare i polmoni, per migliorare la circolazione sanguigna, contrastare affaticamento e debolezza.

Il salidroside (noto anche come rodioloside o rodosina) e le rosavine sono i composti biologici più attivi in Rodiola.

E’ stato ormai chiarito che il salidroside può influenzare anche l’assorbimento del glucosio nelle cellule muscolari attraverso l’attivazione di AMPK. Le rosavine, abbondantemente contenute nella radice, rappresentano i chemiotipi specifici e di titolazione del fitocomplesso di Rodiola ed è stato dimostrato che il componente rosidirina agisce come un inibitore MAO- A / B; le monoamino ossidasi (MAO) sono enzimi che degradano la dopamina, la serotonina e l’adrenalina (epinefrina); la supplementazione quindi con inibitori MAO è correlata a livelli temporanei aumentati di questi neuropeptidi. [158]

La Rodiola contiene anche proantocianidine che spiegherebbero la ragione per cui la Rhodiola rosea esercita un potente effetto antiossidante in vitro; le proantocianidine esercitano un potente effetto antiossidante (possono essere misurate attraverso la capacità di assorbimento dei radicali di ossigeno (ORAC), tuttavia la presenza di proantocianidine non è ritenuta la sola causa della capacità di Rodiola di incrementare le difese antiossidanti intrinseche. [158]

Le proantocianidine sono sostanze naturali con un apprezzabile effetto neuro protettivo grazie principalmente alle capacità antiossidanti. Sembra che la Rhodiola rosea sia in grado di indurre una maggior capacità di risposta allo stress e che la droga in toto o alcuni metaboliti siano in grado di proteggere le cellule dal danno indotto dallo stress. [92]

Gli effetti farmacologici di Rhodiola rosea sono particolarmente interessanti poiché consentirebbero all’organismo di affrontare una fisiologica quantità di stress impedendo che questo diventi eccessivo e nocivo per il corpo; in questa chiave Rodiola indurrebbe una reale e positiva capacità di adattamento alla stress generando nell’organismo risposte benefiche e spiegherebbe bene il perché usando gli “adattogeni” il corpo si “adatti”. [158]

Altro aspetto molto interessante di Rodiola è la sua capacità di esercitare diretti effetti protettivi antiossidanti e di contribuire a sostenere alcuni dei sistemi antiossidanti intrinseci del corpo (come dimostrato su cellule cardiache e neuroni); in natura esistono molti generi di Rodiola, tuttavia Rhodiola rosea è la più studiata. [158]

La natura fitochimica dei bioattivi contenuti nella radice di Rodiola ne fa ipotizzare prevalenti (ma non unici) meccanismi d’azione inibitori di specifiche vie biochimiche.

 

Rodiola per le performances mentali

È stato dimostrato che Rhodiola rosea contrasta le generali conseguenze dello stress; Rodiola infatti influenza le capacità di memoria con attività sui neurotrasmettitori nelle vie neuronali, inoltre è stato chiarito che contrasta l’inattivazione dell’acetilcolina che determina perdita di memoria associata all’età e riduce il danno ossidativo. Rhodiola rosea si dimostra in grado di ridurre i sintomi dell’ astenia fisica e psichiatrica favorendo la capacità intellettuale; è stato inoltre dimostrato che migliora gli effetti degli antidepressivi triciclici e diminuisce i loro effetti collaterali. [93]

Studiando il potenziale antiossidante di tre estratti di tre piante medicinali adattogene (Rhodiola rosea, Eleutherococcus senticosus ed Emblica officinalis) è emerso che Rodiola dimostrava il più alto potenziale di inattivazione dell’ossigeno singoletto, di riduzione del perossido di idrogeno, di riduzione ferrica, di chelazione ferrosa e di protezione del tiolo proteico. [93]

Rhodiola dimostra un elevatissimo contenuto di polifenoli che spiegherebbe non solo le proprietà adattogene, ma anche la capacità di Rodiola di ridurre il rischio di complicanze indotte dallo stress ossidativo. [94]

In uno studio clinico condotto su studenti, sottoposti ad un elevato livello di stress perché in periodo di esame, l’assunzione di Rhodiola rosea per 20 giorni ha migliorato significativamente la forma fisica e ridotto l’affaticamento mentale aiutando l’organismo ad adattarsi e far fronte all’aumento dei livelli di stress. [95]

L’integrazione a basse dosi di Rhodiola rosea in 56 giovani e sani medici in servizio notturno ha determinato una riduzione significativa dell’affaticamento mentale permettendo loro di adattarsi meglio al maggiore stress della situazione e ha ridotto il loro livello di affaticamento fisico e mentale. [96]

 

Rodiola per le performances fisiche

Rhodiola rosea si dimostra un promettente integratore per migliorare la resistenza alla fatica.

Nel ratto, sottoposto a nuoto forzato, la somministrazione Rodiola determina un aumento del tempo di esaurimento del 139 – 159%. [97]

In uno studio clinico, in soggetti sani sottoposti ad esercizio fisico, 4 settimane di integrazione con Rodiola, hanno aumentato significativamente il tempo di esaurimento, da 16,8 a 17,2 minuti, e hanno migliorato significativamente la loro capacità aerobica (VO2max da 50,9 a 52,9 ml/kg). [98]

La supplementazione di Rodiola esercita altri positivi effetti fisici come la protezione dai danni indotti dallo stress al muscolo cardiaco [99], un effetto protettivo contro i tumori [100,101] e una protezione verso impatti epato-tossici. [101]

L’effetto protettivo di Rodiola nei confronti dello stress, che ha aumentato la sopravvivenza di organismi monocellulari e di cellule isolate in presenza di stress ossidativo, non è solo strettamente associato ai diretti effetti antiossidanti della pianta [101-103], ma anche alla sua capacità di migliorare la sopravvivenza biologica, in situazioni di stress ossidativo, stimolando le principali difese antiossidanti intrinseche attivando la fisiologica di risposta antiossidante o degradando H2O2. [158]

L’effetto adattogeno di uno degli estratti brevettati di Rodiola più apprezzati (SHR-5) è stato dimostrato in numerosi studi clinici controllati randomizzati in doppio cieco; questo estratto somministrato per via orale per 2 – 6 settimane, a dosi giornaliere di 288 – 680 mg, ha dimostrato di migliorare l’umore [104], le prestazioni cognitive e l’attenzione [105-107] e alleviare la fatica [108] in condizioni di stress.

Mediamente l’effetto adattogeno di dosaggi razionali di estratti di Rodiola si ottiene dopo 1-2 ore dalla somministrazione. [109-113]

L’effetto adattogeno di estratti idroalcolici di radice di Rhodiola è stato ampiamente confermato in numerosi studi preclinici. [114 -125]

Numerosi studi in vitro e in vivo su animali hanno dimostrato effetti protettivi su tessuto cardiaco, cervello, fegato e sul sistema nervoso centrale [126-135] [126], effetti di crescita della vita media cellulare [119], effetti di inibizione delle MAO [136], effetti immunotropici [136] e attività antibatterica. [129]

Nel modello animale, il frazionamento di saggi di vari estratti di diverse piante medicinali adattogene, ha dimostrato che i principi attivi sono principalmente i derivati ​​del fenil propano e del fenil etano, tra cui salidroside, rosavin, syringin, triandrin, tirosol, ecc.; tra questi fitochimici il rodioloside/salidroside e il triandrin, in diversi studi, sono risultati essere le sostanze maggiormente bioattive. [128,129]

Altri studi condotti su Rodiola rosea hanno suggerito che la sua capacità di indurre una maggiore resistenza allo stress non specifico può essere dovuta a un’azione serotoninergica, ad un aumento delle beta-endorfine e da una modulazione positiva (moderazione) del peptide oppioide, un eccesso del quale può danneggiare il cervello e il cuore.

Rodiola rosea dimostra di agire sul sistema neuroendocrino in modo simile ad altri adattogeni e possiede forti proprietà antiossidanti che possono ridurre la tossicità dei farmaci. Studi sugli animali hanno dimostrato che Rodiola rosea riduce la tossicità da ciclofosfamide, della rubomicina e dell’ adriamicina (farmaci antitumorali), mentre aumenta i loro effetti anticarcinogeni. [139-141]

Ulteriori studi confermano che l’attività anti-invecchiamento di medicinali a base di piante medicinali come quelli contenenti Rhodiola può essere dovuta a molecole che contrastano l’eccessiva ossidazione eliminano e che riducono le reazioni redox squilibrate ripristinando la difesa contro i radicali liberi. [141]

E’ stato dimostrato che Rhodiola sachalinensis, un genere di Rodiola, potrebbe indurre l’espressione genica di iNOS con conseguente sintesi di NO. [142]

Un altro studio condotto su conigli, si è posto l’obiettivo di accertare quali mediatori della risposta allo stress fossero significativamente coinvolti nei meccanismi di azione degli adattogeni e determinare la loro rilevanza come marcatori biochimici per la valutazione degli effetti anti-stress. Lo studio ha suggerito che gli effetti inibitori di Rodiola rosea e Schisandra chinensis, sull’attivazione della chinasi fosforilata p-SAPK/p-JNK, potrebbero spiegare la loro attività antidepressiva e i loro effetti positivi sulle prestazioni mentali in condizioni di stress. [143] Inoltre, uno studio per testare l’effetto delle specie di Astragalo e Rhodiola sullo stress acustico ha evidenziato una riduzione del glicogeno, dell’acido lattico e del colesterolo epatici che possono essere controllati dall’asse HPA come risposta adattativa. [144]

Rodiola rosea dimostra un’azione antinfiammatoria che viene ritenuta un mediatore dell’effetto di miglioramento dell’adattamento, come dimostrato in un gruppo di volontari (non allenati) sottoposti ad esercizio fisico nei quali è stata evidenziata una riduzione dei livelli di proteina C-reattiva e di creatina chinasi. [146]

In un recente studio su 60 soggetti (30 nel gruppo di trattamento, 30 nel gruppo placebo), Rodiola è stata usata per trattare l’affaticamento correlato allo stress; lo studio ha concluso che la somministrazione ripetuta di estratto di Rosea rosea (SHR-5) esercita un effetto anti-fatica che aumenta le prestazioni mentali, in particolare la capacità di concentrazione e diminuisce la risposta del cortisolo in presenza stress nei pazienti con burnout e sindrome da affaticamento. [107]

Sulla base del meccanismo d’azione proposto e dei dati sperimentali disponibili, Rodiola sembra offrire un vantaggio rispetto ad altri adattogeni in circostanze di stress acuto. Una singola dose di Rhodiola rosea (SHR-5) somministrata prima di eventi di stress acuto produce risultati favorevoli e previene le interferenze indotte dallo stress nella delle prestazioni. Poiché molte situazioni stressanti sono di natura acuta e talvolta inaspettate, un rimedio “adattogeno “ che può essere preso anche al bisogno in una situazione di stress, piuttosto che assumere un supplemento cronico in anticipo, potrebbe essere potenzialmente molto utile.

Rodiola offre anche alcuni benefici cardioprotettivi non comuni in altri adattogeni; la sua studiata capacità di moderare il danno e la disfunzione indotti dallo stress sul tessuto cardiovascolare potrebbe rendere Rodiola l’adattogeno di scelta per i pazienti a maggior rischio di malattie cardiovascolari. [145]

L’indicazione emergente più chiara per le preparazioni a base di Rhodiola rosea è quella di farmaco vegetale tonico durante la convalescenza o per aumentare la capacità di lavoro sia mentale che fisica in un contesto di affaticamento e/o stress. [158]

Studi clinici e pre-clinici suggeriscono la necessità di somministrare dosaggi di Rhodiola in intervalli terapeutici ben definiti. [157]

Le prove scientifiche in generale suggeriscono che esiste un livello di evidence incoraggiante a supporto dell’uso di Rodiola a favore della funzione cognitiva e sull’affaticamento, come dimostrato in diversi e numerosi pre-clinici e clinici. [158]

L’effetto adattogeno di Rhodiola incrementa l’attenzione e la resistenza in situazioni di riduzione delle prestazioni causate da affaticamento e sensazione di debolezza e riduce i disturbi e indotti dallo stress correlati con la funzione dei sistemi neuroendocrino e immunitario.

 

Rodiola nella convalescenza da malattie

Per gli i generali effetti psico-fisici tonici ed adattogeni ed immunomodulatori Rodiola viene ritenuto un ideale adiuvante nella convalescenza da malattie. [148,149]

Rodiola possiede specifici effetti tonici sull’apparato respiratorio [150,151]

 

Rodiola per l’apparato respiratorio

Secondo l’antico uso tradizionale in più culture occidentali ed asiatiche Rodiola rosea è stata impiegata come fito-medicinale specifico per le patologie dell’apparato respiratorio riconducibili a componente infiammatoria o infettiva (batterica/virale). [150,151]

Nell’antica Mongolia, Rodiola rosea veniva comunemente raccomandata per la cura e la prevenzione delle patologie respiratorie e indicata come farmaco naturale nella tubercolosi polmonare. [152]

Recente letteratura scientifica, anche sulla matrice umana, ha suggerito lo specifico potenziale antivirale respiratorio di Rhodiola rosea. [153,154]

Recente letteratura scientifica clinica suggerisce la capacità di Rhodiola rosea L. di favorire la fisiologica funzionalità dell’apparato respiratorio. [155,156]

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BOOK

Nutrition and Enhanced Sports Performance. Academic Press, 2013. 343-350. Elsevier®

Editors: Debasis Bagchi Sreejayan Nair Chandan Sen

CHAPTER 34

“An Overview of adaptogens with a special emphasis on Withania and Rhodiola.” 

Wal, Pranay*, and Ankita Wal*

Author information:

*Pranveer Singh Institute of Technology, Kanpur, UP, India

Abstract

Adaptogens are the plant-derived biologically active substances that appear to induce a state of non-specific increase of resistance of the organism to diverse assaults that threaten internal homeostasis and improve physical endurance. The pharmacological assessment of adaptogens typically includes evaluation of their stimulating, tonic and stress protective effects in different screening models in which animals are challenged to acute and chronic stress conditions. Another clue to the identity of plant adaptogens are the chemical compounds found in them that may be responsible for the adaptogenic properties. Adaptogenic activity was seen in withania and rhodiola herbs.

 

KEYWORDS
Adaptogen Hsp Antioxidant Anxiolytic Stress footshock.e
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ISBN 9780128139226, 9780128139233.

 

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Newsletter Ayurveda nr. 60 – Marzo 2020

Newsletter n° «60»

Marzo 2020

L’Ayurveda come training dello spirito: un’evidenza.

 

Glob Adv Health Med. 2019 Apr 29;8:2164956119843814. 

“PSYCHOSOCIAL EFFECTS OF A HOLISTIC AYURVEDIC APPROACH TO WELL-BEING IN HEALTH AND WELLNESS COURSES.” 

Patel S, Klagholz S, Peterson CT, Weiss L, Chopra D, Mills PJ.

 

La newsletter

In questi giorni di comprensiva apprensione per gli effetti fisici e psico-emotivi che la nota epidemia da Coronavirus sta esercitando a livello individuale e sociale, vogliamo proporre questa newsletter con l’intento di offrire una lettura “distensiva” sul fondamentale ruolo curativo e preventivo della “spiritualità”, nella visione ayurvedica, prendendo spunto proprio da quanto sta accadendo in questi giorni in cui l’uomo è chiamato prendere consapevolezza della sua reale dimensione nei confronti della forza della natura.

La newsletter propone un articolo scientifico molto particolare, pubblicato ad aprile del 2019, che rappresenta uno dei rari tentativi di misurare i reali effetti di approcci olistici diversificati a favore del benessere psico-fisico e della salute.

Più nel dettaglio i ricercatori della Facoltà di Medicina dell’Università della California hanno studiato gli effetti di tre diversificati percorsi olistici basati sugli insegnamenti dell’Ayurveda sulla generale salute psico-emotiva e fisica ma in particolare sulla “sfera spirituale” dei partecipanti, partendo dal postulato che la componente spirituale sia una componente anche della salute fisica; per questo particolare obiettivo di ricerca e per metodologia questo studio si pone per certi versi come unico.

Lo studio è stato condotto in California da ricercatori universitari arruolando i partecipanti tra gli ospiti di un centro specializzato in percorsi olistici di salute benessere e che ha consentito, in un periodo di tempo relativamente breve (2 anni), di mettere a disposizione dei ricercatori un elevato numero di soggetti arruolabili per la ricerca.

Lo studio che ha reclutato i partecipanti tra i frequentatori un noto centro di salute e benessere olistici, è stato condotto dai ricercatori in modo indipendente ed è stato pubblicato recentemente (2019) in PubMed.

Lo studio suggerisce come tre diversi programmi olistici basati sui precetti ayurvedici (Seduction of Spirit, Journey into Healing, and Perfect Health) migliorino lo stato psico-emotivo e fisico di chi le segue, in termini di miglioramento dell’umore, riduzione dell’ansia, consapevolezza, crescita spirituale e che questi risultati si mantengono per un certo tempo.

 

Lo studio in breve

In questi ultimi anni, nel mondo, sempre un maggior numero di persone decide di partecipare a corsi o percorsi di salute e benessere olistici e conseguentemente cresce la necessità di avere dati oggettivi sugli effetti di questi programmi finalizzati alla promozione non solo del benessere ma anche (sempre più spesso) a migliorare e preservare lo stato di salute.

Per questo studio tra gli ospiti del Centro Chopra (Carlsbad, CA.) specializzato anche in programmi di benessere ispirati ai precetti ayurvedici, sono stati arruolati 154 soggetti (uomini e donne di età media di 54,7 anni; range 25–83) e suddivisi in due gruppi di cui uno (verum) partecipava a 3 diversi tipi di programmi di benessere olistico (Seduction of Spirit, Journey into Healing, Perfect Health, basati sui principi della Medicina ayurvedica) mentre l’altro gruppo (controllo) per lo stesso periodo trascorreva un normale periodo di vacanza senza partecipare a programmi specifici di benessere.

All’inizio dello studio e al termine dello studio sono stati valutati in tutti i pazienti i punteggi di specifici e validati test psico-sociali per valutare l’impatto dei programmi di benessere sulla sfera della “spiritualità” (attraverso la: Delaney Spirituality Scale), sulla sfera della consapevolezza (attraverso la: Mindful Attention Awareness Scale), sulla sfera della flessibilità psicologica (attraverso il Questionario di accettazione e azione), sulla sfera dell’umore (attraverso i criteri CES “Centro Studi Epidemiologia della Depressione”) e sulla sfera ansia (attraverso una scala di auto misurazione dell’ansia PROMIS).

Al termine dello studio tutti i soggetti che avevano partecipati agli specifici programmi di benessere ayurvedico hanno mostrato un aumento significativo dei punteggi delle scala di misura della sfera spirituale rispetto ai soggetti del gruppo di controllo: Seduction of Spirit P <0.004; Journey into Healing P<0.05; Perfect Health P <0.004.

Sempre i partecipanti al programma Seduction of Spirit, rispetto al gruppo di controllo, hanno mostrato un aumento significativo dei punteggi della scala di misurazione della consapevolezza (P <.007).

I partecipanti ai programmi Seduction of Spirit (P <0.001) e Journey into Healing (P <0.05) hanno mostrato anche una riduzione significativa delle alterazione depressive dell’umore mentre questi effetti non sono stati osservati nei partecipanti al programma Perfect Health e nel gruppo di controllo.

Tutti i partecipanti allo studio hanno mostrato aumenti simili della flessibilità psicologica (P <0.01) e una diminuzione dell’ansia (P <0.01).

Lo studio ha concluso che i partecipanti a specifici programmi di benessere che approcciano lo stato di salute in chiave “mente-corpo-spirito” dimostrano miglioramenti, sui domini multipli del benessere psicosociale, che persiste anche dopo la partecipazione al corso.

 

Dallo studio 

In tutto il mondo negli ultimi anni è cresciuta esponenzialmente la richiesta di informazione su “salute” e “benessere” tuttavia queste informazioni derivano non sempre dal sistema medico convenzionale ma da altre fonti compresi ritiri e seminari specifici. Si stima che nel mondo, nel solo anno 2015, siano stati fatti 691 milioni di viaggi per il benessere con un incremento di 104,4 milioni rispetto all’anno 2013.

Malgrado le evidenti dimensioni di quest’area di “bisogno” sono ancora tuttavia scarsi i dati sugli effetti della partecipazione ai diversi tipi di programmi. Per colmare questa lacuna in letteratura, questo studio ha valutato gli effetti di diversi approcci olistici, di diversa concezione, in diversi corsi di salute ed educativi sul benessere.

Lo studio si è concentrato in particolare nell’esaminare gli effetti sul benessere emotivo e spirituale di 3 diversi corsi tenuti, durante tutto l’anno, presso un qualificato centro professionale in California.

Nei diversi corsi la filosofia di guarigione era basata sul modello di approccio integrato all’esperienza umana “corpo-mente-spirito”. [1]

__________________References__________________

1. Halpern M. A review of the evolution of Ayurveda in the United States. Altern Ther Health Med. 2018;24(1):12–14.

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I fondamenti di questo approccio sono le pratiche di meditazione insegnate da Advaita Vedanta, una filosofia di non dualismo, e gli insegnamenti medici provenienti dal sistema di coscienza di guarigione dell’Ayurveda che include pratiche e tecniche per trattare gli squilibri di corpo, mente e spirito.

Ciascuno dei 3 corsi si è basato su questi principi olistici come fondamento del programma somministrato ai soggetti e quindi si è concretizzata un’opportunità unica per esaminare le potenziali differenze tra gli effetti dei diversi corsi in cui era coinvolta la spiritualità rispetto ai corsi in cui non lo era.

In letteratura scientifica si ritrova un corpus significativo di ricerche che dimostrano l’importanza della spiritualità sul benessere generale, [2] tuttavia la “spiritualità” è raramente affrontata nella maggioranza dei percorsi di salute e benessere.

Uno studio in pazienti oncologici, ad esempio, ha concluso che il benessere spirituale è direttamente associato alla qualità della vita nella stessa misura in cui il benessere fisico è associato alla qualità della vita. [3] Un altro studio, in pazienti con tumore avanzato, ha dimostrato che il benessere spirituale è più fortemente associato alla qualità della vita rispetto al benessere emotivo o fisico. [4]

Sui meccanismi di questo miglioramento, sono state postulate molte teorie e le relazioni causa effetto sono risultate complesse e sfaccettate.[5]

Vi sono inoltre altri studi che dimostrano che il benessere emotivo è fortemente associato al benessere fisico.[6] Anche i meccanismi che spiegano questa relazione sono vari e comprendono la modulazione del sistema nervoso endocrino, del sistema immunitario e le funzioni del sistema nervoso autonomo,[7] e risulta una evidente associazione tra angoscia emotiva e comportamenti malsani.[8]

__________________References__________________

2. Kliewer S. Allowing spirituality into the healing process. J Fam Pract. 2004;53(8):616–624.
3. Brady MJ, Peterman AH, Fitchett G, Mo M, Cella D. A case for including spirituality in quality of life measurement in oncology. Psychooncology. 1999;8(5):417–428.
4. Bai M, Lazenby M, Jeon S, Dixon J, McCorkle R. Exploring the relationship between spiritual wellbeing and quality of life among patients newly diagnosed with advanced cancer. Palliat Support Care. 2015;13(4):927–935.
5. Thoresen CE, Harris AH. Spirituality and health: what’s the evidence and what’s needed? Ann Behav Med. 2002;24(1):3–13.
6. Fisher EB, Thorpe CT, Devellis BM, Devellis RF. Healthy coping, negative emotions, and diabetes management: a systematic review and appraisal. Diabetes Educ. 2007;33(6):1080–1103; discussion 1104–1086.
7. Wearden AJ, Tarrier N, Barrowclough C, Zastowny TR, Rahill AA. A review of expressed emotion research in health care. Clin Psychol Rev. 2000;20(5):633–666.
8. Stewart-Brown S. Emotional wellbeing and its relation to health. Physical disease may well result from emotional distress. BMJ. 1998;317(7173):1608–1609.

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Nei tre corsi oggetto di studio il benessere fisico viene affrontato attraverso raccomandazioni nutrizionali, di esercizio fisico consapevole, di routine quotidiana, di una adeguata quantità di sonno secondo i precetti della Medicina ayurvedica;

il benessere emotivo viene affrontato con pratiche di gestione dello stress e di consapevolezza emotiva e formazione normativa, basata su principi di consapevolezza;

il benessere spirituale è affrontato attraverso pratiche di meditazione, yoga, respirazione e attraverso l’insegnamento che la coscienza è la base dell’esistenza nella quale convivono e si plasmano la sfera “fisica” e quella “mentale”.

Secondo questi presupposti quindi questa prospettiva olistica di guarigione implica di dover affrontare il problema fisico, quello emotivo e le componenti spirituali della vita, con strumenti e pratiche che esercitino tutte queste aree.

I programmi per la salute e il benessere, che contemplano anche la crescita del benessere “spirituale’, si rivelano come unici e possono offrire miglioramenti salutistici superiori rispetto ai programmi finalizzati al solo benessere fisico ed emotivo [9,10];

__________________References__________________

9. Naidoo D, Schembri A, Cohen M. The health impact of residential retreats: a systematic review. BMC Complement Altern Med. 2018;18(1):8.
10. Cone PH, Giske T. Integrating spiritual care into nursing education and practice: strategies utilizing Open Journey Theory. Nurse Educ Today. 2018;71:22–25.

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secondo questa teoria il “ fondamento spirituale” di questi corsi e programmi per il benessere non implica necessariamente insegnamenti religiosi ma riconosce la massima importanza alla ricerca di significato e soddisfazione più profondi nella vita.

Il benessere spirituale è stato definito come un senso di pace e contentezza derivanti dalla relazione di un individuo con gli aspetti spirituali della vita, come significato e scopo della vita, nonché come connessione a qualcosa di più grande del loro “sé individuale” ; [11,12] questi aspetti osservati sull’associazione tra benessere spirituale e gli effetti benefici sulla salute possono essere riassunti in un concetto di “benessere esistenziale”, come un senso di pace e di significato nella vita, non necessariamente collegato ad una percezione di benessere religioso. [13]

Anche il benessere spirituale può comprendere il desiderio di connettersi a qualcosa di più grande della nostra individualità, come ad esempio un pensiero basato sulla coscienza di sistemi in cui esiste una nozione di Unità o Interconnessione con tutti gli esseri. [14]

__________________References__________________

11. Yoon SJ, Suh SY, Kim SH, et al. Spiritual well being among palliative care patients with different religious affiliations: a multicenter Korean study. J Pain Symptom Manage. 2018;56(6):893–901.
12. Lee YH, Salman A. The mediating effect of spiritual wellbeing on depressive symptoms and health-related quality of life among elders. Arch Psychiatr Nurs. 2018;32(3):418–424.
13. Bai M, Lazenby M. A systematic review of associations between spiritual well-being and quality of life at the scale and factor levels in studies among patients with cancer. J Palliat Med. 2015;18(3):286–298.
14. Whitford HS, Olver IN. The multidimensionality of spiritual wellbeing: peace, meaning, and faith and their association with quality of life and coping in oncology. Psychooncology. 2012;21(6):602–610.

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Negli ultimi anni stanno emergendo modelli di medicina che riconoscono la necessità di un approccio più olistico alla salute e l’inclusione dell’importanza della spiritualità come parte imprescindibile del benessere generale di pazienti e di professionisti della salute.

Nonostante questa realtà i corsi di formazione medica tendono ancora a non includere sistematicamente, tra i fondamenti dei loro programmi, i contenuti riguardanti il benessere spirituale; i corsi di formazione medica, anche i più avanzati, privilegiano lo studio dell’aspetto fisico della salute, come ad esempio l’esercizio fisico e la nutrizione e solo in pochi casi affrontano la necessità della regolazione emotiva tramite pratiche di gestione dello stress e solo raramente questo avviene in un prospettiva anche di valorizzazione della spiritualità individuale per accrescere le prospettive di benessere attraverso una maggiore consapevolezza del significato della vita.

Parallelamente a questa possibile visione del ruolo della medicina crescono le manifestazioni di “burnout“ e insoddisfazione tra medici e gli operatori sanitari; questa situazione influisce sulla qualità delle cure fornite.

Per affrontare questo problema sono cresciute le conferenze di educazione medica e di benessere oppure le pratiche di Yoga e Tai Chi o di meditazione come corsi facoltativi nei programmi di formazione medica; si deve tuttavia constatare che si tratta di esempi isolati nella formazione medica convenzionale inoltre non necessariamente queste iniziative contemplano un fondamento spirituale limitandone gli effetti sul benessere generale e quindi anche l’eventuale opportunità di integrare la “spiritualità” nella pratica medica.

I corsi specifici valutati in questo studio si basano tutti sui principi della Medicina ayurvedica, che rappresenta un sistema di guarigione olistico e basato sulla coscienza. [1,15]

__________________References__________________

1. Halpern M. A review of the evolution of Ayurveda in the United States. Altern Ther Health Med. 2018;24(1):12–14.
15. Sharma R, Kabra A, Rao MM, Prajapati PK. Herbal and holistic solutions for neurodegenerative and depressive disorders: leads from Ayurveda. Curr Pharm Des. 2018; 24(22):2597–2608.

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E’ noto che nel sistema della medicina tradizionale ayurvedica le sensazioni fisiche del corpo e, in esso, pensieri e emozioni si generano nel sotteso dominio della consapevolezza; secondo questa visione la consapevolezza (o coscienza), è considerata alla base della guarigione e dell’auto “regolazione” e risulta quindi una chiave di lettura primaria necessaria per affrontare il quadro generale della salute dell’individuo.

La medicina ayurvedica si profila come una vera scienza olistica che considera corpo, mente e spirito.

Le pratiche e la filosofia che vengono insegnate ai partecipanti nei corsi esaminati nello studio prevedono pratiche fisiche, emotive e spirituali per migliorare tutti gli aspetti della propria salute; in sostanza questi programmi rappresentano un approccio globale alla salute.

L’Organizzazione mondiale della sanità definisce la salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale, e sociale quindi questa definizione non indica semplicemente l’assenza di malattia o infermità (http://www.who.int/about/mission/it/).

In questo scenario risulta quindi importante generare informazioni su salute e benessere alle quali gli interessati, compresi i professionisti della medicina, possano accedere per orientarsi nella scelta di frequentare specifici corsi di benessere.

Obiettivo di questo studio è stato quello di esaminare gli effetti di più programmi di corsi orientati ad una visione olistica, progettati per il grande pubblico e gli operatori sanitari, finalizzati al miglioramento del benessere in più domini psicosociali; gli Autori dello studio hanno ipotizzato che gli aspetti di umore e generale benessere sarebbero migliorati nei partecipanti ai corsi olistici rispetto a quelli dei partecipanti nel gruppo di controllo.

 

Partecipanti allo studio e design

I soggetti arruolati per lo studio sono stati reclutati tra i frequentatori del Centro Benessere Specializzato Chopra di Carlsbad in California, che si erano iscritti a 3 diversi corsi olistici e cioè “Seduction of Spirit”, “Journey into Healing”, e “Perfect Health”.

I partecipanti hanno deciso di frequentare i diversi corsi per motivi diversi; alcuni per affrontare disturbi fisici, alcuni per affrontare le preoccupazioni relative alla salute emotiva o mentale ed altri per affrontare gli aspetti spirituali del benessere.

Lo studio è stato approvato dalle commissioni di revisione istituzionale (di tutela nei programmi della ricerca sull’uomo) dell’Università della California, San Diego (n. 171715 e 161965SX) e dal BioMed-IRB (# Chopra001); lo studio è stato condotto in conformità con le linee guida istituzionali per ricerca con soggetti umani. Tutti i partecipanti hanno fornito consenso informato scritto.

 

Descrizioni dei corsi

Corso “Seduction of Spirit”

Il corso che durava 6 giorni seguiva un programma di meditazione e di yoga incentrato sulla spiritualità. Ogni giorno i partecipanti, per due volte al giorno, eseguivano sessioni di meditazione mantra (30–45 minuti ciascuna), sessioni di yoga (60 min. ciascuno) e lezioni frontali di spiritualità secondo il pensiero dell’Advaita Vedanta. Le lezioni (da 60 a 90 minuti) sono state tenute da un gruppo di insegnanti di meditazione specializzati. I partecipanti ricevevano 1 o 2 pasti vegetariani al giorno.

Corso “Journey into Healing”

Il corso di 4 giorni, seguiva un programma incentrato sulla salute generale, inclusa quella fisica e quella emotiva, e prevedeva anche un Focus sulla Medicina Ayurvedica.[15]
Nel concetto di guarigione dell’Ayurveda ci sono pratiche che si rivolgono alla salute fisica come ad esempio la nutrizione e il “mindful movement” (mind-body training), e alla salute emotiva con particolare attenzione allo spostare la visione di Sé da una prospettiva basata sull’ego ad una che si basa su un più ampio senso di sé. Durante programma, i partecipanti seguivano la meditazione mantra due volte al giorno (30 minuti per sessione), esercizi di respirazione due volte al giorno (5 min. per sessione), yoga (60 min. per sessione) e lezioni quotidiane (60–90 minuti per lezione) sull’alimentazione, la disintossicazione, la salute emotiva e la conoscenza dei ritmi circadiani basata sulla comprensione dell’essere umano come parte di un più grande sistema di energia, ambiente e coscienza. I contenuti, anche medici, delle lezioni sono stati selezionati secondo le line guida (AMA-categoria 1) della Scuola di Medicina dell’Università di California (San Diego) per la somministrazione di Crediti formativi continui (ECM); le lezioni sono stati tenute da medici e personale specializzato del centro, nonché da altri esperti di salute mente-corpo. I partecipanti hanno ricevuto 1/2 pasti vegetariani al giorno.

Corso “Perfect Health”

Questo corso prevedeva un programma di 6 giorni di disintossicazione e di “ringiovanimento” che si basava su principi fondamentali della medicina ayurvedica fondato su principi olistici di salute e benessere personalizzato. [16,17]
I partecipanti al corso praticavano quotidianamente la meditazione di gruppo due volte al giorno (30 minuti per sessione), yoga (60 min. per sessione), esercizi di respirazione (pranayama, 5 minuti per sessione) ed espressione emotiva attraverso un processo di “journaling” emotivo quotidiano.[18]
I partecipanti assistevano anche a 2 lezioni frontali al giorno (75 minuti per sessione) sullo stile di vita Ayurvedico e la meditazione mantra. Le lezioni sono state tenute da un gruppo di esperti di meditazione, insegnanti e personale del centro. I partecipanti ricevano anche, tutti i giorni, il massaggio ayurvedico personalizzato e supplementi di erbe due volte al giorno, inoltre hanno seguito una dieta disintossicante vegetariana. [18,19]

Gruppo “controllo”

Il gruppo di controllo era rappresentato da ospiti del centro per un periodo di vacanza ma che non ha partecipato a corsi specifici. I partecipanti a questo gruppo hanno fatto quello che avrebbe fatto normalmente in 6 giorni vacanza e non hanno ricevuto trattamenti come il massaggio; analogamente non hanno nessuna pratica di yoga e/o meditazione a meno che queste non fossero già parte delle loro routine. [18,19]

__________________References__________________

15. Sharma R, Kabra A, Rao MM, Prajapati PK. Herbal and holistic solutions for neurodegenerative and depressive disorders: leads from Ayurveda. Curr Pharm Des. 2018; 24(22):2597–2608.
16. Patwardhan B. Bridging Ayurveda with evidencebased scientific approaches in medicine. EPMA J. 2014;5(1):19.
17. Jafari S, Abdollahi M, Saeidnia S. Personalized medicine: a confluence of traditional and contemporary medicine. Altern Ther Health Med. 2014;20(5):31–40.
18. Mills PJ, Wilson KL, Pung MA, et al. The Self-Directed Biological Transformation Initiative and Well-Being. J Altern Complement Med. 2016;22(8):627–634.
19. Peterson CT, Lucas J, John-Williams LS, et al. Identification of altered metabolomic profiles following a Panchakarma-based Ayurvedic intervention in healthy subjects: The Self-Directed Biological Transformation Initiative (SBTI). Sci Rep. 2016;6:32609.

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Cosa è stato valutato 

In totale, 154 partecipanti hanno completato i questionari di pre e post corso (per i 3 corsi in esame) e successivamente, 113 partecipanti hanno completato una valutazione di follow-up post-corso di 1 mese.

Prima delle valutazione sono stati raccolti tutti i dati dei partecipanti relativi a età, sesso, numero di mesi di pratica della meditazione e/o numero di mesi di pratica dello yoga.

Le valutazioni sono state condotte rilevando la differenza di punteggio, all’inizio e alla fine dello studio, delle seguenti scale validate specifiche:

The Delaney Spirituality Scale (DSS) che è una scala (punteggio da 0 a 23) che valuta credenze, intuizioni, scelte di vita, pratiche e rituali rappresentativi dell’esperienza spirituale umana. (Alpha di Cronbach 0.933) [20,21]

… “Questo è uno strumento di valutazione olistica standardizzato di 23 elementi che si concentra su credenze, intuizioni, scelte di vita, pratiche e rituali che rappresentano la dimensione spirituale umana e… che possono essere utilizzati per guidare gli interventi spirituali “(Delaney, 2005, p.146) La spiritualità è stata definita come un fenomeno multidimensionale vissuto universalmente, che comprende un contesto personale, interpersonale e transpersonale costituito da quattro domini correlati: (a) potere superiore o intelligenza universale – una credenza in un potere superiore o intelligenza universale che può o meno includere pratiche religiose formali; (b) scoperta di sé – il viaggio spirituale inizia con la riflessione interiore e una ricerca di significato e scopo;… (c) relazioni – una connessione integrale con gli altri basato su un profondo rispetto e riverenza per la vita ed è conosciuto e vissuto all’interno delle relazioni…; e (d) eco-consapevolezza – una connessione integrale con la natura basata su un profondo rispetto e riverenza per l’ambiente e la convinzione che la terra sia sacra (Delaney, 2005, p. 152.)”….

Questionario di accettazione e azione-II (AAQ-II) che è una scala misura (10 punti) di inflessibilità psicologica ed evitamento esperienziale. Per questa scala gli studi mostrano una accettabile coerenza intrinseca oltre che validità convergente e divergente.[22,23]

Scala di consapevolezza dell’attenzione (MAAS) che è una scala (15 punti) di auto-valutazione di consapevolezza intesa come lo stato di coscienza in cui attenzione e consapevolezza si presentano nel momento della valutazione. La validità di questa misura è stata dimostrata in varie popolazioni di studio. [24,25]

Scala Centre for Epidemiology Studies-Depression (CES-D) che è una scala di auto-valutazione (20 punti) per i sintomi depressivi sviluppato dal National Institute of Mental Health (NIMH). [26,27]

Scala dell’ansia PROMIS (Patient-Reported Outcomes Measurement Information System) che è una scala dell’ansia (8 punti) messa a punto dall’Institutes of Health research per valutare una serie di sintomi dell’ansia. Si tratta di un metodo validato di valutazione di risultati riportati dal paziente (un insieme di misure incentrate sulla persona che valuta e monitora la salute fisica, mentale e sociale di adulti e bambini. Può essere usato con la popolazione generale e con individui che vivono in condizioni croniche. [28]

__________________References__________________

20. Monod S, Brennan M, Rochat E, Martin E, Rochat S, Bula CJ. Instruments measuring spirituality in clinical research: a systematic review. J Gen Intern Med. 2011;26(11):1345–1357.
21. Delaney C. The Spirituality Scale: development and psychometric testing of a holistic instrument to assess the human spiritual dimension. J Holist Nurs. 2005;23(2):145–167; discussion 168–171.
22. Bond FW, Hayes SC, Baer RA, et al. Preliminary psychometric properties of the Acceptance and Action Questionnaire-II: a revised measure of psychological inflexibility and experiential avoidance. Behav Ther. 2011;42(4):676–688.
23. Fledderus M, Oude Voshaar MA, Ten Klooster PM, Bohlmeijer ET. Further evaluation of the psychometric properties of the Acceptance and Action Questionnaire- II. Psychol Assess. 2012;24(4):925–936.
24. Brown KW, Ryan RM. The benefits of being present: mindfulness and its role in psychological well-being. J Pers Soc Psychol. 2003;84(4):822–848.
25. Carlson LE, Brown KW. Validation of the Mindful Attention Awareness Scale in a cancer population. J Psychosom Res. 2005;58(1):29–33.
26. Radloff LS. The use of the Center for Epidemiologic Studies Depression Scale in adolescents and young adults. J Youth Adolesc. 1991;20(2):149–166.
27. Andresen EM, Malmgren JA, Carter WB, Patrick DL. Screening for depression in well older adults: evaluation of a short form of the CES-D (Center for Epidemiologic Studies Depression Scale). Am J Prev Med. 1994;10(2):77–84.8 ; Global Advances in Health and Medicine Studies (Depression Scale). Am J Prev Med. 1994;10(2):77–84.
28. Broderick JE, DeWitt EM, Rothrock N, Crane PK, Forrest CB. Advances in patient-reported outcomes: the NIH PROMIS((R)) measures. EGEMS (Wash DC). 2013;1(1):1015.

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I risultati 

Nei questionari pre-studio tra i gruppi di partecipanti non vi erano differenze significative per età, genere, mesi di pratica della meditazione o yoga; analogamente non vi erano differenze tra i gruppi nei punteggi del DSS, della scala dell’ansia di PROMIS, del AAQ-II o del MAAS tuttavia vi era una significativa differenza pre-percorso nei punteggi del questionario CES-D che risultavano più bassi nel gruppo di controllo rispetto ai gruppi “Seduction of Spirit” (P=0.018) e “Journey into Healing”.

All’inizio dello studio vi era una omogeneità tra i gruppi in relazione alla precedente quantità di pratica di meditazione e di yoga o della loro associazione, nella scala dell’ansia PROMIS, nel questionario AAQ-II, nel MAAS; la quantità della precedente pratica yoga e del MAAS risultavano fisiologicamente correlate con l’età dei partecipanti.

Risultati al temine dei corsi

Scala di spiritualità di Delaney: immediatamente dopo i corsi olistici in tutti i gruppi è stato osservato un significativo effetto principale ovviamente tempo dipendente (Seduzione dello Spirito P <0.004 – Viaggio nella Guarigione P <0.05 – Salute Perfetta P <0.004) e i partecipanti ai corsi hanno mostrato significativi aumenti dei punteggi di spiritualità rispetto al gruppo di controllo (solo vacanze). Un’analisi successiva, che ha incluso i dati del mese di follow-up, ha nuovamente mostrato in ciascun gruppo lo stesso schema di effetti (Seduction of Spirit P <0.002 – Journey into Healing P <0.004 – Perfect Health P <0.002) rispetto al gruppo di controllo.

Scala dell’attenzione consapevole (MAAS): immediatamente dopo il corso è stato osservato un significativo effetto principale tempo dipendente (F=13.2; P <0.001; parziale g2=0,081) in ciascun gruppo; in particolare i partecipanti al corso “Seduction of Spirit” (P <0.007) hanno mostrato significativi aumenti di consapevolezza, rispetto al gruppo di controllo; l’analisi successiva, che ha incluso i dati follow-up (di 1 mese), ha mostrato un effetto principale significativo tempo dipendente e questo effetto si è mostrato continuativo per il corso “Seduzione dello spirito” (P <0.005) rispetto al gruppo di controllo.

Questionario di accettazione e azione (AAQ-II): al temine dei corsi nei gruppi verum è stato osservato un positivo effetto principale (e significativo) tempo dipendente (F=23,6; P <0.001; parziale g2=0.137); la successiva analisi dei dati di follow-up (1 mese) ha analogamente mostrato un significativo effetto tempo dipendente (F=17,36; P <0.001; parziale g2=0,137).

Scala del Centro per gli studi epidemiologici-depressione (CES-D): immediatamente dopo i corsi, è stato osservata un significativo effetto tempo dipendente (F=38.5; P <0.001; parziale g2=0.202) e un significativa interazione temporale di gruppo con differenze tra i gruppi (F=4,59; P=0,004; parziale g2=0,083); i partecipanti al corso “Seduzione dello Spirito” (P <.001) e al corso “Journey into Healing” (P <0.05) hanno mostrato risultati significativi di minore depressione rispetto a quelli che hanno partecipato al corso “Perfect Health” e al gruppo di controllo. L’analisi successiva, che ha incluso dati di follow-up (1 mese), hanno nuovamente mostrato un effetto principale significativo tempo dipendente (F=13,8; P <0.001; parziale g2=0,111).

Scala dell’ansia PROMIS: immediatamente dopo il corso, è stato osservato in tutti i gruppi un significativo effetto principale tempo dipendente (F=81,3; P <0.001; parziale g2=0,348), senza differenze di gruppo (F=2,45; P=0.065; parziale g2=0,046); l’analisi successiva, comprensiva dei dati di follow-up (1 mese), ha proposto uno schema analogo.

 

Considerazioni dallo studio

In considerazione della crescente domanda globale di benessere, questo studio ha esaminato gli effetti di diversi corsi, con disegno diverso, di educazione alla salute e al benessere.

In linea di massima, i risultati suggeriscono che inserire la “spiritualità” tra i fondamenti per la salute e il benessere emotivo e fisico, può offrire ulteriori benefici oltre a ciò che viene solitamente offerto come formazione su salute e benessere e che in genere esclude una componente spirituale.

Questi risultati, potrebbe rappresentare un’opportunità per migliorare ed ottimizzare, in termini di educazione alla salute, i corsi di benessere offerti attualmente alla popolazione ed anche gli operatori sanitari.

Un dato interessante è stato che anche i partecipanti che frequentato i corsi progettati principalmente per affrontare la salute fisica (“Perfect Health” e “Journey into Healing”) hanno sperimentato miglioramenti emotivi e di benessere spirituale.

Il benessere emotivo può essere definito come una misura della nostra felicità e della soddisfazione di noi stessi e delle nostre vite che possono essere migliorate in una prospettiva spirituale che offre significato e scopo vita.

Proponendo la centralità sulla relazione tra salute emotiva/mentale e salute fisica e dando ai partecipanti strumenti da inserire nella loro vita quotidiana, è emerso che questi ultimi avevano benefici per il loro globale stato di salute anche dopo la partecipazione al corso, come emerso dalle analisi dei dati di follow-up, inoltre i partecipanti ai corsi sembrano più motivati a continuare le pratiche quotidiane.

Il benessere spirituale gratifica la nostra ricerca di un significato più profondo della vita e si riflette sulle nostre azioni rendendole più coerenti con le nostre credenze e i nostri valori.
Inoltre, dando una prospettiva spirituale alle esperienze del corpo (fisico) e dei pensieri (mente), i partecipanti hanno avuto la possibilità di rivalutare la loro relazione con questi aspetti della loro vita e di avere una maggiore flessibilità nella percezione della loro salute.

E’ inoltre interessante notare che le capacità d’accettazione e di azione sono migliorate in seguito alla partecipazione in ciascuno dei corsi.

I punteggi più alti nei questionari hanno indicato una complessiva maggior flessibilità psicologica; in letteratura scientifica è ben dimostrato che l’aumento della flessibilità psicologica è un fattore importante nella generale sfera della salute psicologica del soggetto.[30]

Riconoscendo l’importanza del benessere spirituale nella discussione generale sulla salute e sul benessere, e offrendo pratiche per affrontare quest’area di bisogno, possiamo in modo semplice ed economico facilitare la promozione del complesso salute e benessere, che comprende salute fisico e psicologica.

È stato inoltre suggerito che la spiritualità deve essere affrontata più spesso in ambito medico come parte del processo di guarigione, tuttavia gli operatori non lo fanno per la mancanza di modelli guida per l’applicazione nella loro pratica clinica [2]; sempre dallo stesso studio di Kliewer viene suggerito che la spiritualità aiuta le persone a prevenire le malattie e ad aumentare la loro capacità di far fronte stress della vita. Rippentrop et al. hanno proposto diversi meccanismi d’azione per gli effetti positivi che la spiritualità esercita sia su salute mentale sia su salute fisica, comprendendo anche le pratiche della preghiera e della meditazione.[31]

__________________References__________________

2. Kliewer S. Allowing spirituality into the healing process. J Fam Pract. 2004;53(8):616–624.
30. Kashdan TB, Rottenberg J. Psychological flexibility as a fundamental aspect of health. Clin Psychol Rev. 2010;30(7):865–878.
31. Rippentrop EA, Altmaier EM, Chen JJ, Found EM, Keffala VJ. The relationship between religion/spirituality and physical health, mental health, and pain in a chronic pain population. Pain. 2005;116(3):311–321.

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Esistono diversi modelli che sono stati sviluppati per la formazione di studenti e professionisti della medicina per migliorare l’integrazione della spiritualità nel rapporto (visite) con i pazienti,[32] tuttavia, l’integrazione di questi programmi nella pratica clinica convenzionale non è abituale, per cui le persone si rivolgono al di fuori del sistema medico convenzionale per ottenere anche questa prospettiva di salute, e da qui, l’importanza di studiare i risultati della frequenza a questi corsi.

Recentemente vi è stato un crescente riconoscimento delle implicazioni del “burnout” tra i medici stessi, quindi si sta generando una maggiore tendenza da parte degli stessi a consigliare la partecipazione a questa tipologie di programmi per il benessere fisico e mentale; gli studenti di medicina richiedono sempre di più di partecipare a programmi salutistici olistici (mente-corpo).

A partire dal 2018, la facoltà di medicina di Harvard ha iniziato a chiedere agli studenti del primo anno, tra tutte le discipline mediche, di partecipare a un programma di crescita di resilienza mente-corpo.

I programmi di gestione dello stress per i medici e tirocinanti hanno mostrato risultati promettenti per ridurre i sintomi negativi come l’ansia e per aumentare i tratti positivi come autocoscienza e spiritualità [33] tuttavia questi programmi non sono comunemente accettati e non sono ancora stati identificati i modelli migliori e più efficaci.

Nello studio è emerso, ad esempio, che i partecipanti al corso “Seduction of Spirit” (con elevata componente di meditazione), hanno dimostrato una maggiore riduzione dei punteggi di depressione dell’umore coerentemente con altri dati precedenti che hanno indicato gli specifici effetti positivi della meditazione sulla depressione. [34]

I partecipanti al corso di “Seduction of Spirit” hanno trascorso più tempo in meditazione attiva rispetto agli altri corsi, e ciò suggerisce che, come minimo, la partecipazione alla meditazione e ai ritiri potrebbero rappresentare un approccio efficace al benessere nella formazione di studenti e di professionisti della medicina; è noto che la meditazione consapevole porta a diversi esiti positivi, come ad esempio l’infondere sicurezza al paziente, nell’ambito della pratica clinica. [35–38]

Uno studio ha concluso che i nuovi studenti di medicina vanno incontro ad una riduzione delle loro capacità empatiche e quindi sono necessari ulteriori studi per valutare come progettare al meglio l’educazione e la formazione professionale sanitaria anche in chiave olistica per accrescere benessere, senso di compassione e spiritualità.[39]

In un programma di medicina del terzo anno è stato inserito un semplice manuale del benessere, ed emersa una riduzione significativa della percezione di depressione e di ideazione suicidaria; [40] quindi, un corso olistico più approfondito, con formatori qualificati, potrebbe potenzialmente offrire più vantaggi.

Programmi specifici per studenti di medicina in cui è stato inserito un training di resilienza e consapevolezza, che spesso sono componenti trascurate nella formazione medica, sono stati associati a livelli significativamente più bassi di percezione di depressione, ansia e stress rispetto a programmi senza contenuti specifici a favore del benessere.[41]

Modelli di training di riduzione dello stress basati sulla consapevolezza hanno dimostrato risultati promettenti nel ridurre l’ansia e aumentare l’autocoscienza e la spiritualità negli studenti di medicina, tuttavia questi percorsi formativi sono scelti autonomamente dagli studenti e raramente sono inclusi nei programmi dei corsi. [42,43]

__________________References__________________

32. Barnett KG, Fortin AH. Spirituality and medicine. A workshop for medical students and residents. J Gen Intern Med. 2006;21(5):481–485.
33. Shapiro SL, Shapiro DE, Schwartz GE. Stress management in medical education: a review of the literature. Acad Med. 2000;75(7):748–759.
34. Ravindran AV, da Silva TL. Complementary and alternative therapies as add-on to pharmacotherapy for mood and anxiety disorders: a systematic review. J Affect Disord. 2013;150(3):707–719.
35. Everson N, Levett-Jones T, Pitt V. The impact of educational interventions on the empathic concern of health professional students: a literature review. Nurse Educ Pract. 2018;31:104–111.
36. Doyle C, Lennox L, Bell D. A systematic review of evidence on the links between patient experience and clinical safety and effectiveness. BMJ Open. 2013;3(1):e001570.
37. Singer T, Klimecki OM. Empathy and compassion. Curr Biol. 2014;24(18):R875–R878.
38. Klimecki OM, Leiberg S, Ricard M, Singer T. Differential pattern of functional brain plasticity after compassion and empathy training. Soc Cogn Affect Neurosci. 2014;9(6):873–879.
39. Neumann M, Edelhauser F, Tauschel D, et al. Empathy decline and its reasons: a systematic review of studies with medical students and residents. Acad Med. 2011;86(8):996–1009.
40. Thompson D, Goebert D, Takeshita J. A program for reducing depressive symptoms and suicidal ideation in medical students. Acad Med. 2010;85(10):1635–1639.
41. Slavin SJ, Schindler DL, Chibnall JT. Medical student mental health 3.0: improving student wellness through curricular changes. Acad Med. 2014;89(4):573–577.
42. Shapiro SL, Schwartz GE, Bonner G. Effects of mindfulness-based stress reduction on medical and premedical students. J Behav Med. 1998;21(6):581–599.
43. Rosenzweig S, Reibel DK, Greeson JM, Brainard GC, Hojat M. Mindfulness-based stress reduction lowers psychological distress in medical students. Teach Learn Med. 2003;15(2):88–92.

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Le conclusioni dello studio

I risultati di questo studio suggeriscono il potenziale di corsi per il benessere per una maggiore completezza formativa per gli operatori sanitari e per la popolazione in generale tuttavia è necessaria ulteriore ricerca per comprendere meglio quali componenti, nei programmi benessere, siano i più efficaci.

L’attuale eterogeneità dei dati, nella letteratura esistente sui programmi per il benessere, rende la generale valutazione difficile per raccomandare i corsi migliori per caratteristiche.

I corsi esaminati in questo studio hanno affrontato gli aspetti della spiritualità secondo l’Ayurveda ma potrebbero essere valutati anche altri approcci basandosi su modelli comparativi.

In sintesi la frequenza di corsi di benessere per la salute sembra rappresentare una via di crescita per la formazione sanitaria e per la popolazione globale e quindi vi è una necessità di ulteriori dati sugli esiti della partecipazione a questi corsi. L’avanzamento di questo percorso consentirebbe ai professionisti della medicina di avere una maggior quantità di dati per consigliare la partecipazione a questi corsi ai loro pazienti. Inoltre, con il recente riconoscimento della necessità di benessere, la formazione per gli stessi medici diventa ancora più importante, auspicando che queste discipline diventino parte integrante della formazione medica e della formazione professionale continua.

Questo studio documenta i benefici di un approccio corpo-mente-spirito al benessere generale; questo approccio se sostenuto da evidenze sul miglioramento del benessere, come quelle riportate in questo studio, genererebbe una maggior fiducia nell’uso di questi metodi per favorire il benessere.

Operatori sanitari e organizzazioni potrebbe sentirsi più fiduciosi nel raccomandare questi percorsi al fine di sostenere ulteriormente il benessere dei loro pazienti e di se stessi.

A cura della direzione scientifica di Benefica

Glob Adv Health Med. 2019 Apr 29;8:2164956119843814. doi: 10.1177/2164956119843814. eCollection 2019.

“PSYCHOSOCIAL EFFECTS OF A HOLISTIC AYURVEDIC APPROACH TO WELL-BEING IN HEALTH AND WELLNESS COURSES.” 

Patel S1,2, Klagholz S3, Peterson CT1, Weiss L2, Chopra D1,2, Mills PJ1. 

Author information:

1. Department of Family Medicine and Public Health, Center of Excellence for Research and Training in Integrative Health, University of California San Diego, La Jolla, California.
2. Mind-Body Medical Group, The Chopra Center for Wellbeing, Carlsbad, California.
3. Integrative Medicine, Georgetown University, Washington, District of Columbia.

 

ABSTRACT

Background: As individuals are increasingly attending health and wellness courses outside of the conventional medical system, there is a need to obtain objective data on the effects of those programs on well-being.

Methods: In total, 154 men and women (mean age 54.7 years; range 25–83) participated in 3 different holistic wellness programs based on Ayurvedic Medicine principles (Seduction of Spirit, Journey into Healing, and Perfect Health) or a vacation control group. Psychosocial outcomes included spirituality (Delaney Spirituality Scale), mindful awareness (Mindful Attention Awareness Scale), psychological flexibility (Acceptance and Action Questionnaire), mood (Center for Epidemiology Studies-Depression), and anxiety (Patient-Reported Outcomes Measurement System Anxiety Scale).

Results: Participants in the Seduction of Spirit (P<.004), Journey into Healing (P<.05), and Perfect Health (P<.004) courses showed significant increases in spirituality as compared to vacation controls. Participants in Seduction of Spirit (P<.007) also showed significant increases in mindfulness as compared to vacation controls. Participants in the Seduction of Spirit (P<.001) and Journey into Healing (P<.05) courses showed significant decreases in depressed mood as compared to those in the Perfect Health and vacation control groups. All study participants showed similar increases in psychological flexibility (P<.01) and decreases in anxiety (P<.01).

Conclusion: Participation in wellness courses that incorporate a mind–body–spirit approach to health improves multiple domains of psychosocial well-being, which persists even after course participation.

Keywords
whole-systems medicine, well-being, spirituality, mindfulness, mood, anxiety

Received October 4, 2018; Revised received February 12, 2019. Accepted for publication March 21, 2019

 

PMID: 31069162 PMCID: PMC6492358 DOI: 10.1177/2164956119843814 

 

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Newsletter Fitoterapia nr. 52 – Marzo 2020

Gli adattogeni per il sistema immunitario: una possibile strategia “protettiva”

Journal of Microbiology, Immunology and Infection 45.3 (2012): 165-184. Elsevier®.

“A review of immunomodulators in the Indian traditional health care system.”

Kumar, Dinesh, et al.

 

In questi giorni di comprensibile ansia per le problematiche imposte dall’epidemia da Coronavirus sono aumentate le esigenze di tutela della propria salute e conseguentemente sono aumentati i consumi e la richiesta di prodotti, prevalentemente naturali, per sostenere l’efficienza difensiva del sistema immunitario.

Come premessa deve essere evidenziata, per una efficace strategia protettiva, la priorità del seguire con coscienza e consapevolezza le linee guida profilattiche consigliate dalle autorità competenti e dell’adottare un stile di vita sano che comprenda un’alimentazione sana e ricca di nutrienti naturali che direttamente od indirettamente sostengano e rafforzino la natura efficienza del sistema immunitario.

A questi comportamenti, prioritari per importanza, possono associarsi poi strategie complementari per ottimizzare i loro effetti protettivi a favore dell’organismo; tra queste strategie è compresa anche quella dell’assunzione complementare di integratori naturali di qualità per ottimizzare ulteriormente le capacità protettive del sistema immunitario rispetto a possibili aggressioni di patogeni.

Come noto la moderna ricerca farmaceutica applicata all’integrazione naturale mette a disposizione una gamma molto vasta di preparati a favore dell’efficienza immunitaria; questi preparati spaziano dall’integrazione vitaminica alla supplementazione di oligoelementi, di piante medicinali, più attualmente di funghi, e di moltissime altre sostanze naturali di diversa tipologia; bisogna tener conto poi delle innumerevoli proposte di associazioni delle sostanze di cui sopra.

Se da un lato l’uso ed il consiglio di integratori immunomodulatori a base di vitamine, minerali, etc. sono altamente sostenuti da evidenze farmacologiche e cliniche,da un altro lato una certa difficoltà di orientamento potrebbe generarsi per i preparati a base di piante medicinali (o funghi) poiché spesso la relativa comunicazione “commerciale” e la loro generale conoscenza tende a identificarli come “equivalenti” nella loro utilità.

Nella realtà soprattutto per quanto relativo alle piante medicinali e ai funghi utili per la funzionalità del sistema immunitario esistono precise differenze di indicazione sulla base del preciso meccanismo d’azione dei diversi complessi di bioattivi in essi contenuti.

Nella fito-farmacologia e nella farmacognosia applicata l’argomento della “immunomodulazione” è uno dei più complessi ed affascinanti.

In questa newsletter tenteremo di sintetizzare questo vastissimo argomento nei suoi fondamenti e di proporre un focus sull’impiego specifico delle piante medicinali “adattogene”, in particolare di Withania somnifera Dunal e Rhodiola rosea L., come “immunomodulatori” anche con finalità protettive; un elevato numero di queste piante medicinali, per il periodo nel quale vengono assunte, offrono un significativo razionale protettivo anche nei confronti dell’aggressione di patogeni virali e batterici rafforzando globalmente il sistema immunitario ed associano inoltre anche un importante ruolo “antinfiammatorio”; sull’argomento sono molto interessanti gli studi che suggeriscono che la riduzione ed il controllo degli stati infiammatori con piante medicinali (es. Boswellia serrata Roxb.) possa ridurre il rischio di infezione virale (ad esempio delle mucose anche delle prime vie aeree) riducendo gli effetti pro infettivi di particolari sostanze (Immunoglobuline) che l’organismo produce durante i processi infiammatori (ICAM-1). [1,55]

La newsletter prende solo lo spunto, per le sue argomentazioni, da un articolato studio del 2012 pubblicato da Journal of Microbiology, Immunology and Infection (Elsevier®) che rappresenta un’ottima lettura per la conoscenza delle piante medicinali ad effetto “immunomodulatorio” impiegate nella Medicina Tradizionale indiana che insieme a quella cinese hanno storicamente studiato e utilizzato un gran numero di piante medicinali “immunostimolanti” fondando su di esse una parte sostanziale del loro approccio clinico.

Molte piante medicinali “immunomodulanti” note in queste culture mediche tradizionali sono oggi ampiamente studiate ed impiegate anche nelle Medicine Complementari occidentali.

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1. Meyer, Keith C. “The role of immunity and inflammation in lung senescence and susceptibility to infection in the elderly.” Seminars in respiratory and critical care medicine. Vol. 31. No. 05. © Thieme Medical Publishers, 2010.
55. Bounou, Salim, Jacques E. Leclerc, and Michel J. Tremblay. “Presence of host ICAM-1 in laboratory and clinical strains of human immunodeficiency virus type 1 increases virus infectivity and CD4+-T-cell depletion in human lymphoid tissue, a major site of replication in vivo.” Journal of Virology 76.3 (2002): 1004-1014.

 

I preparati alleati del sistema immunitario

Tradizionalmente in fitoterapia i preparati che agiscono a favore dell’efficienza del sistema immunitario vengono definiti “immunostimolanti” tuttavia con le crescenti conoscenze scientifiche su di essi, questo termine è diventato sempre più aspecifico e semplicistico; più modernamente questi preparati dovrebbero essere definiti come “immunomodulatori” poiché possono agire sul sistema immunitario con modalità molto diverse e in non pochi casi per un effetto immunosoppressore su alcune popolazioni linfocitarie e viceversa. [3]

Tra gli “immunodulatori” possiamo trovare preparati a base di diversi attivi naturali, come piante medicinali, funghi, complessati anche con altre sostanze (vitamine, zinco, etc.).

Tra gli “immunomodulatori” sono annoverate numerose droghe vegetali [2]; queste potrebbero, con una semplificazione, essere suddivise in due gruppi di cui il primo che comprende piante medicinali molto note per i loro effetti preventivi immunomodulatori (Echinacea, Uncaria tomentosa, etc.) che agiscono prevalentemente con meccanismi diretti nei confronti della risposta immunitaria “aspecifica” (solo in pochi casi, es. Echinacea, è dimostrato che questi officinali possano sollecitare meccanismi immunitari più profondi specifici); il secondo gruppo comprende altre potenti piante medicinali (es. Rodiola, Ashwagandha, Schisandra chinensis, Ginkgo biloba, etc.), più note per i loro effetti “adattogeni” [40] ma che tuttavia esercitano significativi effetti “immunodulatori” protettivi con meccanismi d’attività neuroendocrini molto complessi che determinano evidenti effetti diretti sulla risposta immunitaria sia aspecifica che specifica; questo secondo gruppo di preparati offre un aiuto non solo per la “prevenzione” e la “protezione attiva” in situazioni di maggior rischio di aggressione da parte di patogeni così come anche in specifiche situazioni patologiche (es. Withania somnifera in oncologia).

Come “protettori attivi” potrebbero invece essere definiti altri preparati naturali (oli essenziali, propoli, degli estratti di semi di pompelmo, etc.) che affiancano anch’essi l’efficienza del sistema immunitario, tuttavia attraverso meccanismi antinfettivi diretti (antivirali e/o antibiotico simili) mirati a neutralizzare il patogeno (inibendone la replicazione o la cito patogenicità); a questa seconda categoria appartengono anche gli oli essenziali di diverse piante medicinali storicamente usate, anche per scopi terapeutici, a favore in particolare della funzionalità delle vie aeree.

Le droghe vegetali immunomodulatrici appartenenti, nella semplificazione, al primo gruppo di cui sopra, agiscono prevalentemente grazie alle componenti polisaccaridiche [10] dei loro fitocomplessi; esse agiscono con un meccanismo prevalente di tipo “antigene mimetico” di superficie su cellule dell’immunità aspecifica (macrofagi, granulociti, leucociti, linfociti NK) e su fattori umorali (lisina, interferone, interleuchine, complemento, ecc.) [3]; le piante di questo gruppo solo indirettamente sarebbero in grado di coinvolgere l’immunità specifica, come ad esempio il coinvolgimento della proliferazione linfocitaria T e B, come conseguenza, a valle, dell’attivazione dei macrofagi; tra queste piante medicinali si distinguono tuttavia alcune specifiche specie di Echinacea [11] che dimostrano capacità più dirette di coinvolgere l’immunità specifica; è interessante notare che queste specie di Echinacea concentrano nei loro fitocomplessi non solo famiglie di polisaccaridi ma anche di altre sostanze polifenoliche e steroidali. [56]

Gli immunomodulatori aspecifici risultano utili nei casi di terapie a lungo termine con chemioterapici o immuno deprimenti; possono essere utili anche per la profilassi di metastasi, dopo la rimozione del tumore primario e di infezioni virali o batteriche delle vie respiratorie ed urogenitali. Così pure sono indicati nei casi di leucopenie e, come coadiuvanti, nel trattamento antibiotico di infezioni batteriche quali bronchiti, faringiti, sinusiti, otiti. È chiaro che le piante ad attività immunomodulatrice sono più indicate per la profilassi e la terapia di infezioni modeste delle vie respiratorie ed urogenitali, mentre i componenti puri o gli oli essenziali delle piante possono trovare utilità anche nei casi pre-acuti di infezioni virali o batteriche come contrasto non solo delle cause del problema ma anche sulla relativa sintomatologia. Poiché queste sostanze si somministrano per un lungo periodo di tempo è necessario che gli immunomodulatori siano sicuri e ben tollerati. [3]

Le droghe vegetali appartenenti al secondo gruppo agiscono sull’immunità sia aspecifica che specifica con un meccanismo molto complesso; queste piante medicinali, che dimostrano anche potenti effetti adattogeni fisici e mentali, si caratterizzano per la presenza nel loro fitocomplesso di sostanze prevalentemente steroidali spesso coniugate con polisaccaridi; esse dimostrano di agire favorendo la disponibilità di neurotrasmettitori (principalmente serotonina e dopamina) modulando la complessa relazione bidirezionale [40] neuroendocrina tra asse ipofisi-ipotalamo-surrene e sistema immunitario la cui interrelazione [8] è nota (es. Aswagandha). Come descritto di seguito queste piante medicinali esercitano effetti non solo di attivazione immunitaria aspecifica ma dimostrano di agire positivamente sull’immunità specifica riducendo gli effetti immunosoppressori dell’eccesso di corticosteroidi [8,9] traducendosi, ad esempio, in una maggiore vitalità e efficienza linfocitaria. E’ inoltre utile sottolineare che le droghe di queste piante medicinali esercitano spesso anche effetti anti infiammatori diretti. [12]

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2. Wagner, Hildebert. Immunomodulatory agents from plants. Springer Science & Business Media, 1999.
3. Capasso, F. “Immunomodulatori e adattogeni.” Farmacognosia. Springer, Milano, 2011. 341-352.
8. Gaillard, Rolf C. “Neuroendocrine-immune system interactions: the immune-hypothalamo-pituitary-adrenal axis.” Trends in Endocrinology & Metabolism 5.7 (1994): 303-309
9. Silverman, Marni N., et al. “Immune modulation of the hypothalamic-pituitary-adrenal (HPA) axis during viral infection.” Viral immunology 18.1 (2005): 41-78
10. Schepetkin, Igor A., and Mark T. Quinn. “Botanical polysaccharides: macrophage immunomodulation and therapeutic potential.” International immunopharmacology 6.3 (2006): 317-333.
11. Rehman, Jalees, et al. “Increased production of antigen-specific immunoglobulins G and M following in vivo treatment with the medicinal plants Echinacea angustifolia and Hydrastis canadensis.” Immunology letters 68.2-3 (1999): 391-395.
12. Sumantran VN, Chandwaskar R, Joshi AK, Boddul S, Patwardhan B, Chopra A, Wagh UV. The relationship between chondroprotective and antiinflammatory effects of Withania somnifera root and glucosamine sulphate on human osteoarthritic cartilage in vitro. Phytother Res. 2008 Oct;22(10):1342-8. doi: 10.1002/ptr.2498. PubMed PMID: 18697233.
40. Wilson, Laura. “Review of adaptogenic mechanisms: Eleuthrococcus senticosus, Panax ginseng, Rhodiola rosea, Schisandra chinensis and Withania somnifera.” Australian journal of medical herbalism 19.3 (2007): 126.
56. Manayi, Azadeh, Mahdi Vazirian, and Soodabeh Saeidnia. “Echinacea purpurea: Pharmacology, phytochemistry and analysis methods.” Pharmacognosy reviews 9.17 (2015): 63.

 

 

Gli adattogeni come immunomodulatori 

Al gruppo di piante medicinali “immunomodulatrici” appartengono a pieno titolo anche alcune piante medicinale più frequentemente conosciute per effetti adattogeni psico-fisici intesi come preparati finalizzati al “recupero” in periodi di esaurimento di forza fisica e mentale; nella classe delle “sostanze adattogene” rientrano anche tutte le sostanze immunomodulatrici (Lazarev,1947).

Nel 1947 Nikolai Lazarev definì per primo il concetto di sostanza adattogena intesa come:

“una sostanza farmacologica capace di indurre in un corpo uno stato di maggiore resistenza non specifica che contrastava i segnali di stress e si adattava ad uno sforzo eccezionale”.

Si deve poi successivamente a Israel Brekhman (1968) la definizione degli effetti specifici che queste sostanze devono possedere e cioè: aumentare in modo non specifico la resistenza del corpo nei confronti di diverse “aggressioni” esterne (biologiche: virali/batteriche, chimiche, fisiche); esercitare effetti normalizzanti, indipendentemente dai cambiamenti delle norme fisiologiche; essere prive di tossicità e non modificare le fisiologiche funzioni dell’organismo.

Una ulteriore utile classificazione delle sostanze adattogene è stata poi suggerita dal ricercatore Cristopher Hobbs che le raggruppa in tre categorie principali: adattogeni, stimolanti immunitari di superficie e tonici immunitari. Secondo Hobbs gli adattogeni (Rodiola, Ashwagandha, Schisandra, etc.) aumentano l’immunità sostenendo e bilanciando il sistema endocrino (ghiandolare) supportando le funzioni surrenali, migliorando l’utilizzo cellulare dell’ossigeno e aumentando la respirazione cellulare. Come noto un indebolimento surrenale provoca stanchezza e soppressione dell’immunità aspecifica e specifica; gli stimolanti immunitari di superficie (Echinacea, Uncaria tomentosa, alcuni funghi e lieviti) stimolano prevalentemente l’attività dei macrofagi; i tonici (alcuni funghi) immunitari andrebbero intesi come sostanze di “riserva” del midollo osseo, da cui vengono prodotti i macrofagi e tutte le altre cellule del sistema immunitario (cellule T) e i globuli rossi.

Sempre secondo Hobbs ognuna di queste tipologie di sostanze, funzionando in modo diverso, dovrebbe essere utilizzata in condizioni specifiche. [4]

_______________________________________

4. Hobbs, Christopher. Medicinal mushrooms: an exploration of tradition, healing, and culture. Book Publishing Company, 2002

 

L’attività immunomodulatoria degli adattogeni 

Il razionale d’impiego di piante medicinali adattogene a sostegno della funzionalità del sistema immunitario fonda sulla loro prevalente capacità di modulare l’attività neuroendocrina dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e di sfruttarne quindi i relativi effetti, come noto, sulla attivazione dei macrofagi e sulla proliferazione e differenziazione linfocitaria T e B contrastando gli effetti immunosoppressivi dell’eccesso di corticosteroidi. [5]

Alla base di questa spiegazione meccanicistica fonda l’evidenza che gli assi neuroendocrini non sono solo autostrade parallele che uniscono cervello-ipofisi-ghiandole endocrine con i tessuti bersaglio ma, tramite scorciatoie e collegamenti laterali (definiti “feedsideward”), formano un vero e proprio network endocrino a sua volta strettamente connesso con i networks nervoso e immunitario. [6]

E’ dimostrato che le più note piante medicinali adattogene (Rodiola, Ashwagandha, Eleuterococco, Gingo biloba, Ginseng, etc.) sono in grado di promuovere la disponibilità dei principali neurotrasmettitori circolanti (serotonina, dopamina, etc.) [7,40] e che questi effetti si riflettano positivamente sulla generale attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che risulta strettamente correlata con una migliore efficienza immunitaria. [8]

La positiva modulazione dell’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene non avrebbe solo i noti riflessi positivi sulla generale vitalità linfocitaria ma limiterebbe anche il rilascio di interleuchine pro-infiammatorie; in più studi è stato chiarito che esistono evidenti rapporti bidirezionali tra asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sistema immunitario (risposta aspecifica e specifica) ed in uno studio in particolare è stato dimostrato questo rapporto in presenza di infezioni virali. [9]

Per le motivazioni di cui sopra le piante medicinali “adattogene” impiegate come “protettori” dimostrerebbero un razionale d’efficienza completo perché sarebbero in grado di agire sulla risposta immunitaria anche a livelli più profondi (anche specifica linfocitaria) rispetto ad altre sostanze che agirebbero prevalentemente sulla risposta immunitaria aspecifica.

Per queste considerazioni in generale le sostanze naturali adattogene possono aiutare l’organismo in senso “protettivo” rispetto ad aggressioni di patogeni ed essere utili anche per affrontare lo “stress mentale ” collegato alla percezione della loro pericolosità.

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6. de la Peña Sánchez, S. “The feedsideward of cephalo-adrenal immune interactions.” Chronobiologia 20.1-2 (1993): 1-52.
7. Panossian, Alexander, and Georg Wikman. “Effects of adaptogens on the central nervous system and the molecular mechanisms associated with their stress—protective activity.” Pharmaceuticals 3.1 (2010): 188-224.
8. Gaillard, Rolf C. “Neuroendocrine-immune system interactions: the immune-hypothalamo-pituitary-adrenal axis.” Trends in Endocrinology & Metabolism 5.7 (1994): 303-309
9. Silverman, Marni N., et al. “Immune modulation of the hypothalamic-pituitary-adrenal (HPA) axis during viral infection.” Viral immunology 18.1 (2005): 41-78
40. Wilson, Laura. “Review of adaptogenic mechanisms: Eleuthrococcus senticosus, Panax ginseng, Rhodiola rosea, Schisandra chinensis and Withania somnifera.” Australian journal of medical herbalism 19.3 (2007): 126.

 

Rhodiola e Ashwagandha

In alcuni casi queste piante a prevalente effetto adattogeno associano anche effetti antinfettivi (verso virus e batteri) diretti. [13]

E’ questo il caso di due piante medicinali adattogene come Rhodiola rosea L. (Rodiola) e Withania somnifera Dunal (Ashwagandha) [14] che trovano antico e tradizionale impiego nella medicina tradizionale cinese (Rodiola) e ayurvedica (Ashwagandha) come trattamento specifico ad esempio delle patologie respiratorie risultando attive nel potenziare l’efficienza del sistema immunitario e contrastare le aggressioni virali e batteriche. [15,16,17]

_______________________________________

13. Rege, Nirmala N., Urmila M. Thatte, and Sharadini A. Dahanukar. “Adaptogenic properties of six rasayana herbs used in Ayurvedic medicine.” Phytotherapy Research: An International Journal Devoted to Pharmacological and Toxicological Evaluation of Natural Product Derivatives 13.4 (1999): 275-291.
14. Wal, Ankita, et al. “Adaptogens With a Special Emphasis on Withania somnifera and Rhodiola rosea.” Nutrition and Enhanced Sports Performance. Academic Press, 2019. 407-418.
15. Buhner, Stephen Harrod. Herbal Antivirals: Natural Remedies for Emerging & Resistant Viral Infections. Storey Publishing, 2013.
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Rodiola

Rodiola (Rhodiola rosea L., fam. Crassulaceae) è una pianta medicinale di antico uso tradizionale e tra le più studiate anche in tempi recenti. [18,19]

Nel suo uso tradizionale si ritrovano indicazioni diverse come tonico e adattogeno (nella sua moderna definizione) nelle necessità di resistere meglio a fatica fisica e mentale, come rinvigorente, come protettore fisico in climi freddi, come farmaco vegetale per le malattie respiratorie [19] e per ridurre le fisiologiche influenze dell’alta quota sull’ organismo. [20,21]

Rodiola possiede un vasto corredo di letteratura scientifica farmacologica e clinica. [22]

L’analisi delle evidenze osservazionali tradizionali e della letteratura scientifica disponibile sugli usi medicinali più frequenti di Rhodiola rosea indica che questi sono accomunati dalla finalità prevalente di “aiuto” e “supporto” alle fisiologiche capacità di resistenza ed adattamento dell’organismo in presenza di stress fisico o mentale. [23]

Studi clinici recenti si sono concentrati sullo studio delle capacità adattogene [24] di questa pianta medicinale ritenuta preziosa sin dall’antichità; i risultati di questi studi sono omogeneamente concordi nell’attribuire a Rodiola potenti effetti tonici ed adattogeni fisici e mentali. [25,26]

Queste specifiche attività preventive di Rodiola sono state molto studiate e sfruttate ad esempio nell’ex Unione Sovietica ed in Cina dove Rodiola, insieme ad altri adattogeni, viene comunemente somministrata ai militari delle armate per migliorare resistenza fisica (verso patologie, condizioni climatiche, etc.) e prestazioni mentali (concentrazione, attenzione, reattività, etc.). [28,29]

Un crescente numero di studi scientifici sta chiarendo sempre più il ruolo immuno-modulatorio di Rodiola volto al miglioramento della risposta del sistema immunitario in particolari condizioni di sforzo fisico, aggressioni biologiche e fisico-chimiche ed in particolari condizioni di patologia (oncologia); Rodiola dimostra di supportare l’efficienza del sistema immunitario agendo a più livelli sia sulla risposta immunitaria aspecifica che su quella specifica. [30-39]

Gli effetti adattogeni fisici/mentali, antidepressivi e immunomodulatori di Rodiola vengono ricondotti alla capacità di molecole (fenoliche e glicosidiche) aspecifiche (salidroside) e specifiche (rosavine: rosavina, rosarina, rosina, rodiosina) del suo fitocomplesso [41] di promuovere una maggiore disponibilità di serotonina con i relativi effetti nelle disforie, negli stati depressivi minori, in stati di esaurimento ed affaticamento mentale; questi effetti si traducono nell’individuo in una percezione di miglioramento di prestazioni cognitive e mnemoniche (memoria, concentrazione, attenzione, vigilanza, capacità diapprendimento); questi effetti sono stati osservati in popolazioni di studio di età anche molto diversa. [42,43,44]

Come anticipato, seconda letteratura scientifica, Rodiola rosea si comporta come un serotonino agonista ed è nota da gran tempo, per i suoi effetti adattogeni e protettivi tra i popoli nordici.

La Rodiola (in particolare della rosavina che ha maggiore attività biologica) inibisce l’enzima catecol-O-metil-transferasi (COMT), che trasforma la serotonina e la dopamina in sostanze inattive, aumentando in tal modo i livelli nel cervello di questi neurotrasmettitori ad azione antidepressiva e attivante [41] parallelamente Rodiola stimolerebbe il trasporto del 5-idrossitriptofano (5HTTP), precursore della serotonina, attraverso la barriera ematoencefalica. Dall’incremento dei livelli di questi neurotrasmettitori dipenderebbero anche altri effetti di Rodiola nel controllo dell’appetito [54], del sonno, del comportamento, dell’umore, della funzionalità cardiovascolare, della memoria e della capacità d’adattamento. [41]

Nell’antica Mongolia Rodiola rosea veniva comunemente raccomandata per la cura e la prevenzione delle patologie respiratorie minori e indicata come farmaco naturale nella tubercolosi polmonare. [27]

Studi anche molto recenti hanno concluso che Rodiola rosea si dimostra in grado di agire stimolando l’efficienza del sistema immunitario a più livelli [45,50]; questi effetti vengono ricondotti alla capacità del fitocomplesso di modulare positivamente la relazione bidirezionale tra asse ipotalamo-ipofisi-surrene e il sistema immunitario migliorando sia l’immunità aspecifica che quella specifica come dimostrato nel ratto. [46] Nel ratto Rodiola rosea si dimostra in grado di migliorare l’efficienza del sistema immunitario in presenza di infezioni batteriche [47] e in vivo gli estratti di 2 specie di Rodiola (rosea e quadrifida) si dimostrano in grado di stimolare efficacemente l’immunità linfocitaria. [48] Rodiola rosea e la vitamina B6 hanno dimostrato negli studi clinici di esercitare effetti positivi sul sistema immunitario. [51] Uno studio sull’uomo ha concluso che Rodiola rosea ha esercitato significative attività antivirali in un gruppo di atleti professionisti, partecipanti ad una lunga maratona, nei quali comunemente, per l’intenso sforzo fisico continuativo, si instaura una temporaneo indebolimento delle difese immunitarie con conseguenti infezioni respiratorie o erpetiche. [49] Un ulteriore studio ha ottenuto dati clinici promettenti sull’efficacia preventiva e terapeutica di Rodiola rosea nelle infezioni da influenza virus. [16]

Nel 2010 uno studio si è focalizzato sull’importanza del ruolo immunologico di Rodiola rosea e ne ha indicato la generale buona tollerabilità [52]; più recentemente (2017) una altro studio ha suggerito il potenziale ruolo “immunomodulatore” di Rodiola rosea nella prevenzione oncologica. [53]

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18. Wal, Ankita, et al. “Adaptogens With a Special Emphasis on Withania somnifera and Rhodiola rosea.” Nutrition and Enhanced Sports Performance. Academic Press, 2019. 407-418.].
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Ashwagandha

Ashwagandha (Withania somnifera Dunal) è una pianta medicinale di antico uso tradizionale indiano tra le più recentemente studiate [57,61] ed è molto nota come potente pianta medicinale adattogena [58] utile in periodi di stanchezza fisica e mentale. Tuttavia il suo uso tradizionale come erba “rasayana” nella medicina ayurvedica cioè come pianta “ringiovanente” o più modernamente “anti aging” fonda il suo razionale nei potenti effetti che questa pianta medicinale esercita sul sistema immunitario. Questi effetti, insieme ad altri, hanno portato a studiare Ashwagandha anche in diverse problematiche oncologiche. [59]

Gli effetti adattogeni di Ashwagandha vengono ricondotti ad una famiglia di molecole steroidali (lattoni steroidali) anche in forma glicosilata che sono presenti negli estratti della radice (e delle foglie) e che sono grado di modulare, sembrerebbe con prevalenza dopaminergica, i principali neurotrasmettitori compreso il GABA (da qui l’uso di Ashwagandha anche come ansiolitico naturale). [60,62] Come in Rodiola la modulazione neurotrasmettitoriale (ipotizzata attraverso meccanismi di modulazione di reuptake) anche in Ashwagandha si riflette sull’attività dell’asse ipotalalmo-ipofisi-surrene con tutti gli effetti diretti che questo esercita sulle funzioni aspecifiche e specifiche del sistema immunitario [63]; questo effetto risulta molto studiato per le potenziali applicazioni oncologiche [59] di questa potente pianta medicinale. Poiché nel fitocomplesso di Ashwagandha sono presenti elevata quantità lattoni steroidali coniugati con polisaccaridi, parte dell’attività immunomodulatoria di Ashwagandha viene anche ricondotta agli effetti diretti che questi componenti glicosilati eserciterebbero sull’immunità aspecifica. [64]

Sono numerose le prove scientifiche che indicano gli effetti di Ashwagandha sul sistema immunitario.

Una prima evidenza di questi effetti è stata osservata in vitro in cui la stimolazione di splenociti con LPS (lipopolissaccaride), quando viene aggiunto Ashwagandha, aumenta di 6 volte rispetto a quella indotta da solo LPS [65] e in particolare il witanolide A si dimostra in grado di incrementare la proliferazione dei linfociti-T indotta da Concanavalin A. [66]; il witanolide A si dimostrerebbe in grado di potenziare l’effetto stimolante dei mitogeni sulla proliferazione delle cellule della milza.

Come noto Ashwagandha possiede potenziali anti-infiammatori, come accertato in modelli anche di artrite indotta [67], ed in un modello di infiammazione cronica nel ratto, un estratto di radice di Ashwagandha ha determinato una positiva modulazione della proliferazione dei linfociti in risposta alla somministrazione di un mitogeno (PHA) suggerendo un potenziale antiartritico della pianta medicinale. [68]

Estratti di Ashwagandha, Witaferina A e il Witanolide A sembrano ridurre la soppressione dell’attività delle cellule Th1 indotta dai corticosteroidi; questo effetto si dimostrerebbe in parte dovuto agli effetti anti stress di Ashwagandha (riducendo il cortisolo) ed in parte dovuto ad un meccanismo (indipendente dalla riduzione di cortisolo) di inibizione STAT3.

In vitro in witanolide A, co-somministrato con un mitogeno (PHA), dimostra di contrastare gli effetti soppressivi dell’attività delle cellule Th1 indotta da desametasone [69] mentre nel ratto, con elevate concentrazioni di corticosteroidi nel siero, un estratto acquoso di radice di Ashwagandha dimostra di preservare significativamente la conta delle cellule T totali in correlazione ad una parallela riduzione del cortisolo circolante [70] e il Witanolide A isolato, dato oralmente, nel ratto dimostra di ridurre le concentrazioni di corticosteroidi e di conservare la funzionalità delle cellule T. [66]

Ashwagandha dimostrerebbe altri effetti immuno-supportivi rispetto anche ad altri immuno-soppressori come la ciclosporina o il paclitaxel risultando molto attivo nel contrastare la neutropenia.

La Witaferina A dimostra di sopprimere la secrezione di IL-10 e di ROS da parte delle cellule “Myeloid-derived suppressor cell” (MDSCs)[71] dipendenti dal meccanismo STAT3 [72]; questi effetti soppressivi su IL-10 e ROS hanno dimostrato nel ratto di controllare positivamente la citotossicità tumorale coinvolgendo cellule T CD4 + e CD8 + e riducendo il peso del tumore [71] e un estratto alcolico di Ashwagandha nel ratto, somministrato per via oralmente ha dimostrato in vivo di sopprimere l’attività STAT3. [73]

Nel ratto la somministrazione di ciclosporina (immunosoppressore) determina una riduzione dell’espressione di recettori CD4 + e CD8 + sui linfociti T; in questo modello di studio un estratto metanolico di Ashwagandha, somministrato oralmente, in due settimane ha incrementato i livelli di questi recettori. [74]

Nel ratto la somministrazione orale di un estratto di Ashwagandha (per quattro giorni prima, e per otto giorni dopo, di un’iniezione di paclitaxel) dimostra di attenuare significativamente la neutropenia indotta da paclitaxel [75] fino ad abolirla (con un aumento della conta dei neutrofili rispetto al basale nel gruppo Ashwagandha) con effetti simili ad iniezioni di 25 μg / kg di GM-CSF (Granulocyte-Macrophage Colony-Stimulating Factor). [75]

Ashwagandha dimostra effetti di stimolazione delle cellule T in associazione a effetti di incremento di immunoglobuline e interferoni (IgM e IFNy).

In uno studio sul ratto, un estratto etanolico di Ashwagandha, somministrato per 15 giorni, presentando un antigene al nono giorno, ha determinato un titolo anticorpale di immunoglobuline M (IgM) del 128% ed analogamente un incremento del profilo complessivo dell’immunoglobulina G (IgG) con un incremento dell’Ig2a di circa quattro volte. [69]

Ashwagandha dimostra di stimolare l’attività dei macrofagi (produzione nitriti) quando inibita da corticosteroidi esogeni, ma anche in situazioni di normalità.

L’assunzione orale di Ashwagandha, a dosi relativamente basse, sembra contrastare significativamente la riduzione dell’attività dei macrofagi in situazioni di stress: in un modello sperimentale, nel ratto sottoposto a stress da freddo, Ashwagandha al dosaggio di 20.5-25.625 mg / kg, è stato in grado di incrementare la fagocitosi da parte dei macrofagi rispetto al controllo ed è stato superato solo dai beta- glucani del Maitake. [76]

L’ aumento dell’attività di fagocitosi, fino al 142%, è stato osservato in vivo anche in altri studi, somministrando l’estratto metanolico al 70% di Ashwagandha a 20 mg / kg, tramite iniezioni intraperitoneali. [77]

Un estratto etanolico al 50% di Ashwagandha (30 mg / kg nei topi per 15 giorni) ha determinato un aumento della produzione delle IL,12 e del TNF,α ma non della IL,10, in un modello di riduzione dell’attività dei macrofagi indotta con desametasone. [69]

Ashwagandha dimostra di stimolare significativamente le cellule Natural Killer non solo nel modello sperimentale ma sembrerebbe ragionevolmente anche nell’uomo.

Nel modello sperimentale, Ashwagandha si è dimostrato in grado di aumentare l’attività delle cellule NK e la loro popolazione sia in animali sani sia in quelli portatori di tumori.

Ashwagandha da solo, o associato ad altre piante medicinali [78] come il Guduchi, Il Tulsi e l’Amla, è in grado di stimolare le cellule NK in ratti portatori di tumori [63]; un estratto etanolico (50%) di radice di Ashwagandha dato oralmente in ratti con tumore, in 9 giorni ha dimostrato di aumentare la popolazione NK del 20-40%. [73]

Nell’uomo, un infuso medicinale contenente Ashwagandha (0,5%), con altre erbe medicinali (per un totale del 4,0%), somministrato a pazienti adulti che dimostravano una bassa attività delle cellule NK, al dosaggio di 2,06 g / die per due mesi, ha aumentato l’attività delle cellule NK del 60% in più rispetto all’infuso placebo; da un’estensione dello studio è risultato che questo effetto è cessato con l’interruzione dell’assunzione dell’infuso [79]; in un altro studio clinico, un estratto di radice di Ashwagandha (3 : 1 estratto etanolico), somministrato due volte al giorno, per quattro giorni insieme a latte intero, ha determinato un aumento delle cellule NK (CD56) e della relativa attività recettoriale anche se con differenze interindividuali [80].

Ashwagandha dimostra di agire indirettamente sui linfociti B infatti un estratto etanolico di radice nel ratto (30 mg / kg), in 15 giorni, in presenza di un antigene (presentato al nono giorno) è stato in grado di promuovere la proliferazione di cellule B con aumento delle cellule CD19 +. [69]

Sempre nel ratto la somministrazione orale di 100-200 mg / kg di estratto metanolico di radice sembra aumentare il titolo anticorpale complessivo (11-16% e 14-30% in condizioni normali sia in condizioni di immunosoppressione tuttavia con potenza inferiore al farmaco di confronto (levamisolo). [74]

Analogamente un aumento del titolo anticorpale è stato osservato in ratti trattati con 20 mg/kg di estratto metanolico al 70% attraverso iniezioni intraperitoneali, tuttavia si è ipotizzato che questo effetto sia stato dovuto al proliferare di cellule che producono anticorpi nella milza. [77]

Ashwagandha dimostra di agire sui linfociti T; un estratto etanolico al 50% di Ashwagandha, somministrato oralmente a ratti, per 15 giorni (con somministrazione di antigene specifico SRBC al giorno 9), ha determinato, a dosaggi medi di 30 mg / kg, la promozione della proliferazione delle cellule T, dei CD3 + e del rapporto CD4 + / CD8 +; si è ipotizzato che questo effetto sia dovuto al witanolide A che è in grado di sopprimere l’ IL-4 e che è in grado di aumentare l’ IFN-gamma e l’IL-1. [69]

Questi effetti sono stati osservati in ratti portatori di tumori dove il dosaggio orale di maggior potenza dell’estratto etanolico al 50% è stato di 200 mg / kg. [73]

In un altro studio sperimentale, 25-200 mg / kg di un estratto metanolico al 50% di Ashwagandha, sono stati in grado di aumentare la secrezione cellulare di IFN-gamma (interferone gamma) con potenza maggiore di 2,5 mg / kg di Levamisolo usato come farmaco di riferimento[74]; l’effetto stimolante su IL-2 di 100-200 mg / kg dell’estratto di Ashwagandha era paragonabile a quello del Levamisolo, ed in entrambi i casi si è osservato un aumento dei recettori CD4 + e CD8+ correlati [74]; questi effetti sono stati anche osservati, con potenza simile, nella sperimentazione (in vitro ed in vivo) di un estratto base acquoso di radice a 100 e 200 mg / kg. [73]

Ashwagandha sembra avere un effetto stimolante dose dipendente sulle cellule Th1 aumentandone il numero di recettori e di modulare positivamente le citochine secrete (IFN-gamma e IL-2). Questi effetti si evidenziano dose dipendenti fino a dosaggi di 200 mg / kg (equivalenti nell’uomo a 32 mg/kg) dell’estratto di radice, e sembrano riferibili anche alla somministrazione orale di dosaggi standard di Ashwagandha. Sempre con l’estratto etanolico al 50% è stata osservata una diminuzione costante, nel range del 15-30%, dell’IL-4 così come avviene per dosaggi di 0,1-100 ng / mL di withanolide A isolato. [69]

Ashwagandha dimostra effetti antivirali [86,88]; numerosi studi in vitro sono concordi nel confermare gli effetti antivirali di Ashwagandha osservati nel suo uso tradizionale; in particolare uno di questi studi dimostra gli specifici effetti antivirali di Withania somnifera Dunal nei confronti ad esempio del virus influenzale H1N1; in questo studio è emerso che il meccanismo d’attività antivirale di Ashwagandha dipenderebbe dalla sua capacità di influire sulle neuroamidasi [84] e in un altro studio è stato chiarito l’effetto antivirale di Ashwagandha nella borsite virale infettiva [85]; è stato dimostrato che in vitro gli estratti acquosi di Aloe ferox e Ashwagandha esercitano specifici effetti antivirali nei confronti del virus Herpes simplex-1. [87]

Ashwagandha dimostra effetti antibatterici; moderatamente attivo nell’inibire Trichophyton mentagrophytes (valore MIC di 3,125 mg/mL), Staphylococcus aureus (valore MIC di 6,25 mg/ml) e il suo ceppo resistente alla Meticillina noto come MRSA (valore MIC di 12,5 mg / mL). [81]

Nella tubercolosi polmonare, si sono ottenute risposte positive somministrando 500 mg di Ashwagandha [82] due volte al giorno per 28 giorni insieme ai farmaci anti tubercolosi standard (rifampicina, pirazinamide, ethambutol, isoniazide); nello studio si è notato un aumento significativo delle IgG e delle IgM nonché della conta totale dei globuli bianchi (monociti e eosinofili) senza influenzare neutrofili e linfociti, con una significativa riduzione della carica batterica rispetto al gruppo di controllo. [83]

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Journal of Microbiology, Immunology and Infection (2012) 45, 165e184.

A review of immunomodulators in the Indian traditional health care system

Dinesh Kumar a, Vikrant Arya b, Ranjeet Kaur c, Zulfiqar Ali Bhat a, Vivek Kumar Gupta b, Vijender Kumar a

Author information:

a Department of Pharmaceutical Sciences, University of Kashmir, 190006 India
b ASBASJSM College of Pharmacy, Bela Ropar, Punjab 140111, India
c Shoolini School of Pharmaceutical Sciences, Solan, Himachal Pradesh 173212, India

Abstract

Some of the medicinal plants valued in Ayurvedic Rasayana for their therapeutic potential have been scientifically investigated with promising results. A number of plant-based principles have been isolated with potential immunomodulatory activity that can explain and justify their use in traditional medicine in the past and can form the basis for further research in the future as well. The aim of this review is to highlight results of research done on immunomodulators of plant origin. The selection of papers was made using the most relevant databases for the biomedical sciences on the basis of their ethnopharmacological use. Many plants and some phytoconstituents responsible for immunomodulation have been explained. The review also discusses biological screening methods for various plant drugs that focus on revealing the mechanism involved in immunomodulation. This work shall hopefully encourage researchers to undertake further work on medicinal plants with potential immunomodulatory activity.

 

KEYWORDS
Cellular immunity; Humoral; Immunomodulators; Plant extracts; Traditional medicine
Copyright ª 2012, Taiwan Society of Microbiology. Published by Elsevier Taiwan LLC. All rights reserved.
Elsevier®
ISSN: 1684-1182 

 

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Newsletter Ayurveda nr. 59 – Gennaio 2020

Newsletter n° «59»

Gennaio 2020

Shirodhara e Yoga: una associazione promettente per combattere i disturbi d’ansia

 

International Journal of Yoga 13.1 (2020): 32. 

“FEASIBILITY AND PILOT EFFICACY TESTING OF INTEGRATED YOGA AND SHIRODHARA (AYURVEDIC OIL-DRIPPING) INTERVENTION ON CLINICAL SYMPTOMS, COGNITIVE FUNCTIONS AND SLEEP QUALITY OF ADULTS WITH ANXIETY DISORDER.” 

Hegde, Deepa, et al.

 

Lo studio in breve

Pubblicato nel 2020 da “International Journal of Yoga” l’articolo che segnaliamo rappresenta una ulteriore testimonianza clinica degli effetti di Shirodhara.

Nel dettaglio questo studio clinico pilota, condotto con metodologia randomizzata, suggerisce l’utilità di Shirodhara in associazione alla pratica dello Yoga nel trattamento di diffusi disturbi d’ansia. Lo studio rappresenta una ulteriore testimonianza clinica, non frequente, dei benefici della scienza medica ayurvedica che negli ultimi anni riscontra un crescente consenso anche nel mondo occidentale che tuttavia chiede riscontri d’efficacia e sicurezza d’impiego dei vari trattamenti anche nelle evidenze scientifiche; in questo contesto le evidenze scientifiche rappresentano uno strumento di elevato valore per la comprensione e la diffusione dell’utilità delle Medicine Complementari.

Una ulteriore osservazione sul valore di quanto concluso dallo studio potrebbe essere quella dell’utilità di questo approccio integrato (Yoga + Shirodhara) nel trattamento di disturbi d’ansia che, secondo i protocolli della moderna biomedicina, vengono frequentemente trattati con farmaci utili ma che presentano numerosi effetti indesiderati.

Partendo dal presupposto che sia la terapia Yoga che la pratica dello Shirodhara, singolarmente dimostrano effetti benefici nell’alleviare i disturbi d’ansia (AD) gli autori dello studio si sono posti l’obiettivo di valutare la fattibilità ed il valore sinergico di Shirodhara come intervento aggiuntivo alla terapia Yoga in adulti con disturbi d’ansia (AD).

Per lo studio pilota sono stati arruolati 30 pazienti (maschi e femmine) con diagnosi di ansia generalizzata, fobia sociale e attacchi di panico e attraverso test neuropsichiatrici validati sono stati assegnati casualmente da uno psichiatra a due gruppi di trattamento di cui uno basato solo sulla terapia Yoga (YT) ed il secondo nel quale alla terapia Yoga è stata associata la pratica Ayurvedica dello Shirodhara (YA); in entrambi i gruppi tutti i pazienti hanno continuato a ricevere i trattamenti convenzionali e le loro abituali terapie farmacologiche (tranne che in caso di emergenza).

Le valutazioni degli effetti dei due interventi sono state condotte da un valutatore indipendente al basale e dopo 2 settimane di intervento prendendo in considerazione le variazioni dei sintomi clinici come l’ansia generalizzata (scala di HAM-A), la qualità del sonno e alcuni parametri cognitivi (attraverso specifici test standard validati: es. test di Stroop).

25 soggetti arruolati hanno terminato lo studio (12 YT; 13 YA) e non sono stati segnalati effetti collaterali in nessuno dei due gruppi.

Dai risultati osservati in entrambi i gruppi è emerso un significativo miglioramento dei sintomi clinici, di alcuni parametri cognitivi e della qualità del sonno tuttavia alcuni parametri cognitivi sono risultati migliori nel gruppo in cui è stata associata al pratica di Shirodhara (YA) rispetto al gruppo trattato con la sola terapia Yoga, inoltre, sempre nel gruppo trattato anche con Shirodhara è stata osservata una tendenza verso un miglioramento della qualità del sonno rispetto al gruppo trattato con sola terapia Yoga.

Lo studio conclude che l’aggiunta di Shirodhara alla terapia Yoga è fattibile e può essere utile per migliorare la memoria esecutiva e la qualità del sonno in pazienti adulti con disturbi d’ansia (AD).

 

Dallo studio

I disturbi d’ansia (AD) sono un gruppo di disturbi mentali caratterizzati da percezione d’ansia e paura. [1] Secondo il Diagnostic and Statistical Manual-5 (DSM-5), in questa patologia (AD) sono inclusi (a) AD di separazione, (b) mutismo selettivo, (c) fobia specifica, (d) fobia sociale (SP), (e) disturbo di panico (PD), (f) agorafobia, (g) disturbo d’ansia generalizzata (GAD), (f) AD indotta da sostanze / farmaci, (g) AD a causa di altre condizioni mediche e (h) altri AD specificati o non specificati.

La generale prevalenza nel corso della vita dei disturbi psichiatrici è del 46,4%, e le AD sono i disturbi psichiatrici più comuni con prevalenza, nel corso della vita del 28,8%. [2]

Il genere femminile è colpito due volte in più rispetto a quello maschile, solitamente prima dei 25 anni di età [3]; le AD causano grave disagio e compromissione nella vita di chi ne è colpito, con complicanze di comorbilità sia psichiatriche che mediche. [4, 5]

Questi disturbi si manifestano con una vasta gamma di sintomi fisici e affettivi con cambiamenti nel comportamento e nella sfera cognitiva. [6]

Diversi studi hanno riscontrato che nelle persone che soffrono di disturbi d’ansia si manifestano deficit in diversi domini cognitivi come quello delle funzioni esecutive, della memoria a breve termine e a lungo termine, della capacità visiva spaziale o percettiva e della memoria di lavoro. [7, 8]

Un altro studio ha concluso che l’assunzione di farmaci antidepressivi ha peggiorato le prestazioni della memoria esecutiva e non verbale nei pazienti affetti da GAD rispetto a pazienti che non assumevano questa tipologia di farmaci. [9]

I disturbi del sonno sono comuni nelle persone che soffrono di GAD, SP, PD e disturbo post traumatico da stress (PTSD). [10] Il sonno disturbato aumenta ulteriormente la gravità dei sintomi dell’ansia e peggiora la disabilità correlata alle AD. [11, 12]

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1. Ahuja N.A Short Texbook of Psychiatry. 6th ed. Delhi: Jaypee Brothers Medical Publishers (P) Ltd.; 2006.
2. Kessler RC, Berglund P, Demler O, Jin R, Merikangas KR, Walters EE, et al. Lifetime prevalence and age-of-onset distributions of DSM-IV disorders in the national comorbidity survey replication. Arch Gen Psychiatry 2005;62:593-602.
3. Gupta N, Khera S, Vempati RP, Sharma R, Bijlani RL. Effect of yoga based lifestyle intervention on state and trait anxiety. Indian J Physiol Pharmacol 2006;50:41-7.
4. Craske MG, Stein MB. Anxiety. Lancet 2016;388:3048-59.
5. Hettema JM, Neale MC, Kendler KS. A review and meta-analysis of the genetic epidemiology of anxiety disorders. Am J Psychiatry 2001;158:1568-78.
6. Butcher JN, Mineka S, Hooley JM. Panic anxiety and their disorders. In: Abnormal Psychology. 15th ed. New Jersey: Pearson Publishers; 1933. p. 170-213.
7. O’Sullivan K, Newman EF. Neuropsychological impairments in panic disorder: A systematic review. J Affect Disord 2014;167:268-84.
8. O’Toole MS, Pedersen AD. A systematic review of neuropsychological performance in social anxiety disorder. Nord J Psychiatry 2011;65:147-61.
9. Tempesta D, Mazza M, Serroni N, Moschetta FS, Di Giannantonio M, Ferrara M, et al. Neuropsychological functioning in young subjects with generalized anxiety disorder with and without pharmacotherapy. Prog Neuropsychopharmacol Biol Psychiatry 2013;45:236-41.
10. Mellman TA. Sleep and anxiety disorders. Psychiatr Clin North Am 2006;29:1047-58.

E’ oggi riconosciuto che lo Yoga possa rappresentare un utile coadiuvante nella gestione di vari disturbi psichiatrici. [13] Uno studio su pazienti con GAD e panico ha concluso che un intervento di gruppo basato sulla meditazione per 12 settimane si è dimostrato utile nel ridurre i sintomi di panico e ansia. [14]

Un altro studio ha suggerito che, in pazienti affetti da GAD, 5 settimane di terapia di meditazione si sono dimostrate efficaci come la farmacoterapia (imipramina e clordiazepossido); lo stesso studio ha inoltre concluso che l’intervento di meditazione era privo di effetti collaterali che di solito vengono osservati con i farmaci (dipendenza, reazione di astinenza, preoccupazioni di sovradosaggio). [15]

Una recente meta-analisi ha valutato l’effetto della terapia Yoga per l’ansia. Sei studi controllati e randomizzati sono stati inclusi nella meta – analisi ed è emerso che, rispetto a pazienti che non ricevevano nessun trattamento, la terapia Yoga esercita piccoli effetti positivi già a breve termine e grandi effetti rispetto ad altre metodologie di trattamento. [16]

In un altro studio è stata osservata una relazione bidirezionale tra l’ottimizzazione della respirazione e le manifestazioni emotive e cognitive [17]; un altro studio ha confermato che la modifica volontaria del modello di respiro può determinare il 40% di varianza nei sentimenti di rabbia, paura, gioia e tristezza [18].

Uno studio su 41 soggetti affetti da GAD ha concluso che “Sudarshan Kriya Yoga”, un programma di yoga basato principalmente sulla respirazione, somministrato per 8 settimane, in aggiunta al trattamento standard, è stato efficace nel ridurre i punteggi totali e la sottoscala psichica dell’HAM-A (Hamilton Anxiety Rating Scale); alla fine dell’intervento è stato inoltre osservato che il tasso di risposta era del 73% e il tasso di remissione era 41%. [19]

Un altro studio ha riportato un miglioramento dello stato di ansia e delle prestazioni psicomotorie immediatamente dopo il Mind Sound basato sullo tecnica Yoga di risonanza (MSRT) in pazienti con GAD. [20]

Numerosi altri studi hanno dimostrato l’utilità dello Yoga nel migliorare le funzioni cognitive [21, 22] e la qualità del sonno [23, 24] in salute e malattia.

Secondo l’Ayurveda, i disordini psichiatrici sono descritti in Unmada (stato mentale anormale). Nei testi ayurvedici Chittodvega (stato d’animo agitato) raggruppa una serie di sintomi che sono strettamente correlati agli AD. [25, 26]

In Ayurveda Shirodhara viene descritto come una procedura utile per la gestione di Chittodvega. [27,28] e come noto prevede il gocciolamento a flusso continuo di liquidi diversi (medicati e non medicati: olio, decotti, latte e latticello medicato) da un contenitore posto ad una precisa altezza (Dhara) sulla fronte della persona; in questo contesto infatti il termine Shiro significa testa e il termine Dhara significa flusso [29]. Shirodhara è un tipico procedimento delle terapie Panchakarma e risulta particolarmente indicato in Urdhwa Jatrugata Vikaras (disturbi relativi alle aree sopra clavicolari). [29]

Shirodhara contribuisce a migliorare la circolazione, rilassa il corpo e aiuta a alleviare lo stress, rilassando così la mente. [30] Diversi studi scientifici hanno concluso che Shirodhara, in volontari sani, è efficace nel ridurre l’attività simpatica e la frequenza cardiaca, la pressione diastolica media e i livelli di stress [29] e sempre Shirodhara, si dimostra utile nel ridurre la pressione sistolica e diastolica in donne in peri menopausa, in trattamento ormonale, con ipertensione essenziale. [31]

Un altro studio in aperto ha valutato l’effetto di Shirodhara per 1 settimana in associazione ad una formulazione polierbale ayurvedica (Manas Mitra Vatakam), sull’architettura del sonno in pazienti con GAD; gli effetti di questo trattamento sono stati confrontati con quelli del clonazepam come farmaco di riferimento; attraverso l’esame della polisonnografia è stato osservato che i trattamenti ayurvedici erano più efficaci nel promuovere e preservare il sonno ad onde lente mantenendo così la normale architettura del sonno, mentre il trattamento con clonazepam alterava gravemente l’architettura del sonno. [32]

Studi preliminari hanno anche suggerito che Shirodhara può migliorare alcuni parametri cognitivi. [33, 34] Negli studi sopra menzionati non sono stati riportati effetti collaterali dovuti alla procedura di Shirodhara.

Sulla base di questa selezione di evidenze, e di molte altre disponibili, si può postulare che sia Yoga che Shirodhara posseggano un potenziale nell’aiutare a ridurre i sintomi dell’ansia, migliorare la qualità del sonno e alcune prestazioni cognitive in soggetti affetti da disturbi d’ansia (AD).

Questo studio si è posto l’obiettivo specifico di valutare, in un modello pilota randomizzato, la fattibilità e l’efficacia della combinazione di Shirodhara con lo stile di vita basato sullo Yoga in pazienti affetti da AD.

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30. Kundu C, Shukla VD, Santwani MA, Bhatt NN. The role of psychic factors in pathogenesis of essential hypertension and its management by shirodhara and sarpagandha vati. Ayu 2010;31:436-41.
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I 30 partecipanti alla studio (maschi = 14; femmine = 16) sono stati reclutati tra i pazienti ricoverati nell’unità psichiatrica di un centro di assistenza sanitaria olistica a Bangalore, in India; i partecipanti (nella fascia età di 29,66 ± 6,63 anni) mostravano diagnosi positiva di disturbi d’ansia (GAD, n = 18; SP, n = 8; e panico AD, n = 4); la diagnosi è stata condotta da uno psichiatra attraverso un’ intervista neuropsichiatrica internazionale (M. I. N. I. inglese versione 5.0) e seguendo i criteri del DSM-5 (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali).

I pazienti sono stati quindi divisi secondo uno schema casuale in due gruppi in cui in uno (YT) i pazienti seguivano solo un programma integrato di stile di vita basato sullo yoga (YT) mentre nell’altro (YA) i pazienti seguivano un programma di trattamento basato sullo stile di vita Yoga al quale è stata associata una procedura di Shirodhara. Al basale, in entrambi i gruppi, i dettagli demografici erano comparabili senza differenze significative.

Allo studio sono stati ammessi pazienti di entrambi i sessi di età compresa tra 18 e 50 anni, pazienti con diagnosi di uno dei seguenti disturbi secondo la suddivisione del DSM-5 con punteggi HAM-A (Hamilton Anxiety Scale) ≥18; GAD (disturbo d’ansia generalizzata), SP (fobia sociale), PAD (panico), PTSD (disturbo da stress post traumatico); pazienti in trattamento farmacologico stabilizzante nell’ultimo mese (tranne l’uso di benzodiazepina durante episodici acuti esacerbazioni; i farmaci non dovrebbero essere cambiati tra le categorie farmacologiche); pazienti con comorbilità comuni come depressione, diabete, ipertensione, irritabilità sindromi intestinali, disturbo da reflusso gastroesofageo, obesità ecc..

Dallo studio sono stati esclusi: pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo o disturbi d’ansia indotti da sostanze / farmaci a causa di altre condizioni mediche; pazienti sottoposti a programmi strutturati di psicoterapia come la terapia comportamentale cognitiva e la terapia comportamentale emotiva razionale; soggetti con una storia di abuso di sostanze e / o dipendenza; pazienti che assumevano farmaci antipsicotici; pazienti con mania, schizofrenia o altre comorbidità o demenze psicotiche; pazienti con tendenze suicide o omicide; pazienti con malattia cerebrale organica; pazienti con condizioni mediche che ostacolavano la pratica dello Yoga come tumori maligni, artrite, lombalgia, obesità grave, malattie cardiache e ictus; pazienti in cui Shirodhara era controindicato, come durante le mestruazioni o il terzo trimestre di gravidanza; pazienti con febbre, brividi, infezioni del tratto respiratorio superiore; pazienti con dolore al collo, abrasioni o tagli alla testa e condizioni acute come nausea, vomito, grave debolezza ed esaurimento.

Gli effetti dei trattamenti sono state valutati da uno psicologo addestrato (che era cieco rispetto al gruppo di appartenenza dei soggetti) al basale e dopo 2 settimane di intervento.

Al basale e dopo due settimane di trattamento nei soggetti sono state eseguite le seguenti valutazioni: valutazione del punteggio della scala HAM-A dello stato d’ansia (scala di Hamilton); valutazione del punteggio della STAI-x (State-Trait Anxiety Inventory): essa permette di rilevare l’ansia di tratto, ovvero quelle caratteristiche individuali, relativamente stabili, per quanto riguarda la predisposizione all’ansia. In sostanza, l’ansia di tratto indica quella “tendenza a percepire quelle situazioni, obiettivamente non pericolose, come minacciose, rispondendo ad esse con un’ansia sproporzionata rispetto alla gravità del pericolo” (Spielberger, 1970); valutazione del punteggio della scala BPRS (Brief Psychiatric Rating Scale) che è uno strumento metodologico frequentemente utilizzato per valutare sintomi come depressione, ansia, allucinazioni e comportamenti insoliti [37]; valutazione del punteggio del test di Stroop (il test del colore e delle parole di Stroop è un test valido e affidabile che valuta l’elaborazione cognitiva di una persona, le funzioni esecutive, la resistenza ai disturbi da stimoli esterni, creatività e psicopatologia [38]; valutazione del punteggio del test DLST (Digit-Letter Substitution Task) che è un test valido e affidabile per le prestazioni psicomotorie [38, 39, 40]; questionario sulla valutazione del sonno che è uno strumento breve comunemente usato per valutare la qualità del sonno [41].

Nel primo gruppo di trattamento (YT) i pazienti sono stati trattati solo con un programma integrato basato sullo stile di vita dello Yoga (meditazione sul suono AUM, modulo di 60 min. di esercizio Yoga appositamente finalizzato e progettato per il rilassamento e comprende pratiche di respirazione, Suryanamaskāra, Āsana e Prāṇāyāma e specifiche tecniche di rilassamento [42]; questo modulo di pratica Yoga viene utilizzato come componente aggiuntivo dal National Institute of Mental Health and Neurosciences (Bangalore, India) per la gestione clinica dei pazienti che soffrono di disturbi d’ansia. Il programma includeva anche una dieta sattvica sana basata sullo Yoga [43] e lezioni sulla promozione di uno stile di vita sano e sulla gestione dello stress attraverso lo Yoga. [44, 45]; i soggetti hanno seguito questo programma per le 2 settimane di durata di questo studio.

Nel secondo gruppo di trattamento (YA) i pazienti sono stati trattati con lo stessa programma Yoga giornaliero al quale è stato aggiunta la procedura Shirodhara al mattino, per 40 minuti, ogni giorno per 7 giorni; l’intervento è iniziato dal 3° giorno di ammissione ed è continuato fino al 10° giorno. La procedura di Shirodhara si componeva di tre fasi: Purvakarma (procedura di pre-trattamento) che comprendeva shiroabhyanga (il massaggio alla testa con olio di semi di sesamo tiepido), Pradhanakarma (procedura principale di Shirodhara) e Paschatkarma (procedura post-trattamento).

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35. Maier W, Buller R, Philipp M, Heuser I. The hamilton anxiety scale: Reliability, validity and sensitivity to change in anxiety and depressive disorders. J Affect Disord 1988;14:61-8.
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37. Bell M, Milstein R, Beam-Goulet J, Lysaker P, Cicchetti D. The positive and negative syndrome scale and the brief psychiatric rating scale. Reliability, comparability, and predictive validity. J Nerv Ment Dis 1992;180:723-8.
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40. Natu MV, Agarwal AK. Testing of stimulant effects of coffee on the psychomotor performance: an exercise in clinical pharmacology. Indian J Pharmacol 1997;29:11.
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42. Nagarathna R, Nagendra HR. Yoga Practices for Anxiety and Depression (First). Bangalore: Vivekananda Yoga Research Foundation, Swami Vivekananda Yoga Prakashana;2001.
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Al termine dello studio 12 soggetti del gruppo YT e 13 del gruppo YA hanno completato i programmi di trattamento; 5 soggetti hanno abbandonato lo studio per dimissione anticipata dal centro di assistenza (per motivi personali), per insorgenza di infezioni del tratto respiratorio, per indisponibilità a sottoporsi alle valutazioni finali.

Nessun soggetto ha riportato effetti collaterali dovuti allo Yoga o all’intervento ayurvedico in entrambi i gruppi.

Come primo risultato lo studio suggerisce la compatibilità dell’associazione della pratica di Shirodhara con un programma di trattamento basato sullo stile di vita dello Yoga.

Dal confronto dei risultati delle singole valutazioni in entrambi i gruppi sono risultati miglioramenti significativi dei sintomi clinici (HAM-A, STAI-X1 e BPRS),delle prestazioni di Stroop, dei punteggi DLST e di vari parametri del sonno. Per quanto relativo al test di Stroop sono state osservate specifiche prestazioni (Stroop Word Task) significativamente migliori nel gruppo che aveva ricevuto anche Shirodhara (YA) inoltre sempre nello stesso gruppo (YA) è stata osservata una tendenza migliore nei punteggi della qualità del sonno rispetto a quanto osservato nel gruppo che era stato trattato solo con la procedura di Yoga; è stato infatti osservato che nel gruppo che aveva ricevuto Shirodhara (YA) i soggetti mostravano una riduzione migliorativa del 10% nella latenza del sonno, un miglioramento dell’11% nelle ore di sonno più una riduzione migliorativa dell’11% dei disturbi del sonno e una riduzione migliorativa del 40% dell’ incidenza della sonnolenza durante il giorno.

Questo studio rappresenta un primo tentativo di valutare l’effetto aggiuntivo della tecnica di Shirodhara all’intervento yoga integrato su sintomi clinici, funzioni cognitive e qualità del sonno in pazienti affetti da AD. Lo studio dimostra che è possibile combinare yoga e Shirodhara insieme in pazienti affetti da AD. Entrambi i gruppi YT e YA hanno mostrato un significativo livello di miglioramenti clinici inoltre è emerso che l’aggiunta di Shirodhara al programma di stile di vita basati sullo yoga integrato (gruppo YA) ha portato a miglioramenti superiori nelle funzioni esecutive (come dimostrato da punteggi più alti nel test Stroop Word Task) rispetto al gruppo YT così come è emerso che l’aggiunta di Shirodhara alle pratiche Yoga favorisce miglioramenti nella latenza e durata del sonno, minori disturbi del sonno e minore sonnolenza diurna.

Dallo studio è emerso che la riduzione dei punteggi di valutazione dello stato di ansia risultava elevata e simile in entrambi i gruppi di trattamento (mediamente 39%) indicando che l’aggiunta di Shirodhara non migliorava ulteriormente questo parametro che risultava già elevato per l’intervento di solo Yoga suggerendo tuttavia che l’aggiunta di Shirodhara non determinava interazioni sfavorevoli.

Gli effetti dell’intervento Yoga sui parametri cognitivi e psicomotori (DLST e Stroop Task) sono stati dimostrati in precedenza da altri studi [20]; anche in questo studio sono emersi generali miglioramenti del test di Stroop in entrambi i gruppi tuttavia con specificità significativamente migliori (20%) nel gruppo trattato anche con Shirodhara rappresentando un fattore favorente, in questo tipo di pazienti, nel miglioramento della compromissione cognitiva [47] ma rappresentando anche un vantaggio rispetto agli effetti collaterali dei farmaci antidepressivi. [48]

Lo studio suggerisce che l’aggiunta della tecnica Shirodhara alla terapia yoga può essere utile nel fornire ulteriori benefici sulle prestazioni cognitive, in particolare sulla memoria esecutiva.

Diversi studi hanno dimostrato i benefici dell’intervento Yoga sull’architettura del sonno e sulla qualità dello stato di salute e nelle malattie. [23, 24, 49] cosi come per Shirodhara. [50]

Uno degli obiettivi di questo studio è stato quello di valutare la sinergia dei due interventi sul sonno; dallo studio è emerso che, rispetto al basale, entrambi i trattamenti determinavano un complessivo miglioramento della qualità del sonno e che i punteggi complessivi sulla qualità del sonno, pur se non statisticamente significativi, erano più alti nel gruppo YA con una riduzione del 10% nella latenza del sonno, un miglioramento dell’11% nelle ore di sonno, una riduzione dell’11% nei disturbi del sonno e riduzione del 40% nell’incidenza della sonnolenza diurna; la piccola dimensione del campione di questo studio pilota potrebbe non avere permesso ai risultati di raggiungere significati statistici.

È stato dimostrato che lo yoga riduce lo stress e l’ansia migliorando le funzioni autonome attivando meccanismi neuro-ormonali che sopprimono l’attività simpatica attraverso sottoregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. [51] Anche le pratiche basate sulla consapevolezza possono migliorare la flessibilità cognitiva, il che aiuta ulteriormente a controllare l’ansia. [52] Il meccanismo d’azione di Shirodhara non è ancora del tutto chiarito ma i risultati di molti studi indicano chiaramente che immediatamente dopo Shirodhara si rilevano evidenti risposte del sistema nervoso autonomo nei confronti del dominio parasimpatico. [53] E’ inoltre noto che le procedure di Shirodhara portano ad una evidente riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa sistolica e diastolica [30] con un miglioramento della architettura del sonno. [32] Tutti questi fattori indicano che Shirodhara può favorire la “risposta di rilassamento” anche senza meditazione. Dal punto di vista dell’Ayurveda, Shirodhara potrebbe funzionare riducendo l’eretismo di Vata Dosha nella regione della testa, infatti secondo l’Ayurveda Vata Dosha è responsabile del “movimento” dei pensieri nella mente.

Nel sistema ayurvedico per mitigare Vatadosha sono stati impiegati sia l’olio sia Takra (latticello) e gli effetti di queste due tipologie di sostanze inducono un rilassamento della mente pacificando dosha Vata nella regione della testa. L’effetto complessivo dei fitofarmaci e della procedura (flusso lento e movimento oscillatorio del dhara in un ambiente calmo) può contribuire a calmare la mente e migliorare il senso di benessere e la qualità del sonno.

Questo studio, pur nella sua primaria limitazione della piccola dimensione del campione, dimostra, come studio pilota, alcuni punti di forza legati alla sua natura multidisciplinare (scienza yogica, scienza ayurvedica, scienza psichiatrica); un ulteriore elemento di distinzione di questo studio è quello di essere il primo che ha riportato la fattibilità, la sicurezza e il valore sinergico dell’associazione di un intervento Yoga con una procedura Shirodhara in pazienti con disturbi d’ansia; da questo studio è emerso che questo approccio è stato breve e con una buona accettabilità da parte di pazienti; poiché il trattamento è stato somministrato attraverso un protocollo standard, lo studio risulta riproducibile.

Questo studio può aprire la strada a futuri studi di maggiori dimensioni che dovrebbero anche seguire i pazienti dopo il trattamento per stabilire la durata nel tempo degli effetti ottenuti e di valutare anche parametri oggettivi per comprendere il meccanismo d’azione dello yoga e l’intervento combinato di yoga + Shirodhara nei confronti di parametri elettrofisiologici, neurologici o biochimici o le variazioni autonome pur evidenti come variabilità della frequenza cardiaca o la resistenza galvanica della pelle.

Esami specifici avanzati di neuroimaging o l’elettroencefalografia o la spettroscopia funzionale insieme alla valutazione di biomarcatori come la serotonina sierica, l’ossitocina e i livelli di endorfine aiuteranno a comprendere il meccanismo d’azione di Yoga e dell’Ayurveda anche in altri disturbi neuropsichiatrici in cui emergono l’ agitazione psicomotoria, la disfunzione cognitiva ed i disturbi del sonno (ad es. demenze precoci o depressione o disturbi bipolari).

_______________________________

46.Vikhnan S, Udupa K, Varambally S, Deverakonda S, Sathyaprabha TN. A comparative study to assess the modulation of stress by shirodhara in healthy individuals by psychometric and heart rate variability measures. Appl Med Res 2018;6:22-30.
47. Beaudreau SA, O’Hara R. The association of anxiety and depressive symptoms with cognitive performance in community-dwelling older adults. Psychol Aging 2009;24:507-12.
48. Snyder PJ, Werth J, Giordani B, Caveney AF, Feltner D, Maruff P. A method for determining the magnitude of change across different cognitive functions in clinical trials: The effects of acute administration of two different doses alprazolam. Hum Psychopharmacol 2005;20:263-73.
49. Patra S, Telles S. Positive impact of cyclic meditation on subsequent sleep. Med Sci Monit 2009;15:CR375-81.
50. Tubaki BR, Chandrashekar CR, Sudhakar D, Prabha TN, Lavekar GS, Kutty BM. Clinical efficacy of manasamitra vataka (an ayurveda medication) on generalized anxiety disorder with comorbid generalized social phobia: A randomized controlled study. J Altern Complement Med 2012;18:612-21.
51. Vempati RP, Telles S. Yoga-based guided relaxation reduces sympathetic activity judged from baseline levels. Psychol Rep 2002;90:487-94.
52. Lee JK, Orsillo SM. Investigating cognitive flexibility as a potential mechanism of mindfulness in generalized anxiety disorder. J Behav Ther Exp Psychiatry 2014;45:208-16.
53. Xu F, Uebaba K, Ogawa H, Tatsuse T, Wang BH, Hisajima T, et al. Pharmaco-physio-psychologic effect of ayurvedic oil-dripping treatment using an essential oil from lavendula angustifolia. J Altern Complement Med 2008;14:947-56.

 

Conclusione

Questo studio pilota ha rivelato che l’aggiunta di Shirodhara al programma di yoga integrato è possibile in pazienti con AD. L’aggiunta di Shirodhara allo yoga può aiutare a migliorare la memoria esecutiva e la qualità del sonno.

A cura della direzione scientifica di Benefica

International Journal of Yoga

“FEASIBILITY AND PILOT EFFICACY TESTING OF INTEGRATED YOGA AND SHIRODHARA (AYURVEDIC OIL-DRIPPING) INTERVENTION ON CLINICAL SYMPTOMS, COGNITIVE FUNCTIONS AND SLEEP QUALITY OF ADULTS WITH ANXIETY DISORDER.” 

Deepa Hegde (1), Praerna H Bhargav (2), Hemant Bhargav (2), Harish Babu (3), KA Varsha (4), Nagarathna Raghuram (4). 

Author information:

1 Division of Yoga and Life Sciences, School of Yoga and Life Sciences, S-VYASA Yoga University, Bengaluru, Karnataka, India
2 Department of Psychiatry, NIMHANS Integrated Centre of Yoga, National Institute of Mental Health and Neurosciences, Bengaluru, Karnataka, India
3 Department of Kayachikitsa, Sushrutha Ayurvedic Medical College and Hospital, Bengaluru, Karnataka, India
4 Arogyadhama Health Center, S-VYASA Yoga University, Bengaluru, Karnataka, India

Correspondence Address:

Praerna H Bhargav
Department of Psychiatry, NIMHANS Integrated Centre of Yoga, National Institute of Mental Health and Neurosciences, Bengaluru – 560 029, Karnataka
India

 

ABSTRACT

Background: Beneficial effects of yoga therapy in anxiety disorders (ADs) are known. Traditional texts describe usefulness of Ayurvedic oil-dripping, Shirodhara technique, in relieving anxiety. Thus, present study was planned to assess the feasibility and synergistic value of Shirodhara as an add-on to yoga therapy in adults with AD.

Materials and Methods: Thirty adults (males = 14, females = 16) admitted in a residential holistic health care center with an age range of 29.66 ± 6.63 years and diagnosis of one of the ADs (generalized AD, n = 18; social phobia, n = 8; and panic AD, n = 4) as per mini-international neuropsychiatric interview (M. I. N. I. English version 5.0) by a psychiatrist were randomly divided into two groups: (1) integrated yoga-based lifestyle program (YT; n = 15) and (2) YT + Ayurveda (YA; n = 15). Both groups continued to receive conventional treatment and were on stable medications throughout the study period except in cases of emergency. Assessments were done by an independent assessor at baseline and after 2 weeks of intervention for clinical symptoms (HAM-A, State and Trait Anxiety Inventory, and Brief Psychiatric Rating Scale), sleep quality (sleep rating questionnaire), and cognition (Stroop test and digit letter substitution test) using standard validated tools. Parametric tests were applied using SPSS 10.0 to analyze the data.

Results: Twelve subjects in yoga group and thirteen subjects in YA group completed the
trial. No side effects were reported in any of the groups. Within-group comparisons showed a significant improvement in clinical symptoms, cognition and sleep quality in both the groups.
Between-group comparisons showed significantly better scores in Stroop word task for YA group as compared to YT group. Furthermore, there was a trend toward better improvement in sleep quality for YA group.

Conclusion: Adding of Shirodhara technique to YT was feasible and may be useful in improving executive memory and sleep quality in adults with ADs.

ISSN: 0973-6131 

 

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Newsletter Fitoterapia nr. 51 – Febbraio 2020

Gli oli essenziali , importanti alleati contro le infezioni virali delle vie respiratorie

Journal of medicinal chemistry 50.17 (2007): 4087-4095.

“Specific plant terpenoids and lignoids possess potent antiviral activities against severe acute respiratory syndrome coronavirus.”

Wen, Chih-Chun, et al.

 

In questi giorni di “picco influenzale” e di crescente preoccupazione per la nota epidemia da “coronavirus” è cresciuta esponenzialmente la richiesta di prodotti naturali con funzione “protettiva” antivirale, per ridurre i comuni contagi influenzali e respiratori; riproponiamo in questa newsletter alcune informazioni, sulle proprietà antivirali degli oli essenziali, prendendo spunto anche da un curioso quanto complesso studio condotto nel 2007 da Wen, Chih-Chun, et al. che, a seguito della nota epidemia di SARS da coronavirus del 2003, aveva individuato la potenzialità di particolari molecole fitochimiche (terpenoidi) nel contrastare le infezioni da coronavirus; lo studio, che ha testato l’attività di circa 200 terpenoidi di diversa natura, può completare le conoscenze sui potenziali antivirali dei terpenoidi che, come noto, sono ricorrentemente contenuti in moltissimi oli essenziali, tradizionalmente utilizzati per lenire le sintomatologie delle alte vie aeree.

Con finalità “protettive” delle alte vie respiratorie sono oggi disponibili molti preparati, tra gli integratori naturali, che promettono una loro “utilità” sulla base di meccanismi farmacologici diversi; questi preparati possono essere, con una semplificazione, suddivisi in due tipologie diverse e cioè un primo gruppo rappresentato da formulazioni che mirano a sostenere l’efficienza del sistema immunitario (attraverso effetti immunomodulatori aspecifici) e il secondo gruppo di preparati che mirano a ridurre direttamente, con effetti antinfettivi, l’aggressività dei patogeni; questa macro suddivisione per semplificazione è tuttavia da intendersi generica poiché non è raro che diversi oli essenziali dimostrino anche generali effetti immunomodulatori.

Le formulazioni a base di oli essenziali (o che li utilizzano come fonte di bioattivi) appartengono al secondo gruppo di preparati ed aiutano a gestire anche i disturbi pre-acuti della alte vie aeree con effetti lenitivi sulla sintomatologia; per quest’uso gli oli essenziali vantano un uso millenario come agenti antivirali e come antibiotici naturali ed a essi, tra le preparazioni fito-medicinali, viene riconosciuta una significativa attività sulla base del fatto che rappresentano una forma altamente concentrata di sostanze bioattive; per questo motivo tradizionalmente gli oli essenziali vengono ritenuti un prezioso strumento di protezione antivirale [1].

1. Reichling, Jürgen, et al. “Essential oils of aromatic plants with antibacterial, antifungal, antiviral, and cytotoxic properties–an overview.” Complementary Medicine Research 16.2 (2009): 79-90.

L’impiego di preparati a base di oli essenziali, quando sia necessario attivare una “protezione attiva” nei confronti delle comuni virosi respiratorie, può essere sostenuto non solo da dati osservazionali, che ci vengono tramandati dall’ampio utilizzo tradizionale, ma anche dalla recente ricerca scientifica [2,3,4] .

2. Cooke, Brian, and Edzard Ernst. “Aromatherapy: a systematic review.” Br J Gen Pract 50.455 (2000): 493-496.
3. Lembke, A., and R. Deininger. “Wirkung von Terpenen auf mikroskopische Pilze, Bakterien und viren.” Phytotherapie. Grundlagen, Klinik, Praxis. Stuttgart: Hippokrates (1987): 90-104.
4. Horváth, Györgyi, and Kamilla Ács. “Essential oils in the treatment of respiratory tract diseases highlighting their role in bacterial infections and their anti‐inflammatory action: a review.” Flavour and Fragrance Journal 30.5 (2015): 331-341.

Sin dall’antichità, alcuni oli essenziali ottenuti da alcune piante medicinali (es. Melaleuca alternifolia, Cinnamomum camphora “CT-cineolo”, Zenzero, Garofano, Timo, etc.) , sono stati apprezzati per i loro effetti a favore della funzionalità delle alte vie respiratorie poiché risultano agire in modo completo nel contrastare comuni infezioni virali e batteriche contribuendo anche con utili effetti balsamici, decongestionanti ed antinfiammatori [5,6].

5. Guenther, Ernest, and Darrell Althausen. The essential oils. Vol. 1. New York: Van Nostrand, 1948.
6. Réné-Maurice Gattefossé, Gattefossé’s Aromatherapy. C.W. Daniel Company Limited, Saffron Walden, UK (1993).

Una ulteriore considerazione sul possibile valore dell’impiego “preventivo” degli oli essenziali è quella che nel passato, anche recente (circa fino alla II Guerra mondiale), in mancanza o carenza di antibiotici di sintesi, gli oli essenziali venivano prescritti come “curativi” nella acuzie delle malattie respiratorie.

L’impiego degli oli essenziali a scopo medicinale respiratorio risale a tempi antichissimi, secondo le fonti [7], già alla medicina dell’antico Egitto, quindi a quella greca e romana, e anche nel mondo occidentale (a parte un periodo di abbandono durante il Medio Evo poiché la potenza di queste sostanze veniva correlata con l’esercizio della stregoneria), sono stati largamente impiegati e studiati (soprattutto nella grande tradizione dell’aromaterapia francese) tanto che gli oli essenziali sono stati comunemente impiegati fino alla seconda guerra mondiale come antivirali e antibiotici naturali [8].

7. Rose, Jeanne. World of Aromatherapy. Frog Books, 1996.
8. Jean Valnet, The Practice of Aromatherapy, Destiny Books, New York (1980).

Gli oli essenziali sono ritenuti da sempre sostanze di origine naturale molto potenti ed attive ed ad oggi, nella Farmacopee internazionali sono elencati circa 25 oli essenziali diversi con funzione antivirale, antibatterica ed antifungina [9].

9. Horváth, Györgyi, and Kamilla Ács. “Essential oils in the treatment of respiratory tract diseases highlighting their role in bacterial infections and their anti‐inflammatory action: a review.” Flavour and Fragrance Journal 30.5 (2015): 331-341.

Da un punto di vista pratico i preparati a base di oli essenziali si dimostrano come sostanze disinfettanti e antinfettive versatili poiché agiscono attraverso diverse vie di somministrazione come ad esempio la diffusione aerea (nebulizzazione), la via sistemica (in apposite forme di somministrazione) e quella topica; a titolo di esempio, in molti ospedali in Francia, è pratica comune nelle aree peri operatorie, la diffusione con nebulizzatori di specifici oli essenziali per ridurre la eventuale carica infettiva aerea e delle superfici [10].

10. Ali, Babar, et al. “Essential oils used in aromatherapy: A systemic review.” Asian Pacific Journal of Tropical Biomedicine 5.8 (2015): 601-611.

La potenza e la completezza dell’effetto antinfettivo degli oli essenziali vengono ricondotte alla loro capacità di agire sui patogeni con meccanismi d’attività combinata, infatti la miscela delle molecole bioattive in essi contenuta, si dimostra capace di agire con meccanismi multipli sia nei confronti degli agenti virali, sia nei confronti degli agenti batterici e fungini. Nei confronti dei virus gli oli essenziali si dimostrano in grado di inibire in vitro in parte la replicazione virale (DNA e RNA dipendenti) e di inibire significativamente la capacità di singoli virus di infettare le cellule ospiti [11,12] mentre nei confronti degli agenti batterici gli oli essenziali si dimostrano in grado di agire con meccanismi multipli sulla struttura batterica danneggiandone a più livelli la parete (oggi sono noti almeno 5 meccanismi d’attività diversa) inibendo la replicazione batterica ed anche fungina [13,14]; il meccanismo antibatterico degli oli essenziali è oggi molto studiato poiché non indurrebbe meccanismi di antibiotico resistenza e per questo motivo ne è stata presa in considerazione la loro associazione con molecole di sintesi con l’obiettivo di creare una nuova generazione di super antibiotici [15].

11. Astani, Akram, Jürgen Reichling, and Paul Schnitzler. “Comparative study on the antiviral activity of selected monoterpenes derived from essential oils.” Phytotherapy Research: An International Journal Devoted to Pharmacological and Toxicological Evaluation of Natural Product Derivatives 24.5 (2010): 673-679.
12. Astani, Akram, Jürgen Reichling, and Paul Schnitzler. “Screening for antiviral activities of isolated compounds from essential oils.” Evidence-based complementary and alternative medicine 2011 (2011).
13. Moleyar, Venkataramana, and Pattisapu Narasimham. “Antibacterial activity of essential oil components.” International journal of food microbiology 16.4 (1992): 337-342.
14. Lahlou, Mouhssen. “Methods to study the phytochemistry and bioactivity of essential oils.” Phytotherapy Research: An International Journal Devoted to Pharmacological and Toxicological Evaluation of Natural Product Derivatives 18.6 (2004): 435-448.
15. Boire, Nicholas A., Stefan Riedel, and Nicole M. Parrish. “Essential oils and future antibiotics: new weapons against emerging’superbugs’.” J Anc Dis Prev Rem 1.2 (2013): 105.

La crescente attenzione sulla potenziale utilità e versatilità degli oli essenziali in diverse problematiche, comprese quelle respiratorie, è confermata anche dal crescente numero di studi farmacologici e clinici e dalla sensibilizzazione, anche in ambito istituzionale, alla loro potenziale utilità [16].

16. Rapporti ISTISAN, 15/6,” Oli essenziali per la salute dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente”, Francesca Mondello , Anna Maria Marella , Maria Grazia Bellardi , Maura Di Vito, ISSN: 1123-3117 (cartaceo) • 2384-8936 (online)

La comprensione dell’attività antivirale degli oli essenziali è legata alla necessaria conoscenza della loro composizione che, pur variando a seconda delle varie piante medicinali da cui sono ottenuti, sono accomunati dall’essere complesse miscele molto concentrate soprattutto di composti fenolici biologicamente attivi (aldeidi, chetoni, alcoli, terpenoidi, lignoidi, etc ); proprio per l’elevata concentrazione di queste sostanze negli oli essenziali, con qualche distinguo a seconda della via di somministrazione prescelta, questi dovrebbero sempre essere opportunamente diluiti (solitamente in intermedi oleosi) e non dovrebbero mai essere usati puri poiché potenzialmente irritativi [17].

17. Lis‐Balchin, Maria, Stanley G. Deans, and Elizabeth Eaglesham. “Relationship between bioactivity and chemical composition of commercial essential oils.” Flavour and Fragrance Journal 13.2 (1998): 98-104.

Sull’argomento è interessante notare come alcuni studi anche recenti riconducano gli effetti antivirali degli oli essenziali alla loro componente terpenoide [18,19]; un recente studio ha concluso che l’olio essenziale di Melaleuca alternifolia Cheel (Tea Tree Oil) esercita in vitro un evidente effetto antivirale (ad esempio anti H1N-1) riconducendo questi effetti alla componente terpenica del fitocomplesso (terpinen-4-olo) che si dimostra in grado di ridurre la replicazione virale e la diffusione del virus nelle cellule [20]; un ulteriore studio condotto in Italia ha raggiunto conclusioni simili rispetto agli effetti antivirali dei terpeni contenuti in TTO nei confronti del ceppo influenzale A/PR/8 [21].

18. Astani, Akram, Jürgen Reichling, and Paul Schnitzler. “Comparative study on the antiviral activity of selected monoterpenes derived from essential oils.” Phytotherapy Research: An International Journal Devoted to Pharmacological and Toxicological Evaluation of Natural Product Derivatives 24.5 (2010): 673-679.
19. Astani, Akram, Jürgen Reichling, and Paul Schnitzler. “Screening for antiviral activities of isolated compounds from essential oils.” Evidence-based complementary and alternative medicine 2011 (2011).
20. Li, Xinghua, et al. “Melaleuca alternifolia concentrate inhibits in vitro entry of influenza virus into host cells.” Molecules 18.8 (2013): 9550-9566.PubMed
21. Garozzo,A.,et al., Activity of Melaleuca alternifolia (tea tree)oil on Influenza virus A/PR/8:Study on the mechanism of action. AntiviralRes.(2010), doi:10.1016

Rispetto all’attività antivirale dei terpenoidi contenuti nelle piante medicinali e generalmente concentrati negli oli essenziali (che rappresentano la forma fito-estrattiva più concentrata) risulta curiosamente di stretta attualità la segnalazione di uno studio scientifico, pubblicato nel 2007, che ha concluso che numerosi terpenoidi (ottenuti da piante medicinali e isolati), esercitano un evidente effetto antivirale anche nei confronti dei coronavirus. In questo studio sono stati valutati 221 fito-composti attivi contro la sindrome respiratoria acuta e pre-acuta associata a infezione da coronavirus (SARS-CoV) stabilendone i dosaggi che, nel gruppo verum, inducevano un effetto cito patogeno sul virus SARS-CoV. Lo studio ha concluso che 10 diterpenoidi, 2 sesquiterpenoidi, 2 triterpenoidi, 5 lignoidi (composti fenolici) e la curcumina rispetto ai controlli (niclosamide e valinomicina) si dimostravano potenti inibitori della proliferazione cellulare (CC50) e della replicazione virale (EC50) a concentrazioni comprese 3,3 e 10 micromolari; in particolare l’acido betulinico e la savinina si sono dimostrati inibitori competitivi della proteasi SARS-CoV 3CL; i risultati dello studio hanno suggerito che specifici diterpenoidi e lignoidi mostrano un forte effetto anche anti-SARS-CoV [22].

22. Wen, Chih-Chun, et al. “Specific plant terpenoids and lignoids possess potent antiviral activities against severe acute respiratory syndrome coronavirus.” Journal of medicinal chemistry 50.17 (2007): 4087-4095.

 

Attività antivirale di Tea tree oil

Composizione chimica: monoterpeni, sesquiterpeni ed i relativi alcoli associati. Studi farmacologici e fitochimici hanno determinato che l’olio essenziale di Tea tree (T.T.O.) contiene mediamente circa cento sostanze diverse e, tra queste, per le possibili variabili di biodiveristà, 14 vengono ritenute di maggior importanza ed in particolar modo il pinene, il limonene, il terpinene. Secondo letteratura scientifica, si è oggi concordi nello stabilire che i prodotti efficaci per effetti medicamentosi e sicuri nell’uso devono avere un contenuto di 4-terpinen-olo non inferiore al 40% , e di 1-8 cinen-olo non superiore al 15% [Benefica : monograph Melaleuca].

Recente letteratura scientifica è concorde nell’attribuire al TTO (olio essenziale di Melaleuca alternifolia) capacità antivirali anche se non vi è completo accordo sull’esatto meccanismo d’azione che viene indicato in alcuni casi come “virucida” (ipotizzando la capacità dei componenti del fitocomplesso di interferire anche con il processo di replicazione virale DNA e RNA dipendente) tuttavia sembrerebbe molto evidente che l’olio essenziale di Melaleuca alternifolia agisca inibendo prevalentemente l’effetto citopatico virale come appare chiaramente, in vitro, ad esempio per il ceppo influenzale H1N1 [23,24].

In particolare l’attività antivirale di TTO nei confronti del ceppo influenzale H1N1 è stata riconfermata in vitro anche nel 2013 da Li, Xinghua, et al. che hanno concluso che in vitro il TTO, ed in particolare il suo maggior costituente bioattivo, il terpinen-4-olo, si sono dimostrati in grado di ridurre l’infezione cellulare riducendo il complessivo effetto citopatico del virus; in questo studio è stato chiarito che i componenti del TTO interagiscono con l’emoagglutinina virale ostacolando di fatto la penetrazione del virione nella cellula ospite [24].

23. Li, Xinghua, et al. “Melaleuca alternifolia concentrate inhibits in vitro entry of influenza virus into host cells.” Molecules 18.8 (2013): 9550-9566.PubMed
24. Garozzo,A.,et al., Activity of Melaleuca alternifolia (tea tree)oil on Influenza virus A/PR/8:Study on the mechanism of action. AntiviralRes.(2010), doi:10.1016

L’attività antivirale di Melaleuca alternifolia fu originariamente studiata in un modello vegetale nel quale aveva dimostrato una attività inibitoria della replicazione e diffusione del “Virus del mosaico del tabacco” e successivamente, sempre in modelli sperimentali, venne studiata l’attività del TTO e dell’olio essenziale di Eucalipto nei confronti di SSV (Herpes Simplex Virus).

Rispetto a questi ceppi virali ed in particolare sia rispetto a Herpes Simplex virus di tipo 1, sia nei confronti di Herpes Simplex di tipo 2, le concentrazioni di TTO utili a ridurre il 50% delle colonie, si sono dimostrate molto basse e cioè rispettivamente dello 0,0009% e 0,0008% e, concentrazioni mediamente quattro volte superiori, si sono dimostrate in grado di ridurre le colonie quasi totalmente. L’attività antivirale di TTO è stata poi riportata in diversi ed ulteriori studi [25,26,27,28,29,30,31].

25. Bishop, C. D. 1995. Antiviral activity of the essential oil of Melaleuca alternifolia (Maiden & Betche) Cheel (tea tree) against tobacco mosaic virus. J. Essent. Oil Res. 7:641–644.
26. Schnitzler, P., K. Scho¨n, and J. Reichling. 2001. Antiviral activity of Australian tea tree oil and eucalyptus oil against herpes simplex virus in cell culture. Pharmazie 56:343–347.
27. Minami, M., M. Kita, T. Nakaya, T. Yamamoto, H. Kuriyama, and J. Imanishi. 2003. The inhibitory effect of essential oils on herpes simplex virus type-1 replication in vitro. Microbiol. Immunol. 47:681–684
28. C.F. Carson, K. A. Hammer and T.V. Riley Clin. Microbial. Rev. 2006, 19(1):50. Melaleuca alternifolia (Tea Tree) Oil: a Review of Antimicrobial and Other Medicinal Properties
29. Garozzo,A.,et al., Activity of Melaleuca alternifolia (tea tree)oil on Influenza virus A/PR/8:Study on the mechanism of action. AntiviralRes.(2010), doi:10.1016
30. AkramAstani, J¨urgen Reichling and Paul Schnitzler, Screening for Antiviral Activities of Isolated Compounds from Essential Oils. Evidence- Based Complementary and Alternative Medicine. Volume 2011, Article ID 253643, 8 pages doi:10.1093/ecam/nep187]
31. Jassim, Sabah A. A., and Mazen A. Naji. “Novel antiviral agents: a medicinal plant perspective.” Journal of applied microbiology 95.3 (2003): 412-427.

 

Attività antivirale dello zenzero

Composizione chimica: Il rizoma dello zenzero è assai ricco di amidi (circa 60%) e contiene una discreta quantità di olio essenziale, compresa tra lo 0,8 e il 2%, contenente diverse specie molecolari polifenoliche e terpenoidi. I costituenti responsabili del sapore tipico pungente della droga sono i gingeroli (vanillil chetoni) oltre ad altri analoghi dei gingeroli come gli shogaoli, il paradolo e lo zingerone. Da queste sostanze dipende primariamente l’attività farmacologica dello zenzero (Duke e Beckstrom 1999) ; i vanillil chetoni dello zenzero includono 6-gingerolo e 8-gingerolo, il 10-gingerolo, il 6-shogaolo e 8-shogaolo, il 10-shogaolo e lo zingerone. Sono stati inoltre identificati altri composti come il 6-Paradolo, il 10-dehydrogingerdione e il 6 e 10-gingerdione [Benefica : monograph Zenzero].

Uno degli oli essenziali che dimostra un evidente attività antivirale è quello ottenuto dallo Zenzero (Zingiber officinale Rosc.) molto noto per le sue proprietà antinausea e antinfiammatorie; l’effetto antivirale dello Zenzero è confermato non solo dal suo uso tradizionale ma anche in più evidenze scientifiche [32] aggiungendosi ad altri usi tradizionali ad esempio come antidolorifico e antifebbrile.

32. Nelson, Antiviral Ginger Photo Scot. “Ginger‘s Antiviral Prowess Proven in Research.”

Lo Zenzero si dimostra utile nel combattere virus di diverso tipo come quelli che provocano raffreddori ed influenza come il virus H1N1 e virus herpetici ed i virus sinciziali respiratori umani.Uno studio del 2016 [33], condotto da ricercatori dell’Università del Minnesota, ha studiato gli effetti dello Zenzero nel confronti di un surrogato del norovirus umano (un tipo di virus Norwalk) cioè il calicivirus felino; nello studio oltre allo zenzero sono stati studiati gli effetti anche di forme estrattive di chiodi di garofano, semi di fieno greco, aglio, cipolla e peperoncini jalapeño; lo studio ha concluso che l’estratto di Zenzero si dimostrava in grado di inibire significativamente il calicivirus felino con effetto dose dipendente indicandone la specifica potenza antivirale dello zenzero.

33. Aboubakr, Hamada A., et al. “In vitro antiviral activity of clove and ginger aqueous extracts against feline calicivirus, a surrogate for human norovirus.” Journal of food protection 79.6 (2016): 1001-1012.

Il virus respiratorio sinciziale umano (RSV) è una delle più comuni infezioni da virus contagioso che colpisce i bambini. I sintomi includono febbre, respiro affannoso e naso che cola. Molte malattie da RSV vengono spesso confuse con il raffreddore comune, tuttavia, i disturbi da RSV durano in genere più a lungo e in genere con presenza di respiro sibilante. Nei bambini più piccoli questo può diventare anche fatale.

Un gruppo di medici ricercatori del College of Medicine della Kaohsiung Medical University hanno stabilito che lo zenzero si dimostra un trattamento utile contro il virus respiratorio sinciziale umano.

I ricercatori hanno testato gli effetti di diversi estratti di zenzero in cellule epatiche e polmonari umane infettate da RSV ed hanno concluso che lo zenzero si dimostrava in grado di inibire l’adesione del virus alle cellule; lo studio ha inoltre concluso che lo zenzero stimolava le secrezioni INF-beta che aiutano a contrastare le infezioni virali tra le cellule delle mucose. Lo studio ha inoltre osservato che l’inibizione virale si verificava più facilmente nelle cellule alveolari polmonari suggerendo uno specifico potenziale dello zenzero nell’inibire le infezioni polmonari da VRS [34].

34. San Chang, Jung, et al. “Fresh ginger (Zingiber officinale) has anti-viral activity against human respiratory syncytial virus in human respiratory tract cell lines.” Journal of ethnopharmacology 145.1 (2013): 146-151.

Nel 2016 i ricercatori della Toyama Medical and Pharmaceutical University in Giappone hanno testato gli effetti dello Zenzero in vitro contro un ceppo virale di influenza A; lo studio [35] ha concluso che l’estratto di zenzero ha stimolato la produzione di TNF-alfa da parte del sistema immunitario determinandone conseguentemente gli effetti antivirali [36].

I ricercatori del Mahatma Gandhi Institute of Medical Sciences in India hanno studiato gli effetti dello zenzero insieme e di altri composti naturali come inibitori del virus influenzale A H1N1 ed hanno concluso che il contenuto di allicina dello zenzero contribuiva ad inibire il virus influenzale interagendo con la sua capacità di legame [37].

35. Sahoo M, Jena L, Rath SN, Kumar S. Identification of Suitable Natural Inhibitor against Influenza A (H1N1) Neuraminidase Protein by Molecular Docking. Genomics Inform. 2016 Sep;14(3):96-103.
36. Seo, Sang Heui, and Robert G. Webster. “Tumor necrosis factor alpha exerts powerful anti-influenza virus effects in lung epithelial cells.” Journal of virology 76.3 (2002): 1071-1076.
37. Vivek PJ, Resmi MS, Sreekumar S, Sivakumar KC, Tuteja N, Soniya EV. Calcium-Dependent Protein Kinase in Ginger Binds with Importin-α through ItsJunction Domain for Nuclear Localization, and Further Interacts with NAC Transcription Factor. Front Plant Sci. 2017 Jan 13;7:1909. doi: 10.3389/fpls.2016.01909.

Come noto lo zenzero per secoli è stato impiegato come rimedio per le sindromi da raffreddamento nei principali sistemi di medicina tradizionale e questi effetti sono supportati anche da letteratura scientifica recente. Nel 2015 è stato condotto uno studio clinico su un prodotto contenente una combinazione con razionale antinfiammatorio (curcuma), antiossidante (melograno) e antivirale (zenzero); nello studio sono stati arruolati 124 soggetti affetti da sindrome da raffreddamento, la metà dei quali ha assunto la formulazione fitomedicinale quando presentava i sintomi iniziali; lo studio ha concluso che il 27% dei soggetti che non aveva assunto la formulazione era andata incontro ad episodio completo della sindrome da raffreddamento mentre nel gruppo che aveva assunto il preparato solo l’8% dei soggetti aveva avuto il raffreddore [38].

I ricercatori dei Wellcome Research Laboratories del Regno Unito hanno testato gli effetti dell’estratto di radice di zenzero contro il rinovirus (il comune virus del raffreddore) in vitro ed hanno concluso che gli estratti di zenzero si sono dimostrati in grado di inibire il rinovirus. I componenti antivirali più attivi degli estratti di zenzero secondo i ricercatori erano i sesquiterpeni [39].

38. Luzzi R, Belcaro G, Pellegrini L, Cornelli U, Feragalli B, Dugall M. Phyto-relief CC: prevention of cold episodes. Control of signs/symptoms and complications. Minerva Gastroenterol Dietol. 2015 Oct 22.
39. Denyer CV, Jackson P, Loakes DM, Ellis MR, Young DA. Isolation of antirhinoviral sesquiterpenes from ginger (Zingiber officinale). J Nat Prod. 1994 May;57(5):658-62.

I ricercatori dell’Università tedesca di Heidelberg (2008) hanno studiato oli essenziali di varie piante medicinali contro il virus dell’herpes simplex di tipo 2. Nello studio sono stati testati gli effetti antivirali degli oli essenziali di zenzero, anice, issopo, timo, camomilla e sandalo; lo studio ha concluso che l’olio essenziale di zenzero ha inibito in modo significativo la replicazione del virus HSV-2 in cellule RC-37 ; in particolare nello studio è emerso che gli oli essenziali di zenzero e timo arrestavano la formazione della placca virale del 90% e testando questo effetto inibitorio in varie fasi dell’infezione i ricercatori hanno concluso che l’olio essenziali di zenzero interagiva in qualche modo con la struttura dell’involucro virale [40].

40. Koch, C., et al. “Inhibitory effect of essential oils against herpes simplex virus type 2.” Phytomedicine 15.1-2 (2008): 71-78.

Un altro studio dell’Università di Heidelberg (2007) ha valutato gli effetti degli oli essenziali oli di zenzero, timo, issopo e legno di sandalo contro il virus dell’herpes simplex-1; lo studio ha concluso che tutti questi oli hanno inibito la crescita di HSV-1, Inoltre, hanno inibito la crescita di ceppi virali HSV-1 resistenti all’aciclovir suggerendo che l’olio essenziale di zenzero possa inibire i ceppi di herpes resistenti a farmaci antivirali.

41. Schnitzler P, Koch C, Reichling J. Susceptibility of drug-resistant clinical herpes simplex virus type 1 – ginger, thyme, hyssop, sandalwood essential oils. Antimicrob Agents Chemother. 2007 May;51(5):1859-62.

 

Attività antivirale di Ravintsara

Composizione chimica: ossidi terpenici (1,8- cineolo 50- 65%), monoterpeni (sabinene 8-16%, α-pinene 4% ,β-pinene 4% , mircene, E-β-ocimene, α-terpinene, γ-terpinene); monoterpenoli (α-terpineolo 5 – 11%, terpinen-4-olo, linalolo); sesquiterpeni (3- 6% : α-umulene, β-cariofillene, biciclogermacrene.

L’olio essenziale di Ravintsara (Cinnamomum camphora L. (J) Presl – CT-cineolo) è un olio essenziale molto impiegato nell’uso tradizionale e tra i più apprezzati dalla grande scuola aromaterapia francese; esso è ottenuto da uno specifico genere della pianta della Canfora che cresce e viene coltivato per scopi medicinali in Madagascar e possiede bio-caratteristiche diverse rispetto agli estratti dalle piante di Canfora che crescono in Cina, Giappone, Taiwan, Corea e Vietnam. La principale differenza nei fitocomplessi delle due specie consta nel fatto che nel fitocomplesso di Ravintsara è molto elevata la percentuale del benefico 1,8-cineolo (40/50%) mentre non si trova praticamente il linalolo che è il precursore della canfora che può essere tossica [42,43] [Benefica: monograph Ravintsara].

42. Behra, Olivier, Chantal Rakotoarison, and Rhiannon Harris. “Ravintsara vs ravensara a taxonomic clarification.” International Journal of Aromatherapy 11.1 (2001): 4-7.
43. Goudrouffou, D. (2011). Ravintsara et ravensara: propriétés chimiques et biologiques (Doctoral dissertation).

Studi recenti hanno concluso che l’olio essenziale di Ravintsara sia uno dei più potenti antivirali naturali [44]. I monoterpenoli (alfa-terpineolo), in particolare, si dimostrano molecole con potente effetto antinfettivo con un largo spettro di attività su batteri, virus e agenti fungini. Il loro effetto è definito simile a quello del fenolo [45].

Nel 2003 uno studio condotto da Jassim e Naji ha concluso che l’olio essenziale è in grado di penetrare al livello cellulare e di inibire la formazione degli acidi nucleici (DNA e RNA) e quindi la replicazione virale [47]. I monoterpenoli sono inoltre in grado di stimolare le naturali difese immunitarie, nell’anno 2004, infatti, altri studi scientifici condotti da Wang, Wei et Liu [46] hanno dimostrato che la superossido dismutasi dell’olio di Ravintsara è in grado di avere effetti protettivi sulle cellule, rispetto allo stress ossidativo. L’azione antivirale è quindi anche sostenuta anche da un rafforzamento delle difese immunitarie [47].

Nel 2010 Yang et al. hanno condotto uno studio in vitro per testare l’attività dell’ 1,8-cineolo nell’inibire il virus IBV (virus della bronchite infettiva) ed hanno concluso che l’1,8-cineolo, confrontato con il farmaco ribavirina, poteva inibire l’IBV con un IC50 di 0,61 mM; dallo studio è emerso che l’1,8-cineolo inibiva moderatamente l’IBV prima di entrare nella cellula e maggiormente una volta penetrato nella cellula e che l’1,8-cineolo interferiva con il legame tra RNA e la N-proteina dell’IBV ; lo studio ha suggerito l’1,8-cineolo possiede proprietà anti-IBV e quindi sia una potenziale fonte di bioattivi anti-IBV di grande interesse per l’industria farmaceutica [48].

Nel 2007 Blanchard ha concluso che l’olio essenziale di Ravintsara, per diffusione aerea unitamente al controllo con antibiotici, nell’arco di due anni di sperimentazione ha dato risultati promettenti nella riduzione delle infezioni nosocomiali [49].

Nel 2009 uno studio clinico randomizzato ha concluso che il cineolo contenuto in Ravintsara , associato alle terapie convenzionali, è utile nella riduzione delle esacerbazioni nelle BPCO [50].

44. Mansard, Michaël, Dominique Laurain-Mattar, and Françoise Couic-Marinier. “Huile essentielle de Ravintsara.” Actualités Pharmaceutiques 58.585 (2019): 57-59.
45. Kotan R, Kordali S, Cakir A. Screening of antibacterial activities of twenty-one oxygenated monoterpenes. Z Naturforsch C. 2007 Jul-Aug;62(7-8):507-13. PubMed PMID: 17913064.
46. Liu RS, Wei GQ, Yang Q, He WJ, Liu WY. Cinnamomin, a type IIribosome-inactivating protein, is a storage protein in the seed of the camphortree (Cinnamomum camphora). Biochem J. 2002 Mar 15;362(Pt 3):659-63. PubMed PMID:11879193; PubMed Central PMCID: PMC1222430.
47. Jassim SA, Naji MA. Novel antiviral agents: a medicinal plant perspective. J Appl Microbiol. 2003;95(3):412-27. Review. PubMed PMID: 12911688.
48. Yang Z, Wu N, Fu Y, Yang G, Wang W, Zu Y, Efferth T. Anti-infectious bronchitis virus (IBV) activity of 1,8-cineole: effect on nucleocapsid (N) protein. J Biomol Struct Dyn. 2010 Dec;28(3):323-30. PubMed PMID: 20919748.
49. Blanchard, J-M. “Cinnamomum camphora à cinéole (ravintsara), une plante au service de la prévention des infections nosocomiales en milieu hospitalier?.” Phytothérapie 5.1 (2007): 15-20.
50. Worth, Heinrich, Christian Schacher, and Uwe Dethlefsen. “Concomitant therapy with Cineole (Eucalyptole) reduces exacerbations in COPD: a placebo-controlled double-blind trial.” Respiratory research 10.1 (2009): 69.

All’olio essenziale di Ravintsara vengono attribuite generali capacità decongestionanti, mucolitiche ed antinfiammatorie; gli ossidi terpenici contenuti nell’olio di Ravintsara, secondo letteratura scientifica, hanno dimostrato di possedere proprietà di natura decongestionante e mucolitica; ad essi infatti viene attribuita la capacità di fluidificare le secrezioni bronchiali ed in particolare l’1,8 – cineolo, dimostra capacità di stimolare le ghiandole mucipare e l’attività ciliomotrice della mucosa dell’albero respiratorio [51,52,53,54].

Gli ossidi terpenici dell’olio di Ravintsara dimostrano inoltre proprietà antinfiammatorie come dimostrato in uno studio scientifico condotto da Lee, Hyun e Kim nel 2006; in particolare all’1,8-cineolo si dimostra capace di inibire l’espressione dei principali mediatori dell’infiammazione [53].

51. Worth H, Dethlefsen U. Patients with asthma benefit from concomitant therapy with cineole: a placebo-controlled, double-blind trial. J Asthma. 2012 Oct;49(8):849-53. doi: 10.3109/02770903.2012.717657. PubMed PMID: 22978309.
52. Juergens UR, Dethlefsen U, Steinkamp G, Gillissen A, Repges R, Vetter H. Anti-inflammatory activity of 1.8-cineol (eucalyptol) in bronchial asthma: a double-blind placebo-controlled trial. Respir Med. 2003 Mar;97(3):250-6. PubMed PMID: 12645832.
53. Sudhoff H, Klenke C, Greiner JF, Müller J, Brotzmann V, Ebmeyer J, Kaltschmidt B, Kaltschmidt C. 1,8-Cineol Reduces Mucus-Production in a Novel Human Ex Vivo Model of Late Rhinosinusitis. PLoS One. 2015 Jul 24;10(7):e0133040. doi: 10.1371/journal.pone.0133040. PubMed PMID: 26207629; PubMed Central PMCID: PMC4514714.
54. Lee HJ, Hyun EA, Yoon WJ, Kim BH, Rhee MH, Kang HK, Cho JY, Yoo ES. In vitro anti-inflammatory and anti-oxidative effects of Cinnamomum camphora extracts. JEthnopharmacol. 2006 Jan 16;103(2):208-16. PubMed PMID: 16182479.

Nell’olio essenziale di Ravintsara ritroviamo inoltre i terpeni principalmente rappresentati da monoterpeni e da una quantità inferiore di sesquiterpeni. I monoterpeni, derivanti dall’alfa e beta pineni, sabinene e terpinene, sono le molecole maggiormente rappresentate negli oli essenziali. A queste molecole vengono attribuite, nella letteratura scientifica, diverse attività farmacologiche ma prevalentemente ne vengono riferite le potenti azioni decongestionanti respiratorie e linfatiche, oltre a quelle toniche e stimolanti generali dell’organismo, per stimolazione cortico-surrenale.
Come abbiamo anticipato i sesquiterpeni sono invece contenuti, nell’olio essenziale di Ravintsara, in quantità molto inferiore; ad essi vengono attribuite capacità di agire sul sistema nervoso centrale con effetti ipotensivi, sedativi, rilassanti ed antidolorifici [55,56,57,58,59].

55. Shahabi S, Jorsaraei SG, Moghadamnia AA, Zabihi E, Aghajanpour SM, Mousavi Kani SN, Pourbagher R, Hosseini SA, Esmaili M, Yoonesi AA, Zarghami A, Alinezhad F. Central effects of camphor on GnRH and sexual hormones in male rat. Int J Mol Cell Med. 2012 Fall;1(4):191-6. PubMed PMID: 24551777; PubMed Central PMCID: PMC3920510.
56. Hirota, N. and Hiroi, M., 1967. ‘The later studies on the camphor tree, on the leaf oil of each practical form and its utilisation’, Perfumery and Essential Oil Record 58, 364-367.
57. Kim KY, Seo HJ, Min SS, Park M, Seol GH. The effect of 1,8-cineole inhalation on preoperative anxiety: a randomized clinical trial. Evid Based Complement Alternat Med. 2014;2014:820126. doi: 10.1155/2014/820126. PubMed PMID: 25028591; PubMed Central PMCID: PMC4083598.
58. Kaewwongse M, Sanesuwan K, Pupa P, Bullangpoti V. Essential oil compounds as stress reducing agents in rats. Commun Agric Appl Biol Sci. 2013;78(2):167-72. PubMed PMID: 25145237.
59. Hummel T, Roudnitzky N, Kempter W, Laing DG. Intranasal trigeminal function in children. Dev Med Child Neurol. 2007 Nov;49(11):849-53. PubMed PMID: 17979864.


Journal of medicinal chemistry 50.17 (2007): 4087-4095.

Specific Plant Terpenoids and Lignoids Possess Potent Antiviral Activities against Severe AcuteRespiratory Syndrome Coronavirus

Chih-Chun Wen,†,‡, Yueh-Hsiung Kuo,§,#, Jia-Tsrong Jan,r, Po-Huang Liang,@ Sheng-Yang Wang,| Hong-Gi Liu,@
Ching-Kuo Lee,X Shang-Tzen Chang,^ Chih-Jung Kuo,@ Shoei-Sheng Lee,¥ Chia-Chung Hou,† Pei-Wen Hsiao,†
Shih-Chang Chien,† Lie-Fen Shyur,*,† and Ning-Sun Yang*,†

Author information:

* Corresponding authors: Mailing address: No 128, Sec 2, Academia
Road, Nankang, Taipei 115, Taiwan, R.O.C. Ning-Sun Yang: Tel: +886-
2-27851086 ext. 101, Fax: +886-2-26511127. E-mail: nsyang@
gate.sinica.edu.tw. Lie-Fen Shyur: Tel(Fax): +886-2-26515028. E-mail:
lfshyur@ccvax.sinica.edu.tw.
† Agricultural Biotechnology Research Center, Academia Sinica.
‡ Graduate Institute of Pharmaceutical Chemistry, China Medical University.
§ National Taiwan University.
# Graduate Institute of Chinese Pharmaceutical Sciences, China Medical
University.
r National Defense University.
@ Institute of Biological Chemistry, Academia Sinica.
| National Chung-Hsing University.
X Taipei Medical University.
^ School of Forestry and Resource Conservation, National Taiwan
University.
¥ School of Pharmacy, National Taiwan University.
 Equal contribution to this article

Abstract

In this study, 221 phytocompounds were evaluated for activity against anti-severe acute respiratory syndrome associated coronavirus (SARS-CoV) activities using a cell-based assay measuring SARS-CoV-induced cytopathogenic effect on Vero E6 cells. Ten diterpenoids (1-10), two sesquiterpenoids (11 and 12), two triterpenoids (13 and 14), five lignoids (15-19), curcumin (20), and reference controls niclosamide (21) and valinomycin (22) were potent inhibitors at concentrations between 3.3 and 10 íM. The concentrations of the 22 compounds to inhibit 50% of Vero E6 cell proliferation (CC50) and viral replication (EC50) were measured. The selective index values (SI ) CC50/EC50) of the most potent compounds 1, 5, 6, 8, 14, and 16 were 58, >510, 111, 193, 180, and >667, respectively. Betulinic acid (13) and savinin (16) were competitive inhibitors of SARS-CoV 3CL protease with Ki values ) 8.2 ( 0.7 and 9.1 ( 2.4 íM, respectively. Our findings suggest that specific abietane-type diterpenoids and lignoids exhibit strong anti-SARS-CoV

 

I.F. (2018/2019) 6.054
ISSN: 0022-2623
© 2007 American Chemical Society 

 

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Newsletter Ayurveda nr. 58 – Dicembre 2019

Newsletter n° «58»

Dicembre 2019

Dentifricio al Neem: la soluzione ayurvedica per la cura e la salute dei denti

 

International Journal of Pharmaceutical Research | Apr – June 2016 | Vol 8 | Issue 2|57 

“CLINICAL EVALUATION OF BABOOL NEEM TOOTHPASTE IN ORAL HYGIENE AND DENTAL CARE” 

Dr. Arun Gupta, Dr. Rahul Bhowate, Ruchi Srivastava, Sunil Kumar, S.V. Devasthale, J.L.N. Sastry.

 

La cavità orale similmente ad altre sezioni del tratto digestivo possiede una microflora residente naturale che negli individui esercita funzioni di difesa e prevenzione nei confronti della colonizzazione da parte di batteri esogeni (e spesso patogeni) [1]

Una igiene orale non adeguata può causare la colonizzazione batterica potenzialmente causa di malattie parodontali come la gengivite che di solito non provoca disagi se non minimi [2] ed è una condizione reversibile con il trattamento professionale e una buona cura orale.

La gengivite non trattata e l’accumulo di placca possono tuttavia evolvere in periodontite [3] che è caratterizzata da degenerazione del tessuto connettivo, perdita di adesione parodontale e riassorbimento di osso alveolare. [4] L’accumulo di placca dentale può causare macchie dentali così come anche altri fattori estrinseci come particelle residue di cibo, il fumo di tabacco, frequenti risciacqui orali con prodotti a base di clorexidina, batteri cromogenici, funghi e metalli che possono anche causare scolorimenti dentali ai margini gengivali. [5-6]

Negli ultimi anni nelle pratiche di cura ed igiene orale vi è stato un sempre maggiore orientamento verso prodotti contenenti ingredienti naturali [7] e la pratica dell’uso di prodotti a base di piante medicinali si è sempre più radicata nel rapporto tra gli esseri umani con i componenti degli altri ecosistemi.

L’Ayurveda, sin dall’antichità, gestisce le problematiche di placche e carie che vengono incluse in Shalakya Tantra, cioè il ramo della medicina ayurvedica che si occupa delle malattie della regione sopraclaveare e delle malattie della cavità orale. [8]

In Ayurveda, coerentemente con i suoi principi generali, anche la cura orale è altamente personalizzata a seconda della costituzione della persona (Prakriti) e ad esempio anche dei cambiamenti climatici; l’Ayurveda prevede per l’igiene del cavo orale una serie di trattamenti come ad esempio lo spazzolamento dei denti con erbe (Daatun), olio (Gandush) e gargarismi con decotti (Kanvala). [9] La moderna ricerca scientifica dimostra che la pulizia dei denti con preparati ayurvedici a base di piante medicinali (come Neem, Khadira e Pilu ecc.) esercita effetti anti-cariogeni [10] ed in particolare tra questi preparati si distingue il dentifricio ayurvedico a base di estratti di Neem (Azadirachta indica A. Juss.) e Babool (Acacia arabica Willd) che sono due piante medicinali tradizionalmente utilizzate anche in forma grezza per l’igiene orale e ad esempio nel trattamento di ulcere della bocca [11] grazie ai loro effetti antimicrobici [12] anti placca [13,14] e antibatterici specifici. [15,16]

_______________________________

1. Marsh PD. Micobial ecology of dental plaque and its significance in Health and disease. Adv Dent Res. 1994; 8(2):263-271.
2. Gibbons RJ. Bacterial adhesion to oral tissues: a model for infectious diseases. J Dent Res. 1989; 68:750-760.
3. Singh B, Singh R. Gingivitis – A silent disease. IOSR J Dental Med Sci. 2013; 6(5):30-33
4. Armitage, GC. Clinical evaluation of periodontal disease. Periodontol 2000. 1995;7:39-53
5. Vogel RI. Intrinsic and extrinsic discoloration of the dentition (a literature review). J Oral Med. 1975;30(4):99-104
6. Norton SA. Betel: consumption and consequences. J Am Acad Dermatol. 1998;38(1):81-8
7. Patel VK, Venkatakrishna-Bhatt H. Folklore therapeutic indigenous plants in periodontal disorders in India (review, experimental and clinical approach). Int J Clin Pharmacol Ther Toxicol. 1988;26(4):176-84
8. GUPTA, ARUN, et al. “CLINICAL EVALUATION OF BABOOL NEEM TOOTHPASTE IN ORAL HYGIENE AND DENTAL CARE.” International Journal of Pharmaceutical Research 8.2 (2016): 57.
9. Singh A Purohit B. Tooth brushing, oil pulling and tissue regeneration: A review of holistic approaches to oral health. J Ayurveda Integr Med. 2011; 2(2): 64–68
10. Naik GH, Priyadarsini KI, Satav JG, Banavalikar MM, Sohoni DP, Biyani MK. Comparative antioxidant activity of individual herbal components used in Ayurvedic medicine. Phytochemistry 2003;63:97- 104.
11. Lakshmi T, Krishnan V, Rajendran R, Madhusudhanan N. Azadirachta indica: A herbal panacea in dentistry – An update. Pharmacogn Rev. 2015;9(17):41-4.
12. Chattopadhyay I, Nandi B, Biswas K, Bandyopadhyay U, Banerjee RK. Mechanism of antiulcer effect of Neem (Azadirachta indica) leaf extract: effect on H+K+- ATPase, oxidative damage and apoptosis. Inflammopharmacology. 2004;12(2):153-76
13. Pai MR, Acharya LD, Udupa N. Evaluation of antiplaque activity of Azadirachta indica leaf extract gel-a 6-week clinical study. J Ethnopharmacol 2004; 90(1): 99-103.
14. Gazi MI. The finding of antiplaque features in Acacia Arabica type of chewing gum. J Clin Periodontol. 1991;18(1):75-7.
15. Vanka A, Tandon S, Rao SR, Udupa N, Ramkumar P., The effect of indigenous Neem (Azadirachta indica) oral cavity wash on Streptococcus mutans and Lactobacilli growth. Indian J Dent Res. 2001;12(3):133-44
16. Clark DT, Gazi MI, Cox SW, Eley BM, Tinsley GF. The effects of Acacia arabica gum on the in vitro growth and protease activities of periodontopathic bacteria. J Clin Periodontol. 1993; 20(4):238-43.

 

Lo studio in breve

Lo studio clinico presentato in questa Newsletter pubblicato da International Journal of Pharmaceutical Research nel 2016, su commissione del produttore (Dabur India Limited), ha valutato gli effetti di un dentifricio a base di Neem e Acacia arabica per l’igiene orale e la cura dentale nel trattamento di pazienti con gengivite e parodontite e in volontari sani. Lo studio rappresenta una ulteriore prova dei potenziali effetti della pasta dentifricia su alcune comuni problematiche che coinvolgono la salute di bocca e denti. Lo studio che risulta commissionato dal produttore risulta di particolare interesse per la metodologia e per la complessità dei parametri clinici valutati oltre che per il rigore delle conclusioni nella valutazione dell’oggettività dei risultati.

I risultati sono stati valutati rispetto al basale in termini di cambiamenti dei segni della gengivite, di valutazioni microbiologiche, di cambiamenti dell’indice di Lobene, di indici di placca e di ulteriori parametri in pazienti con gengivite e parodontite in confronto ad un gruppo di pazienti sani. Nello studio sono stati coinvolti 50 soggetti di cui 30 affetti da gengivite e parodontite e 20 soggetti sani.

A tutti i partecipanti allo studio è stato consigliato di lavare i denti con un prodotto neutro per una settimana prima di essere randomizzati nello studio ad utilizzare il dentifricio a base di Neem e Acacia oppure un dentifricio placebo.

Nel gruppo affetto da gengivite e parodontite sono stati misurati i cambiamenti nella sintomatologia mentre nel gruppo di soggetti sani sono stati valuti i cambiamenti microbiologici. In entrambi i gruppi sono stati valutati altri parametri come le variazioni dell’indice di Lobene, dell’indice di placca e dei punteggi organolettici.

Lo studio ha concluso che, dopo 12 settimane di trattamento, nel gruppo affetto da gengivite e parodontite e trattato con il dentifricio a base di Neem e Acacia arabica, rispetto al basale si sono osservati miglioramenti significativi in tutti i parametri valutati e cioè della gengivite, delle macchie dentali, della placca, dell’alitosi, della conta microbica e del “Clinical attachment Loss”(che è un segno di malattia parodontale degenerativa e fisiologicamente irreversibile).

 

Dallo studio

Lo studio è stato progettato in doppio cieco, clinico prospettico randomizzato, controllato verso placebo per valutare gli effetti di un dentifricio contenente Neem (Azadirachta indica) e Babool (Acacia arabica) oltre agli ingredienti normalmente impiegati per la produzione delle paste dentifrice.

Per lo studio i partecipanti sia affetti da gengivite e parodontite sia quelli sani sono stati arruolati tra i frequentatori del Dipartimento di Medicina orale e Radiologia, Sharad Pawar Dental College & Ospedale di Sawangi (Meghe); tutti i soggetti non presentavano altre malattie della bocca.

Per entrambi i gruppi sono stati inclusi uomini e donne (età 18-45 anni) che avevano almeno 20 denti naturali; nel gruppo di soggetti con gengivite e parodontite sono stati inclusi anche quelli che presentavano macchie dentali, indice gengivale > 1, indice di placca =/> di 2

Dallo studio sono stati esclusi tutti i soggetti che presentavano dolore o infiammazione cronica per patologie parodontali gravi oppure che presentavano macchie dentali da tetraciclina. Dallo studio sono stati esclusi tutti i soggetti che presentassero sensibilità nota o reazioni mucosali orali al dentifricio oppure infezioni sistemiche respiratorie, gastrointestinali, cutanee o urinarie.

Dallo studio sono stati esclusi tutti i soggetti sottoposti, nelle due settimane precedenti allo studio, ad un qualsiasi trattamento dentale esterno di altro tipo come lucidatura, sbiancatura, uso di filo interdentale, trattamento con fluoro; analogamente dallo studio sono stati esclusi i soggetti che nelle 3-4 settimane precedenti avevano una storia di assunzione di antibiotici o farmaci antinfiammatori; le donne in gravidanza e in allattamento sono state escluse in entrambi i gruppi.

Per le valutazioni di screening e al baseline dello studio sono stati valutati la storia generale e dentale dei soggetti, i dentifrici normalmente utilizzati, radiografie panoramiche, il fluido crevicolare gengivale, l’esame dentale /clinico di eventuali segni e sintomi, l’indice di placca, parametri organolettici, indice gengivale e gli indici Loss e Lobene (per misurare le macchie dentali) mentre per la valutazione quantitativa della placca è stato richiesto ai soggetti fare gargarismi con flurosina che è un agente segnalatore di placca sulla superficie gengivale; il fluido ed il relativo flusso gengivale crevicolare e il pH della saliva venivano misurati la mattina.

La valutazione microbica è stata eseguita sulla base di colture derivanti da tamponi prelevati alla massima profondità delle tasca paradontale prevalentemente a livello dei denti molari.

Nello studio è stato sperimentato il dentifricio al Neem e Babool verso un dentifricio placebo.

Lo studio è stato condotto secondo un metodo complesso di valutazione di tutti i parametri presi in considerazione in tutte le visite ai soggetti nel corso dello studio.

I principali parametri presi in considerazione nello studio sono: Variazione del pH di saliva e gengivale; Fluido crevicolare; Variazione del flusso crevicolare gengivale; Riduzione della conta microbica (tampone colturale);Variazione del punteggio delle macchie (indice di colorazione di Lobene); Variazione dell’indice gengivale (Loe & Silness); Modifica dei punteggi della placca (Turesky et al.); Effetto sul “Clinical attachment loss”; Valutazione organolettica dell’alitosi; Reazioni / eventi avversi al farmaco.

Al termine dello studio tutti i soggetti affetti da gengivite e parodontite hanno concluso lo studio;

alla conclusione delle studio rispetto al basale, il pH medio della saliva è rimasto neutro sia nel gruppo che ha utilizzato il dentifricio Babool Neem sia in quello che ha utilizzato il placebo; la saliva possiede fisiologicamente in un pH medio di 6,7 (6,2-7,6) ed il pH a riposo della bocca non scende al di sotto 6,3; Baliga et al [17] hanno concluso che il pH salivare rappresenta un biomarcatore diagnostico per le malattie orali e risulta generalmente più acido in pazienti con gengivite cronica generalizzata e nella parodontite cronica.

Il pH del fluido crevicolare gengivale umano (GCF) è caratterizzato da un’elevata alcalinità (pH 7,5 – 8,7) [18]; durante lo studio è stato osservato un aumento significativo del pH del liquido crevicolare gengivale in entrambi i gruppi di trattamento indicando un miglioramento di questo parametro.

Il fluido crevicolare è un liquido particolare che si trova nel colletto gengivale; si tratta del liquido extracellulare che impregna i tessuti connettivi circostanti, e che viene filtrato all’esterno e quindi si riversa, di solito in piccole quantità, nel colletto della gengiva; siccome contiene proteine e zuccheri disciolti al suo interno, può facilitare l’accumulo di placca batterica; è aumentato durante la gravidanza, per via di un “ammorbidimento” dei tessuti connettivi in tutto il corpo; è stato dimostrato che l’intensità del flusso crevicolare gengivale aumenta in funzione del grado d’infiammazione. [19] Durante lo studio è emerso che la media del flusso crevicolare si è ridotta in entrambi i gruppi di trattamento tuttavia questa riduzione è risultata statisticamente significativa solo nel gruppo verum con una riduzione del 74,89 % rispetto al basale.

Scopo dell’uso del dentifricio per l’igiene orale è la riduzione, nella flora batterica orale, di batteri collegati alla formazione di placca, carie e mal di denti. [20]

Al termine dello studio le valutazioni microbiche di batteri aerobi e anaerobi, la conta in agar di Mitis salivaricus e di batteri Gram negativi hanno mostrato una riduzione significativa del numero di colonie dalla visita 3 in poi in entrambi i gruppi di trattamento.

L’effetto dei dentifrici “verum” e placebo sulle macchie dentali è stato valutato in base all’indice di colorazione di Lobene; in entrambi i bracci dello studio è risultata una riduzione significativa dell’area della macchia dalla 4 visita in poi indicando un miglioramento generale dovuto all’intervento.

L’effetto sulle macchie dentali è stato valutato sulla base di l’indice di colorazione di Lobene e durante lo studio è stata osservata una riduzione significativa dell’area della macchia già dalla visita 4 in poi in entrambi i bracci di trattamento indicando un miglioramento delle macchie.

Anche l’indice di intensità di Lobene, nel gruppo che ha impiegato il dentifricio al Neem, ha mostrato una significativa riduzione, indicante un miglioramento rispetto già dalla visita 3 fino alla fine dello studio.

Nello studio l’effetto sulla gengivite è stato valutato sulla base dell’ “indice gengivale modificato”. Una riduzione significativa dei punteggi gengivali sono stati osservati dalla visita 1 nel gruppo che ha usato il dentifricio Babool Neem e dalla visita 2 nel gruppo che ha utilizzato il dentifricio Placebo, indicando un miglioramento che si è manifestato prima nel gruppo che ha impiegato il dentifricio al Neem.

L’indice di placca modificato ha mostrato una significativa riduzione dei punteggi dalla visita 3 nel gruppo che ha utilizzato il dentifricio Babool Neem.

Il “Clinical attachment Loss” è un segno di malattia parodontale degenerativa. Nella gengivite, l’infiammazione localizzata nella regione sopracrestale porta a ulcerazione dell’epitelio giunzionale. [21]

Nello studio, il “Clinical attachment Loss” ha mostrato, nel gruppo che ha utilizzato il dentifricio al Neem una riduzione significativa, già dalla visita 3.
Il problema dell’alitosi è uno di quelli più frequentemente dichiarato dai pazienti al dentista [22].

Nello studio, è stato osservato un miglioramento significativo dell’alitosi dalla visita 5 in poi nel gruppo che ha utilizzato il dentifricio Babool Neem.

Le valutazioni di efficacia globale dei trattamenti è stata eseguita utilizzando un scala 0 a 100 per indicare il sollievo percentuale dalla visita 1 fino alla fine dello studio. Lo studio conclude che sia i medici che i pazienti hanno indicato un miglioramento significativo nel punteggi dei parametri presi in considerazione già dalla visita 2 (4 settimane) in poi in entrambi in entrambi i bracci di trattamento.

Nel complesso il dentifricio Babool Neem ha mostrato un miglioramento significativo di quasi tutti i parametri valutati. Il dentifricio Babool Neem è risultato efficace rispetto al basale su gengivite, macchie dentali, placca, alitosi, “Clinical attachment Loss”.

La riduzione della conta microbica suggerisce che il dentifricio Babool Neem possegga un’efficacia nel ridurre le problematiche causate da germi in pazienti affetti da gengivite e parodontite.

Durante lo studio non si sono verificati eventi avversi.

_______________________________

17. Baliga S, Muglikar S, Kale R. Salivary pH: A diagnostic biomarker. J Indian Soc Periodontol. 2013; 17(4): 461–65.
18. Bickel M, Munoz JL, Giovannini P. Acid-base properties of human gingival crevicular fluid. J Dent Res. 1985;64(10):1218-20
19.  Al Rowis R, Al Moharib HS, AlMubarak A, Bhaskardoss J, Preethanath RS, Sukumaran A. Oral Fluid-Based Biomarkers in Periodontal Disease – Part 2. Gingival Crevicular Fluid. Int Oral Health. 2014; 6(5): 126–135.
20. Okpalugo J, Ibrahim K, Inyang US. Toothpaste formulation efficacy in reducing oral flora. Tropical J Pharmaceut Res. 2009; 8 (1): 71-77
21. Armitage, GC. Clinical evaluation of periodontal disease. Periodontol 2000. 1995;7:39-53
22. Loesche WJ, Kazor C. Microbiology and treatment of halitosis. Periodontol 2000. 2002 Apr;28: 256-79.

 

Lo studio globalmente conclude che il dentifricio a base di Neem e Babool si è dimostrato significativo nel miglioramento di tutti i parametri valutati rispetto al basale e suggerirebbe che il dentifricio unitamente allo spazzolamento dei denti abbia prodotto un miglioramento significativo di gengivite, macchie dentali, placca, alitosi, conta microbica, “Clinical attachment Loss” e valutazioni globali di efficacia del trattamento. Neem (Azadirachta indica) e Babul (Acacia arabica) contenuti nel dentifricio potrebbero aver contribuito ai suoi effetti.

A cura della direzione scientifica di Benefica

International Journal of Pharmaceutical Research | Apr – June 2016 | Vol 8 | Issue 2|57

“CLINICAL EVALUATION OF BABOOL NEEM TOOTHPASTE IN ORAL HYGIENE AND DENTAL CARE” 

Dr. Arun Gupta(1), Dr. Rahul Bhowate(2), Dr. Ruchi Srivastava(1), Dr. Sunil Kumar(1), Dr. S.V. Devasthale(3), Dr. J.L.N. Sastry(1). 

Author information:

1 Dabur Research & Development Centre, Sahibabad (Ghaziabad), UP – 201010
2 Department of Oral Medicine & Radiology, Sharad Pawar Dental College & Hospital, Sawangi (Meghe), District – Wardha- 442001, Maharashtra
3 Oral Care Division, Dabur Research & Development Centre, Sahibabad (Ghaziabad), UP – 201010

 

ABSTRACT

A recent shift of preferences towards herbal ingredients is visible in oral care practices increasing the demand for commercially available oral care products containing natural ingredients. Babool Neem Toothpaste comprises extracts of herbs like Babool and Neem which have been used traditionally for oral care. The objective of the current clinical study was to investigate the efficacy of Babool Neem Toothpaste in oral hygiene and dental care. The study was conducted in patients of gingivitis & periodontitis and healthy subjects free from oral diseases. 30 subjects suffering from gingivitis and periodontitis were advised brushing with a neutral product for 1 week (washout period).
Thereafter, they were randomized to receive either Babool Neem Toothpaste or Placebo Toothpaste for 12 weeks (Group 1). 20 healthy subjects free from oral diseases were similarly randomized to receive either Babool Neem Toothpaste or Placebo Toothpaste for 6 weeks (Group 2). Results were assessed on basis of changes in gingivitis in Group 1, and the microbiological assessments in group 2. Other parameters like the Lobene Stain and the Plaque indices and the organoleptic scorings were assessed in both the Group. Data was analyzed utilizing SAS, p value <0.05 was considered significant. Babool Neem Toothpaste showed significant improvement in all the parameters assessed viz; gingivitis, dental stains, plaque, halitosis, microbial counts, the clinical attachment loss and global efficacy assessments, when compared to baseline. However, similar results were also observed in Placebo Toothpaste Group.

Keywords: Gingivitis, Periodontitis, Microbial assessment, Herbal, Babool Neem Toothpaste, Oral care

ISSN: 0975-2366 

 

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Newsletter Fitoterapia nr. 50 – Dicembre 2019

Gymnema sylvestre: “mangiazuccheri” naturale

Journal of Pharmacognosy and Phytochemistry 2019; 8(3): 2170-2173.

“Evaluation of anti-obesity activity of Gymnema sylvestre leaves extract”

B Manimegalai and S Velavan

 

Durante le festività natalizie i quasi obbligatori “strappi” alle regole alimentari e la conseguente maggiore assunzione di calorie, zuccheri e grassi, ripropongono per un crescente numero di soggetti, il problema della gestione di sovrappeso ed obesità e delle comuni alterazioni metaboliche; la condizione di sovrappeso ed obesità rappresenta ormai un problema di salute pubblica con circa 1,9 miliardi di adulti (dai 18 anni in su) in tutto il mondo in sovrappeso di cui 600 milioni clinicamente obesi (Centre, 2015) [1]. Il problema, che si profila di natura anche socio-culturale, non dovrebbe essere sottovalutato poiché si inserisce in un più ampio contesto epidemiologico che indica che nel 2000 171 milioni di persone soffrivano di diabete in tutto il mondo e che la prevalenza è prevista a 366 milioni entro il 2030 [2].

Se da un lato le raccomandazioni cliniche primarie consigliano, per affrontare queste problematiche, la correzione dello stile di vita e di quello alimentare, sono oggi disponibili anche moderni integratori naturali a base di piante medicinali che possono aiutare nel limitare gli effetti negativi dell’eccesso di assunzione di calorie e più in particolare di zuccheri e di grassi.

Gli effetti di questi preparati fito-medicinali, che non possono essere definiti come “dimagranti”, più realisticamente potrebbero essere inquadrati come un aiuto a “non ingrassare” migliorando gli effetti di una primaria correzione dello stile di vita e di quello alimentare, che rappresentano gli interventi con indicazione principale se non in casi di specifiche patologie nelle quali si renda necessario l’impiego di farmaci.

Le piante medicinali comunemente consigliate per la gestione del peso corporeo possono agire con prevalenti meccanismi d’azione diversi come ad esempio quello saziante (es. Psillio, Glucomannano), quello stimolatore del metabolismo (tè verde e nero, arancio amaro), quello di modulazione del metabolismo dei grassi (es. Garcinia cambogia, etc), quello di modulazione del metabolismo di zuccheri (es. Gymnema sylvestre, Cannella, etc); spesso queste piante medicinali offrono meccanismi d’attività multipli agendo anche sulla lipolisi. Alcune di queste piante medicinali quando assunte per i periodi raccomandati contribuiscono a modulare positivamente la media dei valori glicemici e possono, secondo il loro specifico meccanismo d’azione e del dosaggio impiegato, contribuire a regolare i picchi glicemici sin dalla prima somministrazione agendo prevalentemente sui meccanismi d’assorbimento intestinale degli zuccheri (es. Psyllio, Gymnema, Fieno greco, etc).

L’ Organizzazione mondiale della sanità (OMS) evidenzia un uso esponenziale di preparati a base di piante medicinali in quasi l’80% della popolazione che abita anche in nazioni in via di sviluppo [3]; di queste piante si sfruttano le conoscenze del loro utilizzo praticamente in tutte le civiltà come fonte medicinale [4]. La farmacopea moderna contiene almeno il 25% di farmaci derivati da piante.

Tra le piante medicinali che possono essere impiegate per contrastare sovrappeso ed obesità e controllare le problematiche metaboliche borderline si distingue Gymnema sylvestre, chiamata in Indi Gurmar (letteralmente mangia zucchero), che dimostra effetti ipoglicemizzanti, anti-obesità, anti-iperlipidemiche, anti-infiammatorie e anti-cancerose. Gymnema possiede potenziale epatoprotettivo e soppressore dell’assorbimento dello zucchero [5,6].

In particolare l’acido gymnemico – un componente attivo isolato da Gymnema Sylvestre – dimostra, in studi sull’animale e clinici, proprietà anti-obesità e antidiabetiche e può facilitare la perdita del peso corporeo. Diversi componenti estratti da Gymnema impediscono l’accumulo di trigliceridi nei muscoli e nel fegato e riducono anche l’accumulo di acidi grassi nella circolazione [6].

Negli ultimi anni gli effetti di Gymnema sylvestre nei disordini metabolici sono stati oggetto di molti studi nel modello farmacologico ed anche clinico (11 trials clinici in PubMed a dicembre 2019); tutta la letteratura scientifica disponibile indica con chiarezza che gli effetti pro-metabolici di Gymnema dipendono dalla sua dimostrata capacità di regolare l’omeostasi glicemica a più livelli riducendo l’assorbimento intestinale degli zuccheri (attraverso un meccanismo recettoriale specifico di inibizione dell’assorbimento) e contemporaneamente di favorire gli scambi ionici (Ca) delle beta cellule pancreatiche con effetto citotrofico sostenendo la fisiologica produzione di insulina (Porchezhian E, Dobriyal RM. An overview on the advances of Gymnema sylvestre: chemistry, pharmacology and patents. Pharmazie 2003; 58: 5-12.); parallelamente Gymnema sylvestre si dimostra in grado di migliorare i disturbi del metabolismo lipidico che spesso sono associati anche alla condizione diabetica [7], infatti Gymnema sylvestre dimostra di ridurre i trigliceridi sierici, il colesterolo totale con proprietà anti aterosclerotiche paragonabili a quelle un agente ipolipemizzante standard [8].

La letteratura scientifica disponibile suggerisce che Gymnema sylvestre agisce nelle problematiche metaboliche a più livelli di fatto comportandosi sin dalla prima somministrazione come regolatore di picchi glicemici (l’inibizione infatti dell’assorbimento degli zuccheri nell’intestino si instaura velocemente e contribuisce indirettamente anche a regolare il senso di fame (come da claim ministeriale) e, come confermato anche nella letteratura clinica disponibile, nel medio periodo (2 mesi) Gymnema sylvestre contribuisce a controllare le alterazioni glicemiche attraverso un meccanismo di duplice regolazione dell’assorbimento intestinale di zuccheri e di miglioramento della fisiologica produzione di insulina. Complessivamente Gymnema sylvestre contribuisce a ridurre l’insulino resistenza e a gestire la sindrome metabolica. L’uso tradizionale di Gymnema sylvestre ne indica una eccellente tollerabilità escludendone effetti sulla tiroide.

Nella pratica clinica la scelta dell’integrazione con Gymnema sylvestre può essere confortata dalla lunga tradizione d’uso, sicura e ben tollerata, come specifico ipoglicemizzante naturale e come aiuto per contrastare il sovrappeso; nella letteratura scientifica disponibile il meccanismo d’azione di Gymnema sylvestre risulta ben chiarito suggerendo che Gymnema sylvestre agisce nei disordini metabolici con un meccanismo d’attività completo a più livelli favorendo il metabolismo sia degli zuccheri sia dei lipidi; Gymnema sylvestre modula la produzione di insulina attraverso un meccanismo citotrofico che non “forza” le beta cellule alla produzione di insulina; pur nella necessità di sempre maggiori sperimentazioni cliniche Gymnema sylvestre dispone già di numerosi studi sulla matrice umana che ne sostengono i razionali medicamentosi; dall’uso tradizione e dai dati scientifici disponibili Gymnema sylvestre si propone come un supplemento versatile in una serie di problematiche, a volte correlate, come la gestione del peso corporeo, l’alterazione glicemica, la sofferenza pancreatica ed in generale la sindrome metabolica.

1. Centre WM. Obesity and overweigh. World Health Organization, 2015, 1-10.
2. Wild S, Roglic G, Green A, Sicree R, King H. Global prevalence of diabetes: estimates for the year 2000 and projections for 2030. Diabetes Care 2004; 27: 1047-53.
3. Shelar DB, Shirote PJ. Natural product in drug discovery: back to future. J Pharm Res 2010; 3: 2007-8.
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7. Omae T, Shimamoto C, Hiraike Y et al. Hyperlipidemia and fat absorption in model rats with type 2 diabetes mellitus. Bull Osaka Med Coll 2006; 52: 45-58.
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Lo studio

Lo studio segnalato nella newsletter è stato pubblicato nel 2019 da Journal of Pharmacognosy and Phytochemistry (I.F.: RJIF 5.52) e rappresenta la prima evidenza scientifica che dimostra l’effetto farmacologico anti obesità del fitocomplesso contenuto nelle foglie di Gymnema sylvestre fornendo un ulteriore strumento di conoscenza scientifica del suo impiego tradizionale [9].

Questa newsletter propone una sintesi delle principali evidenze scientifiche che supportano i razionali di attività anti obesità e ipolipemizzanti di Gymnema sylvestre che si affiancano ai più noti effetti ipoglicemizzanti già argomentati nella nostra newsletter n° 45 di maggio 2019.

 

I bioattivi in Gymnema sylvestre

Gymnema sylvestre [link monograph] è una pianta medicinale originaria dell’India, in particolare delle foreste dell’India meridionale, si trova tuttavia anche in Africa tropicale e in Australia, nonché in Asia, Malesia, Giappone, Vietnam e Sri Lanka [10]. Le parti principali della pianta di Gymnema sylvestre utilizzate per preparazioni a base di erbe sono le sue foglie e radici [11]. La polvere delle foglie è di colore giallo.

Dalle analisi qualitative e quantitative risulta che nelle foglie di Gymnema sylvestre si ritrovano principalmente saponine, flavonoidi, steroidi, terpenoidi, polifenoli e cumarine mentre negli estratti acquosi e negli estratti etanolici risultano assenti tannini e triterpenoidi. Gli alcaloidi e i glicosidi sono presenti solo nell’estratto etanolico. Gli antrachinoni sono presenti solo nell’estratto acquoso [9].

Il componenti bioattivi principali in Gymnema sylvestre sono gli acidi gymnemici, una complessa miscela di almeno 17 diverse saponine [12] oltre a oleanano [13] e classi di derivati del dammarene [14].

Le componenti saponiniche responsabili dell’effetto ipoglicemizzante di Gymnema sylvestre sono i gimnemosidi e l’acido gimnemico [15] mentre la frazione triterpenica glicosidica è coinvolta nel consumo di glucosio nei muscoli [16,17]; i glicosidi triterpenici e alcuni gimnemosidi si sono dimostrati diretti responsabili dell’inibizione di assorbimento intestinale del glucosio nel ratto [18] e un composto chiamato triacetato diidrossico dell’acido gymnemico isolato (alla dose di 20 mg/kg) ha dimostrato di ridurre il livello di zucchero nel sangue del 65% e l’emoglobina glicosilata del 39,56% con un aumento del livello di insulina nel plasma del 63% [19]. L’acido gymnemico IV (13,5 mg/kg) ha dimostrato di ridurre la glicemia del 60% con potenza simili alla glibenclamide [20].

Queste specie molecolari si dimostrano promettenti per le applicazioni cliniche di Gymnema sylvestre contro il diabete mellito di tipo 2 e le sue anomalie associate, attraverso il coinvolgimento biochimico di fosfatasi, proteina chinasi B, glutammina fruttosio 6-fosfato amidotransferasi, substrato del recettore dell’insulina, trasportatore del glucosio, proteina attivata dall’AMP chinasi, proteina di trasferimento dell’estere del colesterolo; tutte queste specie molecolari svolgono un ruolo di responsabilità nella regolazione del metabolismo dei carboidrati [21].

9. Manimegalai, B., and S. Velavan. “Evaluation of anti-obesity activity of Gymnema sylvestre leaves extract.” Journal of Pharmacognosy and Phytochemistry 8.3 (2019): 2170-2173.
10. Smruthi G, Mahadevan V, Sahayam S, Rajalakshmi P, Vadivel V, Brindha P. Anti-Diabetic Potential of Selected Indian Traditional Medicinal Plants-An Updated Review. Journal of Pharmaceutical Sciences and Research 2016; 8: 1144.
11. Ekka NR, Dixit VK. Ethno-pharmacognostical studies of medicinal plants of jashpur district (Chhattisgarh). Int J Green Pharm 2007; 1.
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Attività anti-obesità di Gymnema sylvestre

L’obesità è caratterizzata da un aumento delle dimensioni delle cellule adipose che è determinato dalla quantità di grasso accumulato nel citoplasma degli adipociti. Questo cambiamento nel metabolismo degli adipociti è regolato da vari enzimi come l’acido grasso sintasi, la lipoproteina lipasi e la proteina legante gli acidi grassi adipocitari (Rosen et al., 2000) [22]. Pertanto, l’inibizione della digestione e dell’assorbimento del grasso alimentare, risultano una chiave primaria per il trattamento dell’obesità. Questa inibizione coinvolge l’enzima lipasi pancreatica, il principale enzima lipolitico sintetizzato e secreto dal pancreas. La lipasi pancreatica è un enzima importante nell’assorbimento del triacilglicerolo nella dieta, nell’idrolizzare il triacilglicerolo in monoacilglicerolo e acido grasso. I substrati per l’enzima lipasi sono il triacilglicerolo a catena lunga, che sono separati dal mezzo acquoso dalla fase superficiale. Pertanto, l’enzima lipasi deve essere assorbito sulla superficie lipidica del substrato e la natura della superficie del substrato svolge un ruolo chiave per l’attività della lipasi (Roh et al., 2012) [23].

La strategia dell’inibizione della lipasi pancreatica rappresenta un promettente approccio mirato per il trattamento anti-obesità e per mettere a punto nuovi trattamenti (Thomson et al., 1997; Tsujita et al., 1989) [24, 25]. Una delle strategie di ricerca utilizzate nella scoperta di farmaci anti-obesità è la ricerca di potenti inibitori della lipasi derivanti dagli estratti vegetali. Le piante sono state usate tradizionalmente come medicinali naturali per curare molte malattie metaboliche. In particolare, diverse piante medicinali, proveniente dall’oriente, dimostrano potenti attività biologiche (Shizhen e Xiwen, 2003; Rahul Birari et al., 2010) [26,27]. Nello studio presentato è stata studiata l’attività dell’estratto di foglie di Gymnema sylvestre come fonte naturale anti-obesità monitorando la relativa attività anti-lipasi.

Lo studio ha concluso che l’estratto di foglie di Gymnema sylvestre, in vitro, ha inibito l’attività della lipasi in modo dose dipendente. L’estratto di foglie di Gymnema sylvestre ha inibito significativamente la lipasi già a basse concentrazioni (30,2%,) mentre la maggiore attività si è verificata alla concentrazione dell’84,11% confrontando gli effetti con quelli dell’Orlistat (tetraidrolipostatina) come farmaco di riferimento. La massima concentrazione studiata dimostra effetti molto simili a quelli del farmaco di riferimento. Lo studio cita inoltre gli effetti di altre piante medicinali che esercitano inibizione della lipasi pancreatica come Eleusine indica, Myristica fragrans, Melastoma candidum e Phyla nodiflora (Ong et al., 2014) [27], Citrullus lanatus (Aruna et al., 2014) [28], Abroma augusta (Gupta et al., 2012) [29] etc.

L’eccessiva deposizione di grasso addominale è uno dei criteri di presagio di diabete. L’aumento degli adipociti riduce la quantità di recettori per l’insulina sulle sue cellule bersaglio e quindi sostanzialmente anche la quantità di insulina in circolazione con una potenziale riduzione delle sue funzioni metaboliche; risulta allarmante che il 40-80% dei pazienti diabetici vengano classificati come obesi. Gli adipociti secernono l’ormone della resistina, una proteina ricca di cisteina [30] e studi su modelli murini hanno implicato che elevati livelli di resistina in circolazione accentua lo sviluppo dell’insulino-resistenza. Recenti studi in vivo e in vitro hanno dimostrato che la resistina altera il metabolismo del glucosio e in modelli murini, la resistina dimostra di amplificare evidentemente la creazione di glucosio dal fegato e di modificare negativamente il rilascio di insulina epatica [31]. Pravenec et al. (2003) hanno dimostrato che i ratti geneticamente modificati che secernono più resistina del necessario dimostrano evidente intolleranza al glucosio e alterazione del metabolismo glicemico nei muscoli scheletrici [32].

Gymnema sylvestre dimostra utili proprietà nella gestione dell’obesità e diabete. La somministrazione di un complesso di Gymnema sylvestre, glucomannano, fieno greco, vitamina C e chitosano, in pazienti con indice massa corporea di 30 kg / m2 o superiore, ha comportato una riduzione significativa del loro peso e anche la percentuale complessiva di grassi; la somministrazione di acido gimnemico ha aumentato l’escrezione fecale di steroidi e colesterolo [33].

Nel ratto l’estratto di Gymnema sylvestre dimostra di ridurre l’incremento di peso [34] e sempre nel ratto, l’estratto di esano di foglie Gymnema sylvestre dimostra di ridurre significativamente (p <0,001) l’aumento di peso corporeo [35].

Uno studio clinico ha suggerito l’utile effetto di un nuovo estratto di Gymnema sylvestre ad alta biodisponibilità in associazione a cromo e niacina nella gestione del peso corporeo; in questi pazienti l’effetto del preparato è stato misurato valutando le fluttuazioni del peso corporeo, l’indice di massa corporea, l’appetito, i trigliceridi sierici, il colesterolo totale, HDL, LDL, leptina e concentrazioni di serotonina inoltre è stata valutata anche l’eliminazione dei metaboliti dei grassi nelle urine [36]. L’estratto di Gymnema sylvestre può risultare utile nel favorire la perdita di peso, riducendo la voglia dolci e aiutando a gestire le concentrazioni di zucchero nel sangue.

22. Rosen ED, Walkey CJ, Puigserver P, Spiegelman BM. Transcriptional regulation of adipogenesis. Genes Dev. 2000; 14:1293-1307
23. Roh C, Jung U, Jo SK. Screening of Anti-Obesity Agent from Herbal Mixtures. Molecules. 2012; 17:3630-3638.
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Attività anti iperlipidemica di Gymnema sylvestre

L’attività anti iperlipidemica di Gymnema sylvestre è nota da tempo; il diabete mellito è spesso associato a disturbi del metabolismo lipidico che regolano i livelli di lipoproteine e come noto le anomalie delle lipoproteine ​​provocano insulino resistenza attraverso diversi fattori ​​[37]. La somministrazione di 25-100 mg/Kg di un estratto di Gymnema sylvestre, per via orale, dimostra un declino tettonico del profilo lipidico mediamente in due settimane con effetto dose dipendente, dimostrando che Gymnema sylvestre riduce il trigliceride sierico, il colesterolo totale con proprietà anti aterosclerotiche simili a quelle di un agente ipolipemizzante standard [38]. Sempre nel ratto reso diabetico Mall et al. hanno dimostrato che un estratto acquoso di foglie di Gymnema sylvestre (a dosaggi fino a 800 mg/kg) in 30 giorni esercitava un evidente effetto ipolipidemico; lo studio ha inoltre osservato che la somministrazione dell’estratto esercitava una diminuzione dei lipidi sierici parallelamente alla riduzione del livello di glicemia a digiuno con un aumento desiderabile del colesterolo sierico di lipoproteine ad alta densità ​​(HDL) [39]. Rachh et al. nel 2010 nel ratto, sottoposto ad una dieta ricca di colesterolo, hanno dimostrato che un estratto idroalcolico di foglie di Gymnema sylvestre induceva una riduzione dei principali parametri lipidici con un aumento significativo (p <0,05) nel livello di HDL [40] mentre Gymnema sylvestre, quando miscelata con chitosano e acido ascorbico, dimostra effetti protettivi contro l’ipercolesterolemia con riduzione significativa dei trigliceridi sierici (35,87%), del colesterolo totale (43,89%), delle LDL (54,00%) e dell’ indice aterogenico (AI) (41,47%) [41]. Sempre nel ratto il consumo di estratto di foglie di Gymnema sylvestre, grazie al suo alto contenuto in steroli neutri e steroidi acidi, dimostra di ridurre notevolmente la digestione del grasso [42]. Un composto recentemente isolato, il diidrossi triacetato dell’acido gymnemico, nel ratto ha dimostrato di ridurre del 54% di colesterolo totale, del 55% i trigliceridi, del 40% le LDL e contemporaneamente di aumentare il livello di HDL del 38% [43].

37. Omae T, Shimamoto C, Hiraike Y et al. Hyperlipidemia and fat absorption in model rats with type 2 diabetes mellitus. Bull Osaka Med Coll 2006; 52: 45-58.
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Studi clinici e prove nell’uomo

Gymnema sylvestre si è dimostrata un utile agente antidiabetico anche negli studi clinici. L’attività insulinotropica di Gymnema sylvestre è stata osservata in soggetti umani adulti (25-40 anni di età) mediante somministrazione di 2 g/die in due dosi [44]. Un estratto di Gymnema sylvestre in pazienti normali, al dosaggio di 2 g tre volte al giorno per dieci giorni e in pazienti in diabetici di tipo-2, per 15 giorni, ha dimostrato la capacità di ridurre la glicemia a digiuno e di migliorare il test di tolleranza al glucosio (OGTT) rispetto ai gruppi di controllo [45].

In uno studio in pazienti diabetici la somministrazione quotidiana di 400 mg di Gymnema sylvestre, due volte al giorno, ha dimostrato di ridurre la concentrazione di emoglobina glicosilata (HbA1C) [46].

L’applicabilità di Gymnema sylvestre nel diabete sia di tipo 1 che di tipo 2 è stata stabilita da vari studi.

In uno degli studi, l’efficacia del consumo giornaliero di 400 mg di GS4 è stato esaminato in pazienti con diabete di tipo 2 e lo studio ha concluso che Gymnema sylvestre ha ridotto significativamente il glucosio nel plasma (p <0,001), la HbA1c (p <0,001) e i livelli di proteine ​​plasmatiche (GPP) in 18-20 mesi [47]. In un altro singolo studio, l’efficacia del Gymnema sylvestre è stata valutata in pazienti diabetici di tipo 1 per 6-30 mesi; lo studio ha concluso che Gymnema sylvestre ha significativamente ridotto i livelli di GPP nei primi sei-otto mesi con una riduzione dell’amilasi sierica (p <0,001) entro 16– 18 mesi; rispetto alla terapia insulinica, Gymnema sylvestre ha aumentato sensibilmente la concentrazione sierica di C-peptide in 16-18 mesi (p <0,001) [48].

Paliwal et al. nel 2009 hanno concluso che la somministrazione della polvere di foglie di Gymnema sylvestre, in donne diabetiche di tipo 2 di età compresa tra 40 e 60 anni, ha ridotto la concentrazione plasmatica di glucosio; alle pazienti è stata somministrata polvere di foglie in tre dosi giornaliere (in totale 6 g/die) che hanno ridotto i livelli di zucchero nel sangue senza effetti collaterali indesiderati [49].

Una formulazione polierbale di 10 erbe contenente Gymnema sylvestre si è dimostrata capace di ridurre significativamente la glicemia a digiuno e post prandiale (23,5% e 26,7%) oltre all’emoglobina glicosilata; a 6 mesi dall’inizio della terapia la formulazione si è inoltre dimostrata in grado di ridurre i livelli di colesterolo sierico (14,4%), di trigliceridi (21,7%), di LDL (26,8%) e di VLDL (21,7%); nello studio è stato osservato inoltre un marcato miglioramento dei markers biochimici indicatori di stress ossidativo [50].

In un altro studio clinico l’integrazione a breve termine di G-400, una formulazione polierbale contenente Gymnema sylvestre (1000 mg/die per 8 settimane), si è dimostrata in grado di attenuare l’iperglicemia e l’iperlipidemia [51]. In una complessa revisione clinica Yadav et al. hanno riproposto gli aspetti preventivi e terapeutici di Gymnema sylvestre come un potenziale farmaco fitomedicinale nel diabete di tipo 2 [52].

44. Shanmugasundaram KR, Panneerselvam C, Samudram P, Shanmugasundaram E. The insulinotropic activity of Gymnema sylvestre, R. Br. An Indian medical herb used in controlling diabetes mellitus. Pharmacol Res Commun 1981; 13: 475-86.
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49. Paliwal R, Kathori S, Upadhyay B. Effect of Gurmar (Gymnema sylvestre) powder intervention on the blood glucose levels among diabetics. Stud Ethno-Med 2009; 3: 133-5.
50. Mahajan S, Chauhan P, Subramani SK et al. Evaluation of “GSPF kwath”: A Gymnema sylvestre-containing polyherbal formulation for the treatment of human type 2 diabetes mellitus. Eur J Integr Med 2015; 7: 303-11.
51. Kurian GA, Manjusha V, Nair SS, Varghese T, Padikkala J. Short-term effect of G-400, polyherbal formulation in the management of hyperglycemia and hyperlipidemia conditions in patients with type 2 diabetes mellitus. Nutrition 2014; 30: 1158-64.
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Lo studio conclude nel suo complesso che le foglie di Gymnema sylvestre contengono una ricca fonte di sostanze fitochimiche che possiedono attività anti-obesità. Questo studio scientifico è il primo che suggerisce prove fitochimiche convincenti sulla rilevanza dell’effetto anti-obesità degli estratti da foglie di Gymnema sylvestre sostenendone il suo antico impiego tradizionale.


Journal of Pharmacognosy and Phytochemistry 2019; 8(3): 2170-2173

Evaluation of anti-obesity activity of Gymnema sylvestre leaves extract

B Manimegalai * and S Velavan **

Author information:

*Department of Biochemistry, Enathi Rajappa College of Arts & Science, Enathi, Pattukkottai, Thanjavur Tamil Nadu, India
**
Department of Biochemistry, Marudupandiyar College, Thanjavur, Tamil Nadu, India

 

Abstract

Obesity is characterized as abnormal or excessive fat deposition in adipose tissue and is a chronic disorder of carbohydrate and fat metabolism and poses a risk to the health and well-being of humans. Natural herbal products for weight reduction may be effective in the treatment of obesity and associated disorders. Therefore, the present study was to investigate the phytochemical screening and anti-obesity activity of Gymnema sylvestre leaves extract. The phytochemical screening Gymnema sylvestre leaves showed that the presence of saponins, flavonoids, steroids, terpenoids, polyphenol, and coumarins whereas tannin and triterpenoids were absent in ethanol and aqueous extracts. Alkaloids and glycosides present only ethanol extract. Anthroquinones present only aqueous extract. Quantitative analysis revealed that the Gymnema sylvestre leaves has flavonoids, saponin, phenol and terpenoid. Significant amount of flavonoids (27.29 mg/gm), saponin (37.18 mg/gm) phenol (142.00 mg/gm) and terpenoid (31.00 mg/gm) were presented. The anti-obesity activity of Gymnema sylvestre proved by inhibition of lipase. Overall, it can be concluded from the present study that Gymnema sylvestre leaves contains rich source of phytochemicals and possess anti-obesity activity.

 

Keywords: Gymnema sylvestre leaves, phytochemical screening, anti-obesity activity

E-ISSN: 2278-4136
P-ISSN: 2349-8234

 

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